Moda sostenibile a Siena: prima che il fast fashion ci consumi

Dietro la mano invisibile della moda, si nascondono i fili di chi contolla i consumatori nel teatrino del risparmio. Anche a costo di sacrificare la sostenibilità del prodotto.
L’abbigliamento usa e getta, il fast fashion,  incornicia anche le vie principali della realtà senese. Ma oltre la presenza prepotente della moda veloce, Siena conserva un cuore nascosto di negozi che battono i pugni sul tavolo della sostenibilità, pronti a non scendere a compromessi con il consumismo.


L’atelier DolceVita di Marzia Marzini, designer e sarta, abbraccia la filosofia della moda consapevole. Anche se i prezzi e la velocità di acquisto restano gli assi nella manica della grande distribuzione. <<Anche chi non ha problemi economici – nota Marzini- fa attenzione ai prezzi. La sartoria è anche una questione di tempo: possono essere necessarie più prove dell’abito e non tutti sono disposti ad aspettare>>. Comprare sostenibile sembra riportare un trade-off tra costi e benefici poco convincente, quando dalle vetrine piovono allettanti sconti da Black Friday e saldi di fine stagione.

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Marzia Marzini nella sua boutique DolceVita

Nei negozi di abbigliamento artigianale della Città, la clientela abituale ha un profilo ricorrente: uomini e donne professionistǝ tra i 30 e i 40 anni. Il portafoglio resta la cartina al tornasole degli acquisti, ma la mentalità delle nuove generazioni sta cambiando. I giovani tra i 20 e i 30 anni sono più attenti alla sostenibilità, ma poi, per le loro finanze limitate, vengono comunque digeriti dallo stomaco del fast fashion.

Arriva allora il rapporto qualità-prezzo a mettere d’accordo tutti. Marco Badii fa del suo negozio, The Store Stock House, il compromesso tra sostenibilità economica e ambientale: abbigliamento di qualità, rimasto dal campionario, viene venduto ad un prezzo accessibilissimo. Come sottolinea Marco Badii, <<Non solo i clienti portano a casa un capo di ottima qualità, ma evitano anche che prodotti rimasti invenduti finiscano buttati>>.
Se poi la pandemia sembra non aver intaccato il consumismo sfrenato, c’è anche chi nota un cambiamento positivo. Cinzia Gazzarri, del laboratorio artigianale di tessitura Trame di Storia,  ha percepito <<Una inversione di marcia dopo la pandemia, una maggiore attenzione fra i senesi per la qualità dell’abbigliamento>>.

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Cinzia Gazzarri, nel suo atelier Trame di Storia

Ma rimanere a galla nel mare del consumismo, dove le grandi catene sono squali pronti a mangiarsi la filosofia sostenibile, non è facile. Se le istituzioni locali vogliono rilanciare la sostenibilità, resta un passo necessario che Siena deve compiere: fare della città un centro culturale. Insomma, una Venezia dall’accento toscano. La pensa così l’artigiana Marzia Marzini, mentre Marco Badii punta sul ruolo delle vecchie generazioni <<per sensibilizzare le nuove alla qualità dell’abbigliamento>>.


Le grandi catene di fast fashion sono il Pacman della moda, che mangia gli ultimi sostenitori dello slow fashion senese. Ai consumatori resta la partita finale da giocare, per non portare la moda sostenibile al game over e il consumismo alla vittoria.


Ilenia Costa

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