Recensioni

Macbettu: ai Rinnovati il premio Ubu Alessandro Serra


Quando il teatro si spoglia di tutto, cosa resta?


A volte a teatro capitano magie. Basta poco: luci, corpi, spazi. Questo è successo andando a vedere Macbettu.

Basta garantire quella apparente povertà che può diventare emozione devastante. è qui che la parola può anche farsi silenzio, è qui che tutto ciò che sembra niente ha invece la delicata responsabilità di essere tutto.

Il nostro corpo è circondato da spazi, da aria. Quando le nostre sagome li fendono, o ne ritagliano vuoti, giocano con essi.

Nella vita frenetica di ogni giorno è difficile pensare all’aria come una materia da modellare che ci avvolge. In teatro invece, abbiamo la percezione che anche questo ”soffio di niente” abbia la potenza di uno sparo di cannone.


MACBETTU E IL TEATRO POVERO

In spettacoli come Macbettu, vincitore del premio Ubu 2017, una simile sensazione viene garantita.

Alessandro Serra ne cura la regia e rivisita il celebre dramma shakespeariano Macbeth, adattandolo alla lingua sarda. In scena, otto figure maschili e pochi oggetti che perdono la loro natura di ”cose”, rinascendo ripetutamente in ”qualcos’altro”.

I corpi e le azioni creano di continuo nuovi simboli, ed è attraverso questi ultimi che Shakespeare è rivisitato nell’ottica di un ”teatro povero”.

I gesti si slegano da qualsiasi stereotipo e diventano ripetuti colpi al cuore. Il pubblico inevitabilmente percepisce tutto ciò, pur non conoscendo il sardo e neppure l’uso di quelle azioni.


ATTORI-SPETTATORI: LIAISONS

Assistendo a questo spettacolo si perde la certezza di essere seduti su di una comoda poltroncina di velluto. Ci si sente scomodi, in continua tensione. Sballottati ripetutamente tra una serie di emozioni forti e cupe.

Il teatro stesso perde la sua fisicità di semplice costruzione e diventa qualcosa di vivo. I suoni forti, che viaggiano attraverso l’aria, fanno tremare le pareti. Mettono in ginocchio l’idea di trovarsi nel posto tranquillo in cui ci sapevamo.

Il buio e la luce modellano spazi e potenza di quello che accade sul palco. Ecco, tutto l’intero teatro in verità, dalle loggette alla platea, diventa inspiegabilmente palco.

Gli attori mettono a disposizione totale loro stessi, e creano per noi( e anche attraverso di noi forse) una serie di reazioni forti. Sentiamo un legame emotivo inspiegabile davanti a quello a cui assistiamo.

Non è semplice raccontare una rappresentazione di teatro povero, grotowskiano. Ancora più difficile è tentare di recensirla. Ognuno di noi presenti in sala forse racconterebbe con enfasi ciò che lo ha maggiormente colpito.

Così, vedere il fantasma di Duncan che cammina lento sulla tavola sparsa di pane carasau, crea sensazioni forti.

Così, i pugni al muro di Macbeth che rimbombano ovunque come tuoni, creano sensazioni forti.

Il testo passa in secondo piano: viviamo una parte di quello che vediamo. Andate assolutamente a vederlo, perché nessuno può raccontarvi il teatro povero. Il teatro povero è qualcosa che succede.

Andate assolutamente a vedere Macbettu. Uno spettacolo da non perdere.


Veronica Saglimbeni

Veronica Saglimbeni

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