È uscito lo scorso 14 aprile Breviario partigiano, progetto nato dalle ceneri dei CSI (ora post-CSI) che comprende un CD, un film dal titolo “Il Nemico-breviario Partigiano” con il contributo di artisti, intellettuali e musicisti. In occasione del settantesimo anniversario della Festa di Liberazione, Massimo Zamboni ha deciso di riunire attorno a questo progetto Giorgio Canali, Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli e, al posto di Giovanni Lindo Ferretti, la cantante Angela Baraldi.
Il prossimo mercoledì 29 aprile i post-CSI suoneranno presso il teatro Politeama di Poggibonsi. L’evento sarà preceduto dalla presentazione del cofanetto presso la sala SET adiacente al teatro.
Noi di uRadio siamo riusciti ad intervistare Massimo Zamboni, felice di renderci partecipi della sua nuova avventura musicale.
In che modo i componenti dei CSI, ad eccezione di Giovanni Lindo Ferretti, si sono riavvicinati per realizzare questo nuovo progetto?
Breviario Partigiano ha per oggetto la guerra partigiana ed è il risultato di un percorso che ha radici lontane. Nel 1995 i CSI avevano pubblicato Materiali resistenti, un disco per celebrare i cinquant’anni della Liberazione; mentre nel 1996 era uscito Linea Gotica, un album incentrato sul tema della guerra. Questa volta tutto è partito dal mio ultimo libro, L’eco di uno sparo, in cui ho cercato di raccontare la storia di mio nonno Ulisse, fascista ucciso dal GAP, il gruppo armato partigiano. Mi è sembrato scontato richiamare i componenti dei CSI per poter realizzare questo album e poter celebrare adeguatamente il settantesimo anniversario della Liberazione con un nuovo disco, un libro e un DVD.
Non solo un nuovo disco, dunque, ma un progetto che possiamo definire quasi globale. Chi ha partecipato al progetto del Breviario?
Il film dal titolo “Il Nemico-Un breviario partigiano” è stato realizzato dal regista Federico Spinetti e prodotto da Lab80 film e, oltre a seguire la fase creativa del brano Il nemico, è una riflessione sui temi come l’antifascismo e la memoria. Inoltre, abbiamo chiesto a numerosi amici e musicisti di dare il loro contributo, chiedendo loro che cosa significasse essere partigiani oggi. Tra gli ospiti più illustri ci sono Francesco Guccini, Ascanio Celestini, Piero Pelù, Cristiano Godano e molti altri.
E che cosa significa, invece, per Massimo Zamboni essere partigiani oggi?
Innanzitutto rimanere svegli. Cercare di porsi sempre delle domande e non, come negli ultimi vent’anni di governo Berlusconi, rimanere inerti. Essere partigiani oggi vuol dire riflettere, pensare.
Dove avete registrato il vostro ultimo lavoro?
Abbiamo avuto la possibilità di registrare all’interno dello storico teatro di Gualtieri e abbiamo avuto il calore di molte persone che ci hanno supportato per realizzare al meglio questo progetto.
Lo scorso gennaio, attraverso una piattaforma di crowdfunding, avete chiesto alla rete 9.000 euro per realizzare il vostro progetto, obiettivo raggiunto in meno di ventiquattro ore, per un budget finale di 38.000 euro. Perché avete deciso di ricorrere a questa forma di finanziamento?
Ormai i soldi sono sempre meno. Le etichette e le case discografiche non si assumono più il rischio di investire su un progetto del genere. Ad ogni modo abbiamo potuto investire gli altri soldi per aggiungere qualche pagina al breviario e puntare maggiormente sulla comunicazione.
Cè una grande attesa per il vostro tour. Vi aspettavate tutto questo affetto dopo così tanto tempo?
È una piacevole sorpresa: non è scontato dopo tutti questi anni. Cercheremo di non deludere le attese.
È uscito per Einaudi, nell’edizione Coralli, il tuo ultimo lavoro dal titolo “L’eco di uno sparo”. In questo libro, a metà tra un saggio e un romanzo, scavi nella tua storia e in quella di tuo nonno, cercando di togliere lo strato di polvere, ormai non così sottile, che ti separa da questi anni. Con lo scorrere delle pagine, una storia personale diventa la storia di tutti noi.
Per capire la guerra non bisogna solo partire dal presente, ma è necessario scavare nel passato: la guerra, a volte, può occupare uno spazio di due o tre secoli, si protrae per molti anni e ha origini che sono sempre precedenti al suo scoppio. Con il mio libro ho cercato di riportare alla luce una storia che era stata volontariamente dimenticata dalla mia famiglia. Sapevo che mio nonno Ulisse era un fascista e che era stato ucciso dai partigiani, ma niente di più. Il mio è stato un faticoso lavoro di ricerca, mosso dalla volontà di capire.
In tutto il libro c’è una sorta di incredulità latente, come se non ti riuscissi a spiegare come dei fratelli, dei concittadini, dei compatrioti si potessero ammazzare come cani.
Di fatto partigiani e fascisti avevano la stessa cultura, gli stessi cognomi, la stessa lingua, la stessa cucina. Durante la stesura del libro ho cercato di capire come sia stata possibile quella che, di fatto, è stata una guerra civile.
Tra le tue pagine ci sono numerosi riferimenti a intellettuali. Serve ancora la classe intellettuale oggi?
Nel libro cito intellettuali importanti come Italo Calvino e Pavese; ma non dimentico quelli minori e meno conosciuti. Gli intellettuali sono la base sulla quale appoggiarci per scorgere il mondo, hanno il privilegio di poter osservare in modo acuto e di restituirci il loro pensiero. Sono convinto che gli intellettuali possano ancora dare tanto al nostro paese.
Ho letto che il nome post-CSI vi è stato suggerito da Giovanni Lindo Ferretti.
Durante un pranzo stavo parlando con Giovanni del progetto del Breviario e il nome che mi ha proposto mi è sembrato appropriato. In primo luogo proprio perché ci è stato consigliato da Giovanni che, di fatto, ci ha dato la sua benedizione; dall’altro perché ormai non siamo più i CSI ma una realtà nuova.
A oggi il riavvicinamento di Ferretti a livello artistico è impensabile?
Al momento non credo, ma siamo in buoni rapporti. Per il futuro non so, sarà solo il tempo a dirlo.
Beniamino Valeriano