Ben ritrovati ad un nuovo appuntamento con Quattroequaranta: l’unica rubrica che promette di farvi scoprire la musica classica senza farvi cascare dal sonno! Riprendiamo il discorso da dove l’avevamo lasciato. Il protagonista della nostra chiacchierata è un compositore, pianista, direttore d’orchestra e organista (un one man band, in pratica) ungherese, grande virtuoso e grande intenditore di donne. Andremo a conoscere infatti Franz Liszt (Raiding, 22 ottobre 1811 – Bayreuth, 31 luglio 1886). Sì, è normale non riuscire a pronunciare al primo colpo il suo cognome, ci abbiamo tutti sbattuto la testa per anni e ancora non siamo certi della vera pronuncia.
Insomma, questo gentil signore era una vera star all’epoca. Enfant prodige e padre del virtuosismo, aveva una capacità di suonare il pianoforte fuori dal comune, e incantava (letteralmente) gli ascoltatori. Ha rivoluzionato il modo di suonare e di fare concerti: con lui nasce l’idea del recital moderno (esibizione solistica di un attore o di un musicista, ndr); inoltre era famoso per esprimere con le espressioni del volto e la gestualità il carattere del brano; infine, dimostrava spesso la sua abilità tramite improvvisazioni. No, non si improvvisa solo nel jazz. Per i più curiosi parleremo un giorno dell’improvvisazione nella musica classica, non vi preoccupate.
Il signor Liszt, come già detto prima, era una vera star, oltre che un grande intenditore di donne. Era un uomo molto affascinante, e le signorine avevano per lui la stessa adorazione che ai giorni nostri può avere una ragazzina per gli One Direction o Justin Bieber. Non stupitevi di ciò: gli esseri umani, soprattutto le fan, non sono cambiate poi così tanto nel corso del tempo. Si racconta che spesso le dame si prendevano a schiaffi per accaparrarsi un fazzoletto da tasca o un bicchiere usato da lui. Frequenti erano gli svenimenti durante i suoi concerti. Un altro aneddoto afferma che Liszt, stufo delle continue richieste di avere una ciocca dei suoi capelli da mettere in un medaglione, iniziò a donare alle postulanti ciocche di peli del cane.
Non ci stupisce che un donnaiolo incallito come lui abbia composto tre opere per pianoforte chiamate Liebesträume, ovvero “sogni d’amore“. Noi ci limiteremo ad ascoltare solo il pezzo più famoso, il Liebestraum n°3 (YouTube e Spotify), un notturno in la bemolle maggiore che richiede un medio livello di virtuosismo. O così dicono.
Già l’inizio del brano ci porta in un’atmosfera magica e onirica: sembra di volare su delle soffici nuvole rosa. Il brano rispecchia perfettamente il sentimento dell’amore: dolce e difficile, pieno di svolazzi e di tratti cupi e inquietanti. Nella prima parte sembra, appunto, di volare in un mondo semplice e bellissimo, alla ricerca continua dell’oggetto dell’amore. E più ci si avvicina e più l’angoscia sale: la serie di scale e arpeggi acutissimi (una delle caratteristiche principali di Liszt), che introduce la seconda parte, esprime tutta l’angoscia dell’amante che ha paura di non essere ricambiato. Ma nella seconda parte, di carattere malinconico, avviene l’incontro fra i due amanti. I due stanno ad osservarsi per un po’, non sanno cosa l’uno provi per l’altra, ma basta loro guardarsi negli occhi per capirsi. Si sorridono e nel momento di massima tensione si abbracciano e si stringono. E’ in questa seconda parte che viene raggiunto il pathos più alto, che può simboleggiare l’amore fisico tra i due. Un’altra serie di arpeggi ci riporta coi piedi per terra: l’amore non è mai semplice e bello, ma ha anche i suoi momenti più cupi; e in fondo quello che sta vivendo il nostro amante è solo un sogno. La ripresa del tema cerca in tutti i modi di recuperare quel sogno, ma ormai è perduto nelle profondità della notte. Resta solo il dubbio di non essere ricambiati e la certezza che quello che si prova è autentico. Il finale, leggero come le nuvole di prima, consiste in una dolce e piccola cadenza: l’amante, sorridendo, ricorda con piacere il sogno appena fatto.
Chissà a quale delle tante donne che ha avuto stava pensando Liszt mentre componeva questo brano? E chissà quante donne hanno creduto di essere le dedicatarie. Forse non pensava a nessuna in particolare, forse a tutte insieme, chissà. In ogni caso, se volete dichiararvi a qualcuno, o se volete rinnovare il vostro amore, penso che un notturno scritto da uno sciupafemmine sia l’ideale. Ricordatevene mentre si avvicina San Valentino.
Ci ritroviamo tra una settimana con la storia d’amore più famosa del mondo…
Federica Pisacane