L’Euforia di Valeria Golino: una tregua di felicità ansiosa

Una nuova rubrica approda su uRadio: La massoneria dei cinefili ci porterà nel mondo della settima arte. Questa settimana con L’euforia di Valeria Golino


La scelta del titolo: una tregua di felicità ansiosa.

L’euforia. secondo Valeria Golino, non può essere definita come uno stato di totale beautitudine, ma piuttosto come un’estasi di inquietudine, un amalgama di gioia e timorosa incertezza. Sarebbe dunque un’emozione ambivalente, una tregua più o meno breve, un momento di felicità ansiosa, ma pur sempre felicità. Metaforicamente, secondo la regista, può essere immaginata come la perdita di orientamento dei sub una volta sprofondati sott’acqua, inglobati entro un mondo dall’atmosfera ormai ovattata. Sarebbe quindi una condizione esistenziale dal sapore mistico, molto preziosa e particolare, capace di provocare, una volta scomparsa, disorientamento e sconcerto.

La locandina del nuovo film di Valeria Golino.

L’arguto intreccio narrativo.

E’ proprio questa miscela di stati emotivi che, attraverso una sorta di processo d’osmosi, oltrepassa lo schermo per avvolgere lo spettatore, inevitabilmente ammaliato dall’ultimo film di Valeria Golino, il quale trae nome proprio da questa rara percezione di natura profondamente emotiva, su cui di rado ci si sofferma a riflettere nella quotidianità o quando la si vive sulla propria pelle.

Il pretesto narrativo della pellicola è di carattere drammatico: la storia si sviluppa intorno alle vicende di due fratelli, Matteo ed Ettore, molto diversi tra loro, il cui rapporto viene stravolto dalla scoperta della malattia di Ettore, e prosegue raccontandone gli sviluppi senza però mai cedere ad eccessivi patetismi, ma anzi assecondandone i moti con grazia e lievità. La portata  drammatica di tale sciagura riesce però a ricongiungere i due fratelli, le cui vite fino ad allora scorrevano in maniera parallela. Matteo, interpretato da Riccardo Scamarcio, incarna infatti il tipico uomo di successo, imprenditore ricco e stravagante, conduttore di una vita dissoluta e agli estremi, piena di parties, droga e amici estrosi, la cui superficialità cela fragilità profonde. Ettore, interpretato da Valerio Mastandrea, è invece il prototipo dell’uomo ordinario, professore, dal carattere schivo e riservato, incapace di trasmettere amore e di farsi amare.

Sul filo del rasoio.

Per tutta la durata del film si ha la percezione che la complessa struttura relazionale che coinvolge i due protagonisti e la loro famiglia si regga su un equilibrio precario e gracile, la cui preservazione richiede costanti premure e attenzioni. È proprio nell’eccezionalità della situazione e nei suoi risvolti più intimi e tragici che i due fratelli sentono il bisogno di concedersi finalmente l’uno all’altro, tentando di ricucire un legame da tempo sfilacciato. L’esplorazione dell’altro concede ai dialoghi di spaziare dalla sessualità alla fede religiosa, per arrivare sino all’amore, di cui vengono mostrati i più svariati volti in una tensione interrogativa su quanto possa considerarsi un sentimento egoistico e quanto altruistico. Impagabili gli spunti di riflessione, come quando Matteo dichiara di giustificare i propri mutamenti di scelta, in quanto a gusti sessuali e laicità, in funzione “delle circostanze e dell’interlocutore”.

Le impressioni dello spettatore: un’alternanza di stupori.

Molte, durante L’euforia, le occasioni per farsi scappare un sorriso, innumerevoli quelle per lasciarsi commuovere e godere dell’immagine e della bravura degli attori. L’opera mostra come rapido possa essere il processo di scardinamento delle certezze e dei capisaldi di ogni esistenza quando ci si scontra con un’entità impazzita e illogica come la malattia, capace di condannare non soltanto chi la affronta, il malato, ma anche i suoi cari, a uno stato di desolante impotenza.

L’estrosità della regia.

Presentato in concorso nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes il 15 maggio 2018, L’euforia è stato distribuito nelle sale il 25 ottobre. Alla sua seconda prova da regista, Valeria Golino si conferma piacevolmente come una delle donne più talentuose del cinema italiano, anche quando si mimetizza dietro la macchina da presa, regalando piccoli gioielli che impreziosiscono il panorama cinematografico italiano e lo sguardo aperto dello spettatore, voglioso di lasciarsi trasportare. È un film che va scovato, ricercato, desiderato, nel quale non è permesso imbattersi casualmente. Vale sempre la pena di compiere un atto d’amore per sé stessi e questo lo è.

Valeria Golino


Claudia Costanzo.

One thought on “L’Euforia di Valeria Golino: una tregua di felicità ansiosa

  • Dall’iniziale commento del titolo del film, all’analisi dell’intreccio narrativo, all’indagine sull’esplorazione emotiva di ciò che l’autrice della recensione chiama “ equilibrio precario e gracile” e, per finire, alla sapiente lettura ed interpretazione delle emozioni dello spettatore, Claudia Costanzo riconferma l’eleganza e la raffinatezza della sua scrittura, non disgiunta da un’efficacia comunicativa che, in questo scritto in particolare, si avvale di parole che diventano emozioni e si caricano di una intensità espressiva come in un crescendo musicale, le cui ultime note forti e vibranti chiudono l’armonia del suono. E dispiace quasi che il testo si concluda e che le ultime note spezzino una magica armonia espressiva e tematica: vorremmo leggero ancora e sentire di nuovo quelle note per scoprirvi ogni volta nuove sensazioni.
    Bravissima ancora una volta Claudia Costanzo. Questa scrittrice è da dieci e lode!!!!

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