L'estate ritorna lo stesso con le Stazioni Lunari

Un caldo estenuante, quello di questi giorni. Sembrava non sarebbe arrivato mai e, invece, eccolo qui, a insinuarsi tra le mura e nelle strade di Siena. Un caldo che, ieri sera, verso le 21:00 ha ceduto il passo ad una piacevole frescura d’attesa, e di sollievo.

Al Teatro dei Rinnovati, è andato in scena il secondo appuntamento della rassegna “Rinnòvati Rinnovati”, che ha visto l’atterraggio delle “Stazioni lunari”, spettacolo poliedrico ideato da Francesco Magnelli (intervista), con la partecipazione, questa volta, di Nada, Davide Toffolo (cantante dei Tre Allegri Ragazzi Morti) ed Erriquez (Bandabardò), quasi condotti per mano dall’insostibuile Ginevra di Marco.

Un’attesa, dicevo. È questa la sensazione che ho provato, quasi scomposta nella mia poltrona. Non riuscivo a trovare una posizione tanto comoda, quanto rilassata. Forse perché, ciò che mi è stato offerto dalle “Stazioni lunari”, ieri sera, va oltre lo spettacolo, la cosiddetta performance, ma si adagia più semplicemente sulle pagine di una bella storia.

La voce narrante, Ginevra di Marco, nel prologo, accompagnata da un gioco di luci e ombre, affondando le radici in un passato non così lontano, ha ridato speranza alla “Canzone arrabbiata” (prima edizione 1973, ndr) di Anna Melato, cantando per chi non ha fortuna, pensando a tanta gente nell’oscurità, alla solitudine della città, alle illusioni dell’umanità. 

Illusioni che Nada ha poi ripreso nell’incantevole “Luna in piena” toccando la paura vera: la già citata solitudine.

Un canto, una storia su ciò che ci rende tutti simili e avidi d’amore, incapaci di dimenticare completamente: passa il tempo, sembra che non cambi niente / questa mia generazione vuole nuovi valori ripete Davide Toffolo con “Aria di Rivoluzione” di Franco Battiato. Toffolo, sorprende, cantando una cover di “Vivere fuggendo”, terza traccia del recente album di un giovane duo italiano, Il pan del Diavolo, cercando di capire chi sta sbagliando cosa, se siam sempre qui, con le stesse paure, quelli di oggi come quelli di ieri.

Ci pensa Erriquez a far tornare il sorriso con la sua “L’estate paziente” ricordandoci che l’estate ritorna lo stesso. E subito il ritmo incalza, si fa sempre più pieno e continuo sfociando nella travolgente “Les tziganes”, assorbita dalle voci di Ginevra di Marco ed Erriquez, dando esempio e messaggio di uguaglianza, che è cosa ben diversa dalla tolleranza.

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A seguire, la libertà di Nada nelle movenze e nei suoi pezzi “Amore disperato” e “Maremma amara”, rendendo incontenibile il pubblico.

A questo punto Toffolo, che proprio non sta fermo nella sua Stazione Lunare, confessando di essere la prima volta ad esibirsi senza i suoi Ragazzi Morti, canta la loro “Tatuata bella”.

Sprint verso il finale, Erriquez illumina il teatro intero manifestando e donando quella che ha definito “la più strampalata delle dediche”: “Ahi Maria” di Rino Gaetano.

Ma la morale a questa storia che è risorta dalle ceneri della solitudine urlando la voglia di cambiamenti e poi riuscendo finalmente ad ammettere la ciclicità degli eventi, quale potrebbe mai essere? Ce lo dicono in coro, tutti, incitandoci ad alzarci, rinnovandoci, attraverso “Malarazza” di Modugno: ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastuni e tira fori li denti!

Applausi. Scena vuota. Bis.

Da ogni Stazione lunare, diversa ed unica, le voci si sciolgono, per poi riunirsi. Così vanno le cose, così devono andare.

 

Mariana Palladino

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