L’enigma della valigia quasi vuota – Intervista al Prof. Haim Baharier

Il 27 maggio, nell’Aula Magna Storica del Rettorato dell’Università degli Studi di Siena, il Prof. Haim Baharier ha tenuto un Dialogo sulla claudicanza, tema centrale del suo ultimo libro “La valigia quasi vuota”. L’incontro è stato introdotto da Francesco Rinaldi, accompagnato dal Pro Rettore Francesco Frati, alla presenza del Prefetto e di noi tutti, pubblico interattivo e co-protagonista dell’evento stesso.
Abbiamo avuto l’onore di poter intervistare il Prof. Baharier che, dimostrandosi una persona affabile e disponibile al confronto, ha risposto a quelle che lui ha definito richieste, e non domande, in quanto non richiedono di risolvere un problema, ma di aiutarci nell’approccio ad un mondo a noi sconosciuto. Aggiunge, saggiamente che:“le buone domande non hanno risposta, le altre non ne meritano”.

Nel corso della Sua vita, ha costruito una caleidoscopica carriera: Lei è un maestro di ermeneutica biblica, un matematico, un filosofo e tanto altro. Tra tutte queste cariche, qual è quella che sente più vicina?

Studiando le varie discipline, nel corso della mia vita ho avuto molti incontri intellettuali e spirituali, inaspettati. Esiste un precetto nella tradizione ebraica per cui se qualcuno incontra un nido d’uccelli e c’è una madre che svolazza sopra il nido, devi cacciar via la madre. Da giovane credevo fosse una crudeltà. Con l’età adulta, quando si comincia a pensare di dover superare i determinismi, le cose già predestinate, ho capito che la madre rappresenta la causa sicura che bisogna allontanare dalla mente per poter ricercare nuove sicurezze.
Forse non sono niente di tutto questo. Tutte le discipline che ho studiato hanno consentito che mi sorprendessi continuamente e pensassi: “Ebbene è vero, so ben poco, non che non sappia nulla, ma ben poco”.

Il protagonista del suo libro, Monsieur Chouchani, ha insegnato ad un ristretto numero di personaggi, tra cui Emmanuel Lèvinas, del quale Lei è stato allievo. Per Lèvinas l’incontro faccia a faccia con un altro essere umano era un fenomeno privilegiato, nel quale la prossimità dell’altra persona e la distanza erano entrambe fortemente sentite; anche Lei sente questa distanza nei numerosi dialoghi o incontri che tiene?

Lèvinas spiega il concetto di distanza con una vena alquanto poetica dicendo: “Quando è l’alba e la luce è ancora incerta, c’è quella nebbiolina ed io indovino i volti dell’altro, ancora prima che di vederli realmente”. I miei incontri mi hanno insegnato questo modo di essere presbite perché per vivere bisogna esserlo, bisogna non vedere da vicino. Non è una distanza che separa ma che unisce. Questa distanza consente il discernimento che è la presa di responsabilità. Quest’ultima, però, porta con sé anche un po’ di timore, come in un atto chirurgico: bisogna saper ricreare i tanti volti dell’altro dentro di sé.

Stando ad alcune recensioni, il suo ultimo libro “La valigia quasi vuota” sembra esserLe sfuggito di mano, poiché non può essere classificato in un genere preciso. Non è un romanzo, ma lo sembra; non è un’autobiografia, ma ci somiglia; non è un giallo, ma ne possiede alcune caratteristiche. Lei come lo definirebbe?

La tradizione di Israele chiede ai maestri di parlare poco, ma di fare molto. Il mio libro non è stato scritto per essere classificato, anche perché io stesso mi perdo tra le parole. Col tempo ho capito dachi attingere le risposte: dal clochard lunare, Monsieur Chouchani. Lui raramente insegnava, anche se ero troppo piccolo a sette anni, per capirlo. Lui era e noi avevamo bisogno di imparare a essere. Il mio libro è.

Monsieur Chouchani testimonia – attraverso Lei – la fierezza della “claudicanza” e, inoltre, che l’onniscienza non è nulla senza il senso di caducità dell’essere umano, che si può rimanere grandi, pur ritraendosi e lasciando spazio. In realtà, come si fa a “rimpicciolirsi senza diminuirsi”?

Quando ho parlato della claudicanza, coniando in parte questo termine che non si riferisce alla zoppia o all’essere claudicante, ma a una condizione dell’essere umano, ad un modo d’essere, ho voluto spiegare e scoprire la claudicanza come ciò che è connaturato all’essere umano, non come una “diminutio”. È, infatti, un rimpicciolimento come, ad esempio, la miniaturizzazione. Permette di vedere ancora meglio, da altri punti di vista ed è quindi un’elevazione. Per me è stato così.

Il Prof. Baharier è riuscito a ricreare un’atmosfera incantata con il tono caldo della sua voce, è riuscito a trattenerci con il fiato sospeso fino all’ultimo secondo. E per rimanere fedele a quella fiaba creata, ha terminato l’incontro con un estratto dal Talmud, in cui il Creatore, a proposito del Sole, dice alla Luna: “Hai ragione, non ci possono essere due sovrani ed una sola corona. Rimpicciolisciti, ma non diminuirti!”.

Angela Lucia
Mariana Palladino

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