Legami e graffi: la danza tra coraggio e paura, guerra e pace

Recensione spettacolo di danza contemporanea del balletto di Siena, Cor Habeo


Melodia e cromia

L’11, 12 e 13 novembre presso il Teatro dei Rinnovati è andato in scena lo spettacolo di danza contemporanea del balletto di Siena in un plauso comune e condiviso.

Gli spettacoli di danza sono ardue metafore da decodificare, poiché in ogni gesto di braccia e movimento di gambe si cela un racconto. Il gioco di climax è reso dalla musica, che in questo caso specifico non prevede parole, ma melodie incalzanti, rallentate e poi ancora incedenti in un ritmo scandito dal contrasto tra ombre, luci e fumi. Nero e bianco, blu e rosso: il ventaglio cromatico dello spettacolo. Ma tornando al principio, come si può parlare di cosa si è visto senza impregnare il proprio giudizio – perché tale – di una connotazione puramente soggettiva? In questo Cor Habeo si rende universale, in un linguaggio adattabile alle storie di cui la platea fa esempio. Insomma, ce n’è un po’ per tutti: dall’immancabile amore al caso singolare, fino ad arrivare al collettivo in cui l’individuo vive e si confronta con l’altro.


Lo spettacolo

Qui i ballerini in scena sono cinque, di cui tre ragazzi e due ragazze, e insieme formano un cerchio di emozioni, tra cui paura, angoscia, ansia, psicopatia, frenesia, irrequietezza, libertà. È infatti l’anelito di libertà a fare da collante tra le anime sul palcoscenico, legate dal compito di disgregare i disagi sopraelencati tendendosi la mano in un lavorio di fiducia – le ragazze sono sorrette dai muscoli dei ragazzi, prese e riprese in vorticose piroette aeree – e abbandono. Sono cinque corde tese questi giovani danzatori, vestiti di bianco e poco illuminati si picchiettano nervosamente la fronte con la punta delle quattro dita della mano, mano che vaga autonoma nella narrazione, estranea dal circuito di controllo mantenuto dal resto della fissa corporatura. Si alternano scene di esasperazione, impazzimento condiviso e a sprazzi individuale, in cui il focus luminoso infuoca con un’aurea michelangiolesca i lineamenti dei ragazzi che mimano grida nella stessa melodia senza parole. Scene di contenimento, così percepite agli occhi dello spettatore, un corpo trattenuto dagli altri nel suo dimenarsi continuo e senza pause, esaurito poi alla quiete. Ancora, esanimi amanti a terra dopo il lungo viaggio compiuto chi saltando e chi correndo, si riconoscono dalla posa e annusandosi a vicenda scelgono di avvicinarsi.


Il gioco del tempo

Cor Habeo racconta anche questo, il graffio lasciato dal tempo e dal suo corso erosivo, dalla smorfia sul viso come segno di esperienze pregresse maturate come fermento per il cammino presente e futuro. Il riposo è comunque concepito e meritato, e in un’ottica positiva porta medicazione e cura sulle ferite in un sfioramento curioso, ma scattante e talora precipitoso di chi ha ancora timore di ricadere. Ci si rialza comunque, anche in una prospettiva non forzatamente fortunata in cui si collabora in un duetto di corpi e anime.


Nuvole

L’elemento portate di questo spettacolo è anche il fumo, che diventa nuvola azzurra quando le due ballerine si tramutano in Ishtar, ovvero dee dell’amore e della guerra nella storia della mitologia che nascono direttamente nell’acqua. Sirene brillanti in un’orbita onirica: immagine di forte impatto visivo a cui segue l’arrivo solenne dei tre ragazzi, impegnati in una marcia nera, in cui il fumo assume nuovamente il suo colore grigio.

È un’altalena di stati d’animo quella portata in scena dal balletto di Siena che squarcia il velo di Maya dove trova fumosa inquietudine per poi aprirsi nell’incontro-scontro tra i protagonisti presenti sul palcoscenico.


Cor Habeo

Un racconto di più storie quindi, culminanti in una unica. Cambio cromatico e gestuale, i danzatori ora indossano indumenti neri e si sfiorano, senza mai esaurire il desiderio in vero tocco, simulando carezze. Alla fine il percorso attraversato tra insidie, gioie e furori dell’animo viene riassunto in un corpo e una mente, in un paio di gambe che comunque continuano ad andare per le strade del mondo nonostante il mare e il suo abisso, malgrado la montagna e la sua vetta spigolosa, per quanto la collina conservi il suo incolto prato… l’anima va ignara di quel che sarà, ma piena di quel che è stato procede lenta quando bisogna, accelera quando deve, corre quando può.


Sara Rocca

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