Le mille volte del Re

Brisbane, domenica 11 gennaio 2015. Finale del torneo ATP, un set pari, 5-4 e 30-40 con Raonic al servizio.

Pochi scambi, rovescio lungolinea di Federer, la risposta del canadese è sulla rete. È finita. Ha vinto ancora lui, Re Roger. Ma questa vittoria ha un sapore diverso, speciale. È la numero mille in partite del circuito ATP. Un numero che fa impressione per la sua grandezza, non a caso solo Jimmy Connors (1253) e Ivan Lendl (1071) erano riusciti ad arrivare fin lassù in tutta la storia del tennis mondiale. L’infinito campione svizzero ha abbattuto anche questo muro, ha scritto ancora una volta la storia, l’ha fatta sua.

Da quel 28 settembre 1998 quando, a Tolosa vinse il suo primo match, battendo con un doppio 6-2 il francese Guillaume Raoux, ne ha fatta di strada l’allora diciassettenne.

Ha vinto tanto, tantissimo. Ha riscritto ogni tipo di record, è arrivato persino ad avere un momento in cui i tornei era quasi inutile iniziarli, perché alla casella “vincitore” il nome era già scritto. Era il suo. Di quel giocatore magnifico, elegante, mai fuori dalle righe che faceva e fa sembrare semplice anche un colpo impossibile.

Ma la grandezza di un uomo e di uno sportivo non si nota da come colpisce. Si nota da come sa incassare e rialzarsi. Il Re lo ha dimostrato. Quando un maiorchino dal bicipite mancino grande come le sue cosce ha iniziato a colpirlo, a togliergli le sicurezze, a batterlo sulla terra rossa del Roland Garros, Federer ha iniziato ad incassare. Cadeva ma si rialzava nella sua Londra. Perché Wimbledon era casa sua, fino a quando il 6 luglio 2008 Rafael Nadal per la prima volta dal 2002 lo costrinse ad abdicare. Le successive delusioni che anche Djokovic ha saputo dargli non sono niente paragonate a quell’affronto. È quella la caduta rovinosa del Campione che nessuno si aspettava, primo fra tutti lui.

Ma il tempo si sa, cura tutte le ferite, soprattutto se la classe, la volontà e la forza d’animo sono lì, sempre presenti ad aiutarlo. Così dopo punti tanto bassi da far ipotizzare persino un ritiro, come il mito della Fenice, Roger Federer è risorto dalle sue ceneri e si è ripreso tutto ciò che gli era stato tolto. Wimbledon compreso. Per far capire a tutti, che il “vecchietto” di (quasi) 34 anni non continua a giocare solo per soldi e per incapacità di rassegnazione. Lo fa perché è ancora capace di dominare e regalare spettacolo come solo lui sa fare. Lo fa perché ha la fame del cannibale, un’ambizione che subito dopo la millesima vittoria, anziché spingerlo a guardarsi indietro, gli impone di dire, con spontaneità e convinzione, “Connors è irraggiungibile, ma..”. Lo fa perché non riesce a porsi limiti. Lo fa perché è infinito. Lo fa, semplicemente, perché è il Re, Roger Federer.

Leonardo Fiaschi

Foto: Outdoorblog.it

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