Ladies for future: Jane Fonda is back in the fight


Una vita tra le scene e l’attivismo: what’s the matter with Jane Fonda?


Se considerate una sedicenne svedese troppo altolocata per parlare di cambiamento climatico e crisi globale, dovreste pensare alla posizione di Jane Fonda, che ogni venerdì scende a Washington in Capitol Hill per manifestare.

Jane Fonda: attrice, modella, produttrice televisiva e soprattutto – in questo caso almeno – attivista. Ogni venerdì, puntualmente alle 11, Jane indossa un cappotto rosso, occhiali da sole, un cappello e scende a manifestare a Washington, dove viene immancabilmente arrestata.

Jane Fonda, 81 anni.

Perché? Perché ad un’attrice ottantunenne, plurimilionaria, con una carriera di successi, due oscar vinti, sopravvissuta a tre matrimoni, interessa così tanto il futuro di un mondo di cui non farà parte? Quando si parla di Fridays for future di solito i giovani denunciano l’abuso di risorse e l’insofferenza dei potenti, reclamando come diritto il proprio futuro. E Jane?

Nell’intervista sul cambiamento climatico condotta da Bruce Johnson il mese scorso, Jane ha mostrato di avere le idee molto chiare riguardo ai passi da compiere. Ottenere l’approvazione e l’applicazione della Green New Deal è il primo passo.

L’umanità deve prendere coscienza che sta per affrontare una crisi che coinvolge tutti e di portata tale che nessuno può rimanere indifferente. Una lista di obiettivi semplice, ma molto lineare, che Jane non smette di sottolineare in ogni sua intervista.


JANE: ATTRICE, MODELLA E …

Jane ha la rara qualità di chi riesce a cogliere con prontezza cosa sia davvero importante. L’essere nata da un grande attore come Henry Fonda, non le impedì di interrogarsi su quale fosse il vero significato della recitazione.

In un’intervista del 1976, quando era un’attrice ormai nota in tutto il mondo, dichiarò di non aver considerato la recitazione fino ai suoi vent’anni, poiché aveva visto e conosciuto gli attori dietro le maschere che portavano

Fortunatamente, questa consapevolezza non le tolse il desiderio di recitare. La sua carriera ebbe all’inizio un’impennata eccezionale, che le procurò fama mondiale.

In seguito al proprio matrimonio con Roger Vadim si trasferì in Francia e nel 1968 entrò in contatto con l’attrice francese Simone Signoret, la quale attivista e scrittrice, le mostrò che era possibile essere qualcosa in più di un’attrice casalinga.

Furono questi gli anni in cui Jane iniziò a protestare, alla ricerca di un uso significativo che la sua fama potesse avere e della realtà al di là dell’apparenza della recitazione.

Decise di accettare il ruolo della prostituta nel film di Alan J. Paluka, Una squillo per l’ispettore Klute. Per meglio interpretare il proprio personaggio frequentò i bassifondi di New York, rendendosi conto di quanto la sua vita, fino a quel momento, fosse stata lontana dalla realtà degli altri.


HANOI JANE

Sentendo che un mondo come quello non era mai stato parte di lei, decise quindi di appartenere lei a quel mondo. Per tutti gli anni ’70 Jane manifestò, combatté e lottò per cause che non l’avrebbero mai coinvolta direttamente, ma di cui ritenne necessario far parte.

Nel 1972 si recò ad Hanoi per intervistare i soldati avversari degli USA, per mostrarne il lato umano. L’attenzione mediatica che suscitò fu altissima, ma ne seguì anche lo scandalo di chi voleva mostrarla filovietnamita. Nello stesso periodo Jane portò avanti una campagna di sensibilizzazione dei marines in Vietnam.

Le fu chiesto, in un’intervista, se stesse dicendo ai soldati di disobbedire agli ordini. Rispose che non chiedeva questo, ma chiedeva ai soldati di prenderlo in considerazione. Da quel momento divenne per molti Hanoi Jane.

Jane Fonda, 33 anni

Nel 1978 recitò nel film Tornando a casa di Hal Ashby, in cui interpretava il ruolo di un’infermiera che si prendeva cura dei soldati di ritorno dal Vietnam. Forse una delle risposte più geniali che un’attrice possa dare a chi ha cercato di diffamarla. Per inciso, in questo film vinse anche il suo secondo oscar come miglior attrice.

Dopo gli anni delle proteste, Jane decise di continuare la propria carriera da attivista ma di cambiare sia gli argomenti che il modo di sensibilizzare le persone. Sfruttò soprattutto la sua grandezza di attrice e decise di recitare nel film Sindrome Cinese del 1979 per mostrare gli effetti che il collasso di una centrale nucleare avrebbe comportato, oppure nel 1980 recitò in Dalle 9 alle 5, orario continuato, di Collin Higgins, dove affrontò il tema della nuova indipendenza economica e lavorativa delle donne, delle difficoltà e dei successi che queste vivono nella loro quotidianità.


JANE FONDA IN FIVE ACTS

Dopo gli anni ’80, per circa un quindicennio, Jane si ritirò in parte dalle scene, fino agli anni 2000, quando riprese in mano la propria carriera di attrice e di produttrice.

I film dell’ultimo periodo spiccano per una maggiore leggerezza rispetto a quelli della carriera precedente, senza però cadere nella frivolezza.

Di genialità indiscussa resta Grace and Frankie, serie che vede protagoniste Jane e Lily Tomlin, alle prese con un’amicizia inaspettata e con l’ultimo capitolo delle proprie vite, ma forse il più interessante.

Guardando alla prospettiva tracciata dalla sua vita, ci si rende conto di quanto Jane Fonda abbia combattuto raramente per se stessa e sempre per una causa che riteneva fosse la più importante.

Nel documentario sulla propria vita Jane Fonda in Five Acts racconta se stessa senza nascondersi, sentendo come allora ciò che ha vissuto.

Quando ci domandiamo per che ragione abbia senso combattere e per che motivo lei combatta dobbiamo anche ricordarci che fu Nixon a dire di Jane “What in the world is the matter with Jane Fonda?” e ricordarci di somigliargli il meno possibile.


Veronica Ragozzi.

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