La Rivoluzione della Femminilità: dal corsetto all’unisex

Come affermava il sociologo tedesco Georg Simmel, la moda è il principale strumento con cui le persone possono mostrare la propria personalità. La scelta di un vestito rispetto a un altro manda un messaggio ben preciso alla società di cui si fa parte.

Da un secolo all’altro, la moda è sempre cambiata: le forme degli abiti, i tessuti, gli accessori, i colori, ecc. Ma ciò che non è mai cambiato, con il passare del tempo, è il pensiero che la donna dovesse mettere in risalto la propria persona attraverso i propri abiti, dunque tramite questi avrebbe dovuto rappresentare la propria femminilità.

In questo articolo vedremo come è avvenuta l’evoluzione della figura femminile e chi sono stati i suoi protagonisti.

Il corsetto

Era il 1500 quando Caterina De’ Medici, consorte di Enrico II Re di Francia, decise di usare il corsetto per la prima volta. Grazie alle stecche che “abbracciavano” il suo busto, la figura della regina appariva slanciata, mettendo le sue forme in risalto; da quel momento l’uso del corsetto divenne un’icona della femminilità.

Contemporaneamente la moda spagnola impose un’austerità di costumi che obbligava le donne a coprire il proprio corpo con vestiti a collo alto, a maniche lunghe e con gonne che toccavano fino a terra.

Il corsetto

Nonostante questi aspetti con il passare del tempo i vestiti divennero sempre più sfarzosi, con sempre più merletti, gorgiere lavorate, gioielli ricamati e fantasie stravaganti, ma passando i decenni il corsetto andava persistendo: spalle larghe, vita stretta e fianchi larghi (ben coperti dalle ampie gonne) era l’ideale di femminilità nel tempo.

E resistette fino al XX secolo, quando una ragazza francese di umili origini rivoluzionò il mondo della moda con un nuovo concetto: indossare un abito significa sentirlo proprio, muovendosi liberamente, senza doversi preoccupare se la propria vita fosse più stretta della signora di fronte. Il suo nome era Gabrielle Chanel o come veniva chiamata dagli amici, Coco.

La donna che ha rivoluzionato per sempre la moda: Coco Chanel

Gabrielle Bonheur Chanel, in arte Coco Chanel, nacque a Saumur in Francia, il 19/08/1883 da una famiglia poverissima, finendo col trascorrere la sua adolescenza in orfanotrofio. A 18 anni iniziò a lavorare come sarta in una maison, e nello stesso periodo ebbe inizio la sua carriera da cantante in un caffè dove intonava “Qui qu’a vu Coco dans l’Trocadéro”; da quel momento in poi fu per tutti Coco.

Grazie al grande amore della sua vita, Arthur Capel detto Boy, ex giocatore di polo e poi uomo d’affari inglese finanziatore della sua prima boutique, Chanel arrivò a Parigi nel 1910. L’indirizzo era “rue de Cambon” n.21, e dal quel momento la moda non fu più la stessa.

Dettò le regole dell’abbigliamento femminile informale, i suoi abiti possedevano linee morbide che si adattavano al corpo di chi li indossava e non il contrario. Con lei nacque la donna moderna.

Iniziò a sperimentare lo stile maschile e a creare indumenti femminili in jersey e tweed, tessuti tipicamente da uomo. Introdusse le camicie dalla linea ampia e mossa, pantaloni larghi, tubino nero, bigiotteria, accessori griffati, pullover, giacche sciolte, cardigan, gonne corte e semplici camicette, che divennero i capisaldi della sua maison.

Inoltre, Chanel è rimasta nella storia per i suoi abiti da sera, più elaborati rispetto agli altri capi, ma sempre contraddistinti da un’elegante semplicità. La praticità e il comfort erano la chiave del suo stile rilassato. La biogiotteria, i bottoni e le catene dorate delle borse con Chanel divennero un must.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, la stilista chiuse la maison fino al 1954, quando con il suo semplice tailleur, reinventato togliendo il collo alla giacca e bardandolo di passamaneria a treccia, fece impazzire le donne di tutto il mondo. I suoi due pezzi hanno promosso il concetto del mix-and-match.

Coco Chanel mostrò al mondo che la femminilità non era vestire abiti sfarzosi e pomposi, ma linee morbide e confortevoli. Il suo stile era un inno alla sobrietà e all’eleganza.

<<Una donna è più vicina ad essere nuda quando è ben vestita>> 

Credo che con questa sua celebre frase si possa comprendere fino in fondo il concetto di femminilità della stilista più famosa al mondo.

Collezione Chanel, 1930

La seconda metà del ‘900: dalla nascita del bikini all’unisex

Gli anni dopo la Seconda Guerra Mondiale furono anni di rivoluzioni sociali: molte città erano state distrutte, le popolazioni drasticamente ridotte e le persone, che per anni avevano vissuto anni di terrore, avevano finalmente riacquistato la voglia di vita, di cambiamento. Ed è proprio questo che la moda portò: cambiamento.

1946: Nacque il bikini in Francia. Il suo inventore, Louis Reard, non era uno stilista, ma bensì un ingegnere automobilistico. Si trovava sulle spiagge di Saint Tropez quando notò che molte donne avevano l’abitudine di arrotolare il costume il più possibile per avere un’abbronzatura migliore. Così decise di creare un costume che scoprisse l’ombelico delle donne.

Nacque così il primo bikini, che deve il nome alle Isole Bikini, dove proprio in quel periodo gli Stati Uniti stavano testando le loro bombe atomiche. All’epoca, la sua invenzione fu paragonata alla bomba atomica per la portata rivoluzionaria che ebbe sulla moda dell’epoca.

Il primo bikini della storia

L’anno successivo, vi fu un’altra innovazione nel mondo della moda: il New Look, che dominò l’abbigliamento femminile dalla fine degli anni ’40 fino alla metà degli anni ’50. Il suo ideatore fu Christian Dior.

New Look Dior, 1947

Il punto vita divenne aderente e sottile, il petto alto e evidenziato, le spalle morbide e spioventi, le gonne più lunghe e voluminose. Dopo lo stile semplice e squadrato degli anni precedenti, il look a clessidra di Dior riportò in vita i corpetti e le sottovesti. A molti questo ritorno alla stravaganza e alla femminilità passata suscitò qualche perplessità, ma molti altri lo trovarono fresco e seducente.

Decisamente uno stile diverso da quello di cui abbiamo parlato precedentemente con Chanel, con cui però condivideva la semplicità e l’eleganza degli abiti, oltre al buon gusto.

1963: Ecco quando per la prima volta a Londra, nella boutique Mary Quant, venne esposta la minigonna. Nacque così il London Look, il suo stile divenne subito popolare e fu prodotto su larga scala. Gli orli si alzarono di 20 centimetri sopra il ginocchio. Le minigonne erano semplici ma con colori brillanti.

Minigonna, 1960 Inghilterra

Non solo le gonne si accorciarono, ma anche i cappotti e gli abiti seguirono la stessa strada, contraddicendo la regola che le donne dovevano coprirsi. Dai tagli ridotti e dalla tinta unita, alle fantasie decise e stampe pop, l’abito poteva essere indossato tutti i giorni. Le linee diritte dell’abito mini lasciavano spazio agli accessori, altrettanto importanti. Borse, che con gli anni Sessanta divennero un oggetto irrinunciabile, e scarpe abbinate divennero un modo per valorizzare e dare risalto allo stile dell’abito. Tutto questo si raggiunse anche grazie ai collant, dalle più svariate fantasie, con i quali le donne poterono indossare capi sempre più corti.

1966: Dopo la rivoluzione della minigonna, nel 1966 ne arrivò un’altra: le smoking, un abito da sera unisex creato da Yves Saint Laurent. Lo stilista divenne famoso creando per le donne un abbigliamento ispirato alla moda maschile; fu lui l’artefice della diffusione dei pantaloni, da quelli a sigaretta a zampa d’elefante, negli armadi femminili.

Le smoking 1966, Yves Saint Laurent

1975: Uno dei principali autori del Made in Italy, Giorgio Armani rivoluzionò il mondo della moda, e non solo, con la giacca destrutturata. Lo stilista rivisitò l’indumento più classico e tradizionale di tutti: la giacca, ma la realizzò con materiali più morbidi di quelli soliti e senza imbottiture, sagomature e stirature che la tenevano perfettamente in tiro. Armani eliminò la rigidità strutturale rendendo la giacca più fluida, in grado di assecondare e valorizzare i movimenti del corpo. 

Una giacca nuova, né esclusivamente maschile né esclusivamente femminile, leggermente sformata e adatta a ogni occasione. Questo capo mandava un messaggio importante, cioè che le donne non dovevano più vestirsi da ‘donne’ e gli uomini da ‘uomini’. E così nacque l’unisex.

Giacca destrutturata, Giorgio Armani 1975

Conclusione

Nel corso del Novecento, la moda ha rivoluzionato il mondo femminile. Ovviamente non ha fatto tutto da sola, ma ha dato la possibilità di mostrare alla società che non si è solo un manichino da vestire, ma che l’essere donna ha molteplici sfaccettature. Può essere la madre di famiglia vestita comodamente con jeans e maglietta, l’avvocatessa in tribunale con il completo giacca e pantalone, la ragazza vestita elegante per un anniversario e un’amante della spiaggia con il bikini.

Ogni donna esprime la propria femminilità attraverso il proprio stile, che è unico.

“Nel corso degli anni ho imparato che ciò che è importante in un vestito è la donna che lo indossa”, Yves Saint Laurent.

Maria Teresa Frezzotti

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