Recensioni

La ragazza del treno: un immeritato successo editoriale

“La ragazza del treno” è un libro di Paula Hawkins pubblicato nel 2015 ed edito in Italia da Piemme. Il romanzo ha fatto tanto parlare di sé negli ultimi mesi: definito “il caso editoriale dell’anno”, è ancora oggi ai vertici delle classifiche italiane e può vantare anche un film omonimo diretto da Tate Taylor, uscito nelle sale da qualche settimana.

Il titolo accattivante attira subito l’interesse dei potenziali lettori, ma, almeno per quanto mi riguarda, si tratta di uno specchietto per le allodole, e il romanzo risulta veramente deludente.

Rachel Watson, quella che può essere a buon diritto considerata la principale protagonista di questo thriller ambientato in una zona di periferia di Londra, è una donna divorziata che ancora non ha rinunciato al suo amore per il marito fedifrago Tom (nel frattempo risposatosi con l’amante). Rachel da anni è ormai scivolata nel vizio dell’alcool; fragile e depressa, ogni giorno finge di recarsi in treno al lavoro, anche se in realtà  è stata licenziata. Dal finestrino, osserva ad ogni fermata abitazioni e abitanti, immaginando per loro nomi e vite fantasiose. Una coppia che vive a pochi passi dalla sua vecchia casa a Blenhelm Road- in cui adesso abita il marito con la nuova moglie Anna e la figlia Evie- la incuriosisce particolarmente: decide di soprannominarli Joss e Jess, e li immagina come la coppia perfetta che possiede tutto ciò che a lei ora manca.

Un giorno le capita di scorgere quella stessa donna che bacia appassionatamente un altro uomo, e poco dopo “Jess” (il cui vero nome è Megan) sparisce nel nulla. Il suo cadavere verrà scoperto più tardi nelle campagne nei dintorni, e ovviamente subito i sospetti ricadranno sul marito Scott. Da quel momento in poi Rachel cercherà in tutti i modi di far luce sull’accaduto, ostacolata dall’avversione di Anna che la considera un’alcolizzata pericolosa e disturbata che ciondola troppo spesso intorno a casa sua. Purtroppo, sono soprattutto le amnesìe causatele proprio dall’alcool (ma non solo da quello) che non le permettono di ricostruire parti fondamentali della giornata in cui Megan è stata uccisa, e in cui Rachel si trovava nella zona del delitto. Persino la polizia la guarda con sospetto e la considera una testimone del tutto inaffidabile, e per questo la donna deciderà di rivolgersi direttamente a Scott per raccontargli ciò che ha visto. Ma presto le cose finiranno per sfuggirle di mano (a causa anche di una serie di bugie che ha raccontato) e la situazione si farà sempre più pericolosa. Lì dove però dovrebbe essere forte la suspense, essa di fatto non esiste, se non in minima parte, e tutto si conclude con un finale molto prevedibile e poco originale.

La ragazza del treno è un romanzo che si legge nel giro di una giornata, nelle poche ore di un viaggio in treno per l’appunto, ma purtroppo in questo caso, la facilità di lettura non è un punto a suo favore.

Tutta la trama ruota intorno ai quattro o cinque protagonisti, che gravitano in uno sfondo di fatto indistinto. Come voce narrante si alternano le tre figure femminili che fanno da perno allo svolgersi della vicenda (Rachel, Anna e Megan) ma nessuna di esse ha una personalità spiccata, definita: se non si leggesse il loro nome all’inizio di ciascun breve capitolo probabilmente le si confonderebbe l’una con l’altra. L’autrice gioca soprattutto sull’elemento dell’inaffidabilità di queste voci narranti (in particolare quella di Rachel, a causa del suo alcolismo e della sua tendenza a mentire), ma di fatto anche questo particolare viene reso in modo assolutamente poco realistico e non offre nessuno stimolo concreto al lettore. Ogni personaggio presenta tratti caratteriali talmente netti da essere assurdi e da risultare estremamente inconsistenti. Non si trovano sfumature né modulazioni: l’impressione costante lungo tutto il dipanarsi della vicenda è quella di una fastidiosa superficialità nell’affrontare personaggi, ruoli e situazioni. I personaggi si muovono come pedine lungo percorsi e reazioni automatiche: persino l’alcolismo di Rachel non segue delle prospettive realistiche, ma sembra quasi “caduto dal cielo”: la donna non perde occasione di comprare una o più bottiglie di vino e scolarsele, che sia triste, stanca o serena, e incomincia ad avere reazioni eccessive ed incontrollate, non giustificabili in una donna ormai avvezza all’alcool e che ha bevuto “soltanto” una bottiglia di vino.

Tutto è narrato con uno stile scialbo e incolore.

Altro particolare rilevante: una sorta di spicciolo femminismo, per quanto non troppo ostentato, ammanta il finale del romanzo, e mentre tutte i personaggi femminili in qualche modo ne escono purificati, gli uomini sono tutti indiscriminatamente figure violente e manipolatrici, che sfruttano le donne (vittime non troppo dispiaciute della loro sottomissione, pare) senza nessun tipo di scrupolo per i loro meschini obiettivi.

Per tirare le somme, il successo di questo libro a me pare francamente ingiustificato: si tratta di un thriller di scarso valore, che al massimo può essere letto come svago o nei momenti di noia, ma che certamente manca del tutto delle qualità fondamentali di un buon libro, e che ancora una volta va ad affollare gli scaffali dei (troppi) romanzi che non c’era nessun bisogno di scrivere.


Paula Hawkins (Harare, 26 agosto 1972) è una scrittrice britannica. Raggiunge il successo commerciale con il romanzo thriller La ragazza del treno, diventato un best seller negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, con oltre 3 milioni di copie vendute solo negli USA.

Rossella Miccichè

 

Mariana Palladino

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