La Digital Economy e perchè è importante – Digital Times

Lo scorso articolo vi abbiamo parlato della situazione della comunicazione visiva in Italia a seguito del lockdown e di come questo settore continui ad essere altamente a rischio ancora adesso.

Questa volta il topic sarà la Digital Economy, che ci porta su uno scalino ancora differente in termini di importanza e gravità. Per introdurvi nell’argomento ho voluto basare questo mio articolo sugli studi e sui risultati ufficiali dell’Unione Europea, che cercherò di riportare a brevi scorci tra queste righe ed accompagnarvi in un nuovo viaggio.

Il Digital Economy and Society Index (DESI) è un insieme di indicatori delle performances digitali degli stati membri dell’UE e delle differenze tra di questi in termini di prestazione, servizi nazionali e competenze.

Serve anche per tenere traccia dell’evoluzione degli stati membri lungo cinque dimensioni differenti, che potrete leggere nel grafico sottostante: connettività, capitale umano, uso dell’internet, integrazione di tecnologia digitale e servizi pubblici digitali.

Un punto di partenza

Dati ufficiali del Report DESI 2020, basato sulle rilevazioni del 2019

Questo grafico può far capire perchè l’Unione Europea si sia ritrovata agli inizi dell’emergenza COVID-19 con una responsabilità sulle spalle piuttosto grossa ed affatto indifferente. Di fronte a paesi leader nel settore come la Finlandia, la Svezia e la Danimarca, il cui tasso di digitalizzazione della popolazione e dei servizi nazionali è quasi totale, l’UE sembra quasi uno o due passi indietro rispetto a dove dovrebbe essere.

La pandemia sembra però aver accelerato la necessità (e la presa di coscienza) di un’economia digitale più competente e responsiva. Per quanto in Italia questa stia arrivando in uno dei ritmi più lenti dell’intera UE, questo non significa che i cambiamenti non stiano iniziando a farsi sentire.

Il 27 maggio di questo stesso anno, la Commissione europea ha adottato il Next Generation EU Recovery Plan, per fornire investimenti e riforme incentrate sul miglioramento dell’economia degli stati membri e della cultura digitale dei cittadini.

Il DESI ha fornito un’analisi specifica paese per paese in modo tale da poter mirare subito i fondi europei nelle migliori riforme possibili. Questo ha fatto sì che i Stati Membri prendessero azioni immediate per minimizzare l’emergenza sanitaria e per sviluppare applicazioni e piattaforme per facilitare la telemedicina. Sono stati presi provvedimenti per rinforzare l’infrastruttura digitale in tutti i settori, di fronte ad un aumentare delle domande e delle necessità sociali ed economiche.

In molti casi risorse online per l’educazione e servizi pubblici digitali sono stati sviluppati o migliorati per promuovere l’inclusione digitale; mentre analogamente è aumentato il supporto digitale in settori come l’e-commerce, il lavoro in telematica e lo studio online. La cybersecurity e la lotta contro le fake news o le truffe online sono a loro volta diventate una priorità. Analogamente, sempre più sforzi stanno andando verso la promozione e l’incentivazione di attività di ricerca che usino tecnologie digitali avanzate.


Il panorama europeo

L’Italia è la quart’ultima. Mentre i paesi del Nord continuano a mantenere il loro primato pre e post COVID-19, l’Italia continua a caratterizzarsi per una digital economy piuttosto carente. Nonostante l’85% dei cittadini usassero l’internet nel 2019, a seguito della crisi pandemica soltanto il 58% di questi possiede delle conoscenze digitali di base. Conoscenze che sono la vitali per una società che ormai è digitale e che impedirà sempre di più a chi rimane indietro di poter partecipare alla vita sociale, comunicativa e lavorativa del proprio paese.

Da una parte l’emergenza sanitaria ha avuto un impatto positivo, per via dell’aumento del numero di utenti online. Dall’altra questo non significa che siano aumentate le competenze per avere una presenza digitale sicura e consapevole. Questo a livello del singolo cittadino.

A livello aziendale il discorso è già più complesso ma non per questo differente. L’uso di tecnologie digitali avanzate come l’IA, l’Internet of Things, il cloud computing e i big data analysis incentivano la produttività e l’efficienza, aprendo la porta per nuova opportunità per i business europei in ogni settore, rivelandosi fondamentali per il rilancio dell’economia. Le piccole e medie imprese usano però soltanto una minima percentuale di servizi cloud (17%) o big data (12%). Molte di queste non fanno neanche uso di competenze basilari come un software package o l’e-commerce, elementi che contribuiscono a far crescere un divario preoccupante.


E non è finita qui

Affatto, perchè questo è uno di quegli argomenti che merita quanta più attenzione possibile. Nell’era in cui viviamo abbiamo informazioni da tutte le parti ma non ne conserviamo mai nessuna. Vorrei che questo caso fosse l’eccezione alla regola. I risultati del report DESI sono qualcosa che è una responsabilità tanto dell’UE e del nostro governo quanto… nostra. Come cittadini, come studenti e come lavoratori, abbiamo la responsabilità ed il dovere di diventare sempre più competenti in argomenti del genere. Questo è solo uno dei motivi per cui vorrei continuare ad indagare l’argomento assieme a voi, passo per passo. Ho deciso quindi di dividere l’argomento in almeno due articoli.

Facendo così, spero di riuscire a portarvi in un argomento affatto nuovo ma decisamente attuale. La prossima volta vedremo la disponibilità di servizio Internet di qualità nel nostro Paese e nelle nostre case, condizione fondamentale per poter anche solo sperare di avere una Digital Economy funzionante a livello tanto italiano quanto europeo. Che abbiate o meno paura del 5G, il mio invito è di rivederci la prossima volta.


Adria J. Necula

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