La Ballata n.2 di Liszt: un tuffo nel mito

In attesa delle prossime novità offerte da uRadio, torna la rubrica che nessuno stava aspettando. Quattroequaranta, puntuale come sempre, vi farà compagnia in questa uggiosa domenica portandovi a Weimar nel 1853. Ma anche in Grecia antica. Ma anche a Roma nel I secolo a.C. e nella Grecia del VI secolo d.C.

Questa domenica ascolteremo insieme la Ballata n. 2, S. 171 di Franz Liszt (1811 – 1886). Cosa c’entrano tutti questi luoghi con un semplice brano? Tranquilli, ve lo spiego subito; ma prima, qualche considerazione sull’autore e sull’epoca storica.

Franz Liszt in un ritratto di Henri Lehmann del 1839

Rockstar senza il rock

Franz Liszt è un compositore ungherese, padre del virtuosismo pianistico e della musica a programma. Era una vera e propria rockstar ottocentesca (in alcune lettere si racconta di donne svenute durante i suoi concerti, lancio di guanti, litigi furiosi per accaparrarsi un suo fazzoletto eccetera eccetera); ha attraversato gran parte del periodo romantico contribuendo a caratterizzarlo. Nei suoi concerti (e nelle sue composizioni) univa tecnica e lirismo, precisione maniacale e libera espressione dei sentimenti. Non solo eseguiva, ma improvvisava anche. Ne abbiamo parlato in maniera leggermente più estensiva qui. Il Romanticismo è caratterizzato dalla libertà: il musicista non è più alle dipendenze di una corte o di una chiesa ma diventa libero professionista; le rigide regole del classicismo vengono riprese, messe in discussione e stravolte; alla melodia veniva data una maggiore importanza; infine, si dava libero sfogo ai sentimenti, alle passioni irruente e alle aspirazioni nazionaliste.

Il soggetto

Moltissimi brani di Liszt si ispirano a leggende, miti e brani di letteratura. Il soggetto della Ballata n.2, composta nel 1853 durante il prolifico soggiorno a Weimar, è infatti mitico: la vicenda di Ero e Leandro, narrata già da Virgilio nelle Georgiche e da Ovidio nelle Eroidi ma resa famosa da un poemetto di Museo Grammatico del V o VI secolo; viene citata, tra l’altro, nel Purgatorio di Dante. Ascoltiamo il brano su YouTube o Spotify e immergiamoci nella storia.

Un amore che supera ogni ostacolo

Leandro è un giovane innamorato di Ero, sacerdotessa di Afrodite. I due vivevano ai due capi dello stretto ellespontino, e Leandro lo attraversava a nuoto ogni notte per raggiungere lei. Ero teneva accesa una lampada sul davanzale della sua finestra, per guidarlo. All’inizio del brano sentiamo il rumore delle onde e il tema della traversata notturna, pericolosa ma piena di gioia in attesa dell’incontro d’amore. Immaginate cosa dovesse provare Leandro attraversando a nuoto un braccio di mare, al buio e al freddo. Voi lo fareste per amore?

Alcuni accordi in piano introducono il tema dell’incontro, dolcissimo. Ero è sollevata, come ogni notte, nel vedere il suo amato sano e salvo. La parentesi lirica è molto breve e si conclude con la traversata di ritorno: viene riproposto lo stesso tema iniziale. Il giorno dopo la scena si ripete sempre uguale: Ero accende una lanterna e Leandro la segue, infaticabile, mentre lei rimane alla finestra piena di ansia. Leandro sogna il momento in cui terrà Ero tra le braccia: Liszt ripropone lo stesso tema dell’incontro. Ma qualcosa va storto.

L’imprevisto

Le secche ottave che distruggono l’idillio ci annunciano l’inizio di una sciagura. Si è alzata una tempesta: le onde si fanno minacciose e rischiano di travolgere il giovane, che infaticabile continua a nuotare, lo sguardo puntato verso la lampada. Ritorna il tema della traversata, disturbata dalla tempesta. Leandro si ferma su uno scoglio, valutando i pro e i contro. Ormai è esattamente a metà dello stretto, rinunciare non ha senso; inoltre, la lampada è ancora lì che brucia e gli sembra di intravedere, nel vano buio della finestra, il profilo di Ero che lo aspetta angosciata. Non può tirarsi indietro; riprende a nuotare, ma la tempesta è più violenta e spegne la lampada.

Il tema della traversata si fa qui più concitato, seguendo la disperazione di Leandro che inizia a nuotare a casaccio, cercando la via giusta. Dov’è la luce? Dov’è Ero? Una bracciata, poi un’altra, ma il mare è più forte di lui e gli si chiude sopra. Un accordo gravissimo segna la fine della sua vita. L’ultima cosa che vede è il sorriso di Ero.

William Etty, “Ero e Leandro”, 1828

Il dubbio e il ricongiungimento finale

Ero, preoccupata di non vederlo arrivare, attende tutta la notte piena di terrore. Forse si è dimenticato di lei? Magari era stufo di fare tutta quella fatica per incontrarla e aveva scelto un’altra. Magari l’aveva abbandonata. Non riesce però a non pensare alle sue carezze, ai suoi baci, ai suoi sussurri. Non chiude occhio per tutta la notte, fissando la tempesta fuori dalla sua finestra, che, nel frattempo, si placa.

La mattina dopo ha quasi paura di scendere sulla spiaggia, ma qualcosa la trascina fuori. Magari è naufragato sulla costa e si è addormentato sfinito. Un passo tremante verso la riva e un ricordo nel cuore; un passo, un bacio; un passo, le sue dita che la sfiorano; un passo, lo sguardo di lui fisso nel suo. Vede il suo corpo sulla riva e gli corre incontro gridando di gioia. Ma lui non si alza, non apre gli occhi, rimane immobile. Il pianoforte esprime le centinaia di emozioni che attraversano Ero; quando si rende conto di aver perso per sempre il suo Leandro non ci pensa due volte. Non può vivere senza di lui e così, decisa a raggiungerlo, sale sulla torre, mentre le passano davanti agli occhi tutti i momenti felici trascorsi insieme. Si sporge dalla finestra, guarda per l’ultima volta il mare e vi si getta. La ballata si chiude con una dolcissima ripresa del tema dell’incontro, che va smorzandosi progressivamente.

Come ogni mito greco che si rispetti, non poteva finire bene. Speriamo solo che Ero e Leandro siano da qualche parte a gioire del loro amore. Noi ci rivedremo la prossima settimana con un’altra storia, magari più allegra…


Federica Pisacane.

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