#ILCLASSICOINATTESO: CRONACHE CHIGIANE 2

Ieri pomeriggio, mentre mi preparavo per il primo concerto del Festival dell’Accademia Musicale Chigiana, mi sono messo a sfogliare un giornale locale, “La Nazione”. Ero curioso di sapere come la città toscana si stava preparando a questo grande evento musicale che, ogni estate, tra il palio della Madonna di Provenzano e quello dell’Assunta, rianima la sua vita culturale e sociale.  In una delle ultime pagine c’era un titolo decisamente eloquente. Non parlava di Siena ma attirò comunque la mia attenzione: “La versione di Richter: ho riscritto Vivaldi” .

Era un’intervista a Max Richter, il giovane compositore britannico, che introduceva per la prima volta al pubblico italiano il suo lavoro “Vivaldi-Recomposed”.

Ancor più persuasiva, leggendo l’articolo, mi parve una frase pronunciata dall’intervistato che considerava i concerti di Vivaldi «Un capolavoro che con il passare del tempo ha perso la sacralità della esecuzione musicale per essere utilizzato sempre di più per sigle tv e spot pubblicitari. Per questo motivo ho voluto affrontarlo personalmente in una lettura attuale. Un’esperienza che permettesse di dargli nuova luce».

Lo ammetto, sono un tradizionalista: in quel momento le parole di Richter svegliarono in me molte domande e non pochi dubbi: come si poteva ricomporre un capolavoro come le “Quattro Stagioni”? Come si poteva pretendere di dare nuova luce a dei concerti che sembrano sempre brillare di luce propria?

Confesso che, in una sola serata, Max Richter è riuscito a rispondere, con chiarezze e bellezza a tutte queste domande. Fin dall’incerto ed effimero inizio di “Spring” mi resi conto che stavo ascoltando qualcos’altro, qualcosa che non poteva e non doveva essere confrontato necessariamente con i concerti di Vivaldi.

Max Richter stava realizzando qualcosa di decisamente inatteso e sorprendente: il compositore inglese, accompagnato dalla violinista Elissa Lee e dall’Orchestra della Toscana, stava lentamente togliendo tutta quella patina commerciale con la quale per decenni tv e radio avevano soffocato il capolavoro vivaldiano per dargli una nuova vita. In altre parole, aveva liberato i quattro concerti dalla teca museale nella quale erano stati rinchiusi per farli finalmente respirare.

Il lavoro di Max Richter è straordinariamente chiaro: il musicista britannico scompone i quattro concerti, tagliando fisicamente sezioni della partitura senza per questo farla a pezzi. Le intenzioni di Richter sono “semplicemente” quelle di amplificare il loro potenziale musicale, e dunque emotivo, allargando e ampliando gli spazi, aumentando ed estremizzando le tensioni e estendendo i paesaggi che Vivaldi ci delinea con cura e poesia nel percorso originale.

Il tutto in un dialogo continuo ed incessante con l’estetica contemporanea: poliritmia, tensioni ed inquietudini armoniche e inciampi melodici sorprendono continuamente l’ascoltatore davanti ad una schizofrenica (eppure – o forse per questo – affascinante) trasposizione della chiarezza barocca nella paranoica dimensione contemporanea.

Il risultato è davvero impressionante: Max Richter gioca con la nostra memoria, gioca con i ricordi che ciascuno di noi possiede dei celeberrimi concerti vivaldiani. È un inganno piacevole, mi verrebbe da dire gentile, divertente ed originale che ci paralizza di fronte ad una musica che scorre liberamente nel tempo, dal passato al presente. E dal presente al passato.

 

 

Francesco Milella

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