Il mese delle donne

Il mese delle donne: non solo tacchi, ma anche tacchetti

Aah marzo: la sessione che finisce, la primavera che si avvicina, ma per noi di uRadio questo mese ha un significato principale chiaro: è il mese delle donne. Torna da consuetudine “Il Mese delle donne”, la rubrica che analizza la figura femminile da varie angolazioni in 4 appuntamenti differenti.

Il primo cade proprio oggi, 8 marzo, nella Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne, unico momento in cui buona parte della popolazione maschile è apparentemente gentile e rispettosa.

Determinati uomini sono veramente paradossali, perché non riescono a vedere insieme i due principali amori e interessi della propria vita: la donna e il pallone. Di eccezioni ce ne sono tante, ma siccome l’intera esistenza è fatta di stereotipi, uno dei più comuni nel genere maschile è: noi (maschi) a giocare col pallone, voi (femmine) a cucinare e a lavarci maglietta e pantaloncini perché il calcio è una cosa da uomini.

Cari maschi con questa mentalità retrograda, vi dico una cosina: esiste il calcio femminile, uno sport meraviglioso sia da vedere che da commentare. Ah, e dal 1° luglio 2022 è diventato ufficialmente professionistico, e ripeto professionistico. Ma facciamo un passo indietro, dove e quando nasce il calcio femminile? E come è diventato noto in Italia?

Il primissimo match, secondo varie fonti, fu uno Scozia-Inghilterra 6-1, disputatosi a Edinburgo nel 1881. Nel 1933, a Milano, prese vita il “Gruppo Femminile Calcistico”, la primissima squadra di calcio italiana, mentre il campionato italiano femminile di calcio è stato istituito ufficialmente nel 1986, nonostante ne esistesse già ufficiosamente uno dal 1968.

Le azzurre al Mondiale in Francia nel 2019

In Italia è diventato noto di recente, soprattutto dal Mondiale del 2019, quando l’Italia di Milena Bertolini (che è tutt’ora allenatrice della Nazionale) raggiunse un quarto di finale storico, per una squadra che non partiva nemmeno tra le prime 16 sulla carta. (Anzi la stessa Australia ci definiva “una Nazionale con un campionato di basso livello”…le abbiamo battute 2-1 al 94’ meritatamente).

Settimana dopo settimana, partita dopo partita, sempre più persone si sono appassionate alla Nazionale e alle giocatrici, e di conseguenza ai rispettivi club di appartenenza e in generale a tutto il campionato. La crescita del movimento fu esponenziale, ma le ragazze dovettero lavorare e sudare per ottenere i giusti risultati.

Al tempo il calcio femminile non solo era ancora dilettantistico, ma le ragazze subivano costantemente insulti e prese in giro: sin dai classici “andate a cucinare/stirare” a “ah ma quindi giocano a calcio?” fino ad arrivare a “dai su parliamo di sport seri”. Ma il problema stava alla base: l’istruzione nei confronti di alcuni bambini.

Sono stati anni spettacolari, era tutto una figata, mi sentivo onnipotente e protetta. Stimata. Di quella squadra ero il capitano, con la numero dieci sulle spalle, e ricordo che tutti mi trattavano come se fossi Pelè. Per tutti intendo i miei compagni di squadra, perché gli altri, be’…avevano sempre qualcosa da ridire. Ogni volta succedeva la stessa cosa: prima della partita i bambini della squadra avversaria mi guardavano male e ci deridevano. Mi sembra ancora di sentirli: “Guarda! Hanno una Femmina in squadra, ma dove credono di andare?” E giù a ridacchiare. Poi perdevano. E il gol, più spesso i gol, li aveva segnati proprio quella femmina. E giù a piagnucolare dai loro genitori che cercavano di consolarli.”

Eleonora con il suo libro “Preferisco i tacchetti”

Queste le parole di Eleonora Goldoni, prese dal suo libro “Preferisco i tacchetti”. Una delle tante testimonianze di ragazze che, sin da bambini, hanno dovuto lottare per prendersi un posto. Fortunatamente i compagni di Eleonora l’hanno sempre supportata, ed è da qui che si deve ripartire: dai bambini, facendo vivere e giocare ragazzini e ragazzine senza pregiudizi, senza distinzioni tra maschio e femmina. Loro sono il nostro futuro, ma anche il nostro presente e possono portare avanti la giusta mentalità.

Donne, ragazze, bambine: non smettete mai di lottare per i vostri diritti, noi siamo con voi SEMPRE! Buona Festa a tutte e che l’8 marzo duri tutto l’anno, e non solamente 24 ore.


Niccolò Bellaccini

Niccolò Bellaccini

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