Global Clinical Case Contest: intervista a Maria Rosaria Ferraro

Quando una studentessa della tua Università partecipa ad un contest internazionale, classificandosi in prima posizione a livello nazionale e giungendo, quindi, alla fase finale, avverti, non sai neanche tu per quale motivo, un forte sentimento di appartenenza e vicinanza. Si tratta probabilmente di orgoglio, una sorta di giustificata fierezza nel condividere il luogo di provenienza dei propri studi.

Stiamo parlando di Maria Rosaria Ferraro, studentessa di Odontoiatria qui a Siena che si è aggiudicata il primo posto, a livello nazionale, al Global Clinical Case Contest (secondo posto: Sofia Prà – Università degli Studi di Verona; terzo posto: Anna Zakaraya – Università degli studi di Milano).

L’abbiamo raggiunta per congratularci e farci raccontare la sua esperienza. Di seguito l’intervista.

In cosa consiste il concorso a cui hai partecipato? Chi ne è promotore? Da dove nasce l’iniziativa?

Il Global Clinical Case Contest è un concorso aperto agli studenti di odontoiatria del V e del VI anno di tutto il mondo e proposto da una nota azienda produttrice di materiali e strumenti odontoiatrici, la Dentsply Sirona. Nasce per avvicinare noi giovani alla pratica clinica e all’uso di particolari tecniche e materiali, applicando le conoscenze e le competenze acquisite durante le lezioni e le ore di tirocinio: infatti ci permette di seguire un caso dall’inizio alla fine come primi operatori attraverso selezione, realizzazione e documentazione dello stesso. La prima fase del contest si svolge a livello nazionale: quest’anno in Italia 41 studenti provenienti da 18 Università hanno partecipato presentando i poster relativi ai singoli lavori. Una giuria di professionisti del settore premia i tre lavori che si aggiudicano il podio, solitamente in occasione di un congresso che stavolta si è tenuto a Bologna ad opera dell’Accademia Italiana di Conservativa, ed il primo classificato di ogni Paese partecipa poi alla fase internazionale che quest’anno si terrà a Konstanz verso la fine di giugno.

Ci parli del progetto che hai presentato al contest?

Il mio progetto è un lavoro di odontoiatria restaurativa che si può definire ”estetica”, in quanto coinvolge i denti del settore anteriore, quelli più visibili, per migliorarli dal punto di vista estetico e funzionale. Tra le varie alternative che l’odontoiatria proponeva al nostro paziente abbiamo realizzato quella che più si adattava alle sue esigenze (perché si tratta di una procedura rapida e non invasiva) ed il lavoro si è articolato in diversi appuntamenti. Siccome il caso corrispondeva alle caratteristiche richieste per proporsi al concorso, ho colto la palla al balzo e devo dire che ho trovato il tutto molto stimolante, anche perché il risultato è stato apprezzato dal paziente così come da amici e colleghi.
Senza scendere nei dettagli tecnici posso dire che non è stata una passeggiata, ma mi sono divertita tanto e il fatto di essere stata selezionata per partecipare alla fase internazionale del concorso è già per me e per la mia facoltà un traguardo importante.

Il contest è stato promosso dall’Università o hai deciso di partecipare per conto tuo?

É stata l’Università a fare da tramite tra noi e gli organizzatori dell’evento; in particolare, ho avuto l’opportunità di partecipare al concorso grazie al Prof. Simone Grandini, che tiene il corso di conservativa e ci permette di fare tanta pratica durante il tirocinio trovando sempre il modo di educarci all’ambiente lavorativo, e al Prof. Giulio Pavolucci che mi ha fatto da tutor seguendomi durante le varie fasi del progetto con mille preziosi consigli (e, diciamolo, dimostrando tanta pazienza), è stato con me a Bologna e ci sarà in Germania. La nostra è una facoltà in cui l’esperienza sul campo è fondamentale e i nostri professori lo sanno.

Secondo te, quanto sono importanti concorsi di questo genere ai fini della carriera universitaria e lavorativa?

Personalmente trovo che il concorso mi abbia migliorato perché ho imparato tanto grazie ad esso e a chi mi ha seguito. Ho avuto modo di assumere delle responsabilità nuove, di lavorare concretamente e di rivolgermi ad un pubblico professionalmente adulto: già il fatto di averlo presentato a Bologna e la prospettiva di doverlo esporre all’estero fa di questo progetto un trampolino di lancio, anche solo psicologicamente parlando, per la mia personalità. Soprattutto ho apprezzato il momento del confronto con chi ha lavorato insieme a me e con il paziente che rimane sempre il protagonista della pratica clinica. Credo che occasioni del genere debbano essere alla portata di tutti gli studenti, perché hanno un ruolo motivazionale importante e perché aiutano a capire tante cose che saranno utili sia all’Università che a muoversi, un giorno più vicino di quel che si pensa, nel mondo del lavoro.

In questo concorso si è rivelato importante l’uso dei social network, ormai sempre più intrinsecamente connessi con le nostre vite. Il ruolo dei likes, in questo caso, diventa determinante: qual è la tua opinione al riguardo?

Sono convinta che il mondo del ”social” non possa essere totalmente rappresentativo di un campo di lavoro in cui i dettagli tecnici sono determinanti, però credo possa essere uno strumento in genere valido per creare comunicazione e confronto tra studenti, professionisti e pubblico. Nel caso specifico del contest facciamo riferimento alla gara ”social” che l’azienda ha proposto postando sulla propria pagina un album con i lavori di tutti i partecipanti e offrendo la possibilità alla ”giuria popolare” di esprimere la propria preferenza e il proprio sostegno in modo originale e moderno. Anche se il vero concorso si sta svolgendo con dinamiche più professionali, ho visto tanta partecipazione a questa gara a chi quantifica più likes e penso che, se non altro, possa creare informazione riguardo il concorso stesso e le possibilità che l’Università e l’odontoiatria offrono a studenti e non.

Mariana Palladino

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