Eccoci di nuovo con il nostro appuntamento settimanale dedicato alla musica classica! Questa settimana Quattroequaranta è andata di nuovo in avanscoperta… nel vero senso della parola! L’Istituto Superiore di Studi Musicali “Rinaldo Franci” ha infatti dato il via lo scorso novembre al Franci Festival, un ciclo di concerti che vedono la partecipazione di allievi e docenti del conservatorio, delle scuole convenzionate e delle istituzioni musicali del territorio.
Venerdì 17 febbraio è stata la volta di tre musicisti e docenti di eccezione: Luciano Tristaino (flauto), Gisbert Watty (chitarra) e Siegmund Watty (pianoforte), i quali hanno presentato un programma variegato. Hanno infatti accostato due opere di Bach (la Triosonata n 4 in Mi minore, BWV 528, per chitarra e pianoforte e la Partita in La minore, BWV, 1013 per flauto solo) a tre composizioni più che contemporanee, risalenti addirittura a meno di sei anni fa: il Trio di Anichini, Mediterranìa di Tortosa e Half Moon Bay di Reiner, tutti e tre per chitarra, flauto e pianoforte. Il concerto, in collaborazione con la Contrada della Tartuca, ha visto riempirsi l’auditorium del conservatorio di moltissima gente.
Perché questo accostamento tra opere così lontane tra loro come anno di composizione e stile? Lo stesso Anichini, presentatore del concerto, ci dà la risposta: l’intento è quello di compiere un microviaggio nella polifonia (stile compositivo che combina due o più voci, indipendenti tra loro ma regolate da principi armonici).
Il concerto è iniziato con un “fuori programma”: l’esecuzione dell’inno della Contrada della Tartuca arrangiato in forma di trio per violoncello, clarinetto e pianoforte, a cura di due giovani allievi del conservatorio e di Siegmund Watty. Poi è stata la volta della Triosonata (YouTube versione originale per organo) in tre movimenti: Adagio/Vivace, Andante, Un poco Allegro. Johann Sebastian Bach (Eisenach, 31 marzo 1685 – Lipsia, 28 luglio 1750) è il maestro della polifonia, detta anche contrappunto. In questa composizione si distinguono tre voci: nell’originale sono affidate tutte e tre all’organo, mentre nella trascrizione eseguita durante il concerto una delle voci era affidata alla chitarra. E’ strano sentire tre voci che si intrecciano e si separano continuamente, passandosi di volta in volta il tema come se fosse una palla.
Il secondo pezzo è il Trio di Antonio Anichini (n. 1962): quella di venerdì è stata la prima esecuzione italiana, perciò non ve lo posso far sentire. Ascoltare per la prima volta un brano di musica contemporanea è sempre un’esperienza fuori dal comune: all’inizio si cerca di capirlo, poi ci si rende conto che si è troppo ignoranti per apprezzarlo sul serio e quindi si rimane seduti con un grande punto interrogativo sulla testa. La tecnica del flauto, in particolare, viene completamente stravolta: la maggior parte delle note non sono nemmeno tali, ma sono fischi e soffi.
Segue poi la Partita in La minore di Bach (YouTube e Spotify) per flauto solo. Qui la polifonia è espressa dai salti della melodia dalle note gravi a quelle più acute: ciò dà l’idea delle due voci che sembrano quasi rincorrersi. Divisa in quattro movimenti (Allemanda, Corrente, Sarabanda e Bourrèe anglaise) è una delle principali opere per flauto solo, di una complessità tecnica assurda. Insomma, fare due voci su uno strumento che legge una sola chiave non è semplice…
Anche il terzo pezzo, Half Moon Bay di Thomas Reiner (n. 1965), è un brano di musica contemporanea. E’ simile a un notturno, ma la struttura melodica viene completamente stravolta. Dimenticatevi di Chopin, qui è tutto dissonante e assurdo. Infine abbiamo Mediterranìa (YouTube, suonata da loro!) di Juan Francisco Tortosa (n. 1960), una danza dal sapore mediterraneo, appunto, che non manca però di quale elemento tipico della musica contemporanea: si veda ad esempio la cadenza del flauto (parte virtuosistica di uno strumento solista che chiude la frase musicale cambiando di tonalità. In genere viene eseguita in fondo al brano o al movimento), che non ha niente di convenzionale.
Vi dirò una cosa: assistere alla prima esecuzione italiana di due brani fa uno strano effetto. Insomma, quei brani potrebbero entrare nel repertorio concertistico, e sapere di averli sentiti per primi… E’ un’esperienza strana, che non riesco a descrivere a parole. Sembra quasi di essere entrati nella storia della musica. Così doveva sentirsi, forse, chi ascoltava un brano di Mozart per la prima volta.
Alla prossima settimana!
Federica Pisacane