Final Fantasy VII: Un Anello tra il Vecchio e il Nuovo RPG

Abbiamo tutti almeno sentito nominare la saga di Final Fantasy, ma ben pochi hanno avuto l’opportunità di godersi i numerosi titoli nel corso degli anni e seguire dunque la lunga e controversa evoluzione del famoso RPG giapponese. Tra tutti i titoli, ho scelto di parlare del settimo capitolo – in quanto pare essere non solo il più venduto capitolo della serie (nonostante l’età!) ma anche quello che ha permesso alla serie di lanciarsi in Europa e in America, diventando di fama mondiale. E, dovendo scegliere tra tutti i titoli, ho preferito avvicinarmi a quello che più di tutti si lega al suo inesorabile passato e che, allo stesso tempo, continua ad essere felicemente (e stranamente) amato più di tutti.

La grafica e il comparto audio erano qualcosa di spettacolare per l’epoca, come lo restano tutt’oggi: certamente, se con gli occhi di adesso si va ad osservare FF VII per la prima volta, molto probabilmente ci strapperà un sorriso di pietà. Ma bisogna considerare il momento in cui questo gioco è uscito (1997) e quanto potesse essere estremamente nuovo, affascinante, innovativo, per chi lo osservava con un background che mai aveva avuto qualcosa di simile. Nonostante questi aspetti, probabilmente il punto forte di Final Fantasy VII è la storia: il tutto inizia entrando nei panni di Cloud Strife in un viaggio che lo porterà alla fonte stessa del suo essere, in missioni incredibili dove il destino del mondo penderà tra il protagonista e il solito ma carismatico Villain. In un mondo devastato in cui i problemi sono tutt’altro che pochi, si svolgono le battaglie dei protagonisti per cercare di recuperare sé stessi, di aiutare, ma anche di salvare quello che è il loro pianeta, cioè Gaia. È un mondo che non si allontana molto da elementi che conosciamo: un mondo in cui le risorse sono giunte al termine e dove la sopravvivenza si lega ad un’unica risorsa rimasta – la Materia, costantemente consumata e controllata da una grande Compagnia Energetica, la Shinra Inc. Questa Materia può però final-fantasy-vii-hddiventare un’arma pericolosissima, capace di mettere in rischio l’intero ecosistema e la vita dei cittadini, dunque la Compagnia nasconde dietro la semplice estrazione del materiale un diabolico piano per l’ascesa al Potere. Con questo Background vanno poi ad intrecciarsi le trame singole, legate ai personaggi, come per esempio quella di Sephiroth, il personaggio negativo, che attraverso la scoperta di sé stesso progetterà di voler pagare qualunque prezzo, oltrepassare qualunque limite, pur di stringere il maggiore potere possibile tra le mani.

Possiamo ammettere che la trama principale di Final Fantasy VII (gioco in cui la tecnologia è molto più avanzata rispetto ai precedenti capitoli e una nota più fantascientifica fa certamente sentire la sua presenza) ha qualcosa da condividere con grandi autori del genere come Frank Herbert, l’autore di Dune. Ed è, tra l’altro, un gioco che difficilmente si può terminare in una sola seduta – con le sue 40/50 ore di gioco (in linea di massima, per un giocatore di ruolo abbastanza esperto), FF VII lascia molto spazio all’immaginazione, seppur le possibilità del giocatore di influire sulla trama principale sia quasi del tutto assente.

Al giocatore sarà permesso fare delle decisioni tutto sommato secondarie, perché la storia principale è lineare e segue una traccia già prestabilita dalla complessità stessa del gioco. Una trama che non va assolutamente sottovalutata, in quanto esplora temi che non sono affatto semplici, né tantomeno banali: mettendo da parte la principale lotta tra il Bene e il Male, vi è anche il tema dell’influenza dell’uomo nel mondo e la percezione che si ha di questo, ma anche tanti altri elementi che (ahimè!) con la traduzione in inglese si sono spesso persi. Il fatto che il finale di Final Fantasy VII sia davvero ambiguo, aggiunge del mistero e del fascino al gioco, che certamente ha coinvolto e colpito giocatori in tutto il mondo.

Una cosa simpatica di Final Fantasy VII è il fatto che offra una serie di mini-giochi al suo interno, divertenti e non inutili, che anzi servono spesso per trovare degli oggetti rari, possibili da recuperare solo attraverso il completamento dei giochi stessi. Questi possono far perdere un bel po’ di ore dietro lo schermo, oltre il normale tempo di giocabilità citato poco fa. Ma, a parte questi, il gioco presenta un’ingenua àncora che lo lega al passato e che sicuramente potrebbe allontanare tutti i moderni giocatori di RPG che, abituati con esperienze come quella di Elder Scrolls o quella di The Witcher, non troverebbero motivo di un riavvicinamento al tanto amato Final Fantasy VII. Probabilmente per questo stesso motivo il gioco è stato poi convertito con degli elementi un po’ più “moderni”, conservando però una certa sensazione vintage a causa del mix mal riuscito tra vecchio e nuovo. Vorrei dire “Si sa”, ma purtroppo non è tanto ovvio: un gioco non si valuta dalla grafica né tantomeno dalla meccanica antiquata, quanto dalle emozioni che questo riesce a suscitarti. È possibile ammettere che, in fin dei conti, anche il divertimento vuole la sua parte, ma se ci si è disposti a chiudere un occhio, ormai con pochi euro Final Fantasy VII può ancora regalare qualche emozioni anche ai giocatori più recenti.

E, in conclusione, per quanti difetti questo titolo possa avere (a causa della sua anzianità), probabilmente per molti rimane uno dei migliori RPG mai usciti sul mercato mondiale, se non l’RPG in assoluto – in quanto legame tra ciò che vi era prima e fonte di ispirazione per tutto ciò che è venuto dopo.

 

Adria Necula

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