Filo Sound Festival: venerdì con Fask, Gazebo Penguins e Pinguini tattici nucleari

La serata di venerdì al Filo sound festival, nell’incantevole Cava di Roselle, si è aperta con i Pinguini Tattici Nucleari seguiti dai Gazebo Penguins e si è conclusa con i Fast Animals and Slow Kids. uRadio ha avuto la possibilità di intervistarli, ecco quello che ne è venuto fuori.

Fast Animals and Slow Kids

Partiamo dalla vostra provenienza, siete di Perugia e ci tenete sempre a farlo sapere. Pensate abbia influito nella vostra esperienza e in particolare per questo nuovo album?

Io penso che Perugia influisca sempre perché, indipendentemente da tutto, noi abbiamo scelto di continuare di vivere là, dove siamo nati, quindi il posto dove vivi e chi frequenti e le cose che fai nella tua quotidianità, soprattutto nel modo con cui noi ci approcciamo alla musica, che è un modo molto istintivo, puro, è alla base. Quindi dove vivi, quello che fai, chi incontri è poi la musica stessa. Quindi sì, il luogo dove viviamo influisce. Ci sarebbe da fare poi anche un discorso più ampio. All’inizio soprattutto avevamo un nome talmente complicato che spiegavamo bene tutti i dati anagrafici della band così almeno qualcosa rimaneva. Comunque l’ambiente musicale perugino è stato per noi molto importante.

Ora che siete passati all’aspetto più cosmopolita, con l’etichetta, che è una grossa etichetta, come vi trovate in questo senso? Cosa è cambiato da quell’ambiente più familiare ora che siete al centro di una etichetta con tanti altri grandissimi artisti?

Noi siamo entrati in Woodworm quando faceva ancora pochissimi dischi. Ci siamo entrati perché erano nostri amici e quindi questo senso della “grande etichetta” riferito a Woodworm ci fa parecchio ridere perché per noi sono sempre il Gallo e Andri. Andrea è tuttora il nostro fonico, il produttore dei nostri dischi insieme al bassista. Il Gallo è stato il nostro manager, il nostro tour manager e il nostro discografico. È tutto davvero in mega mega famiglia. Quindi sotto questo punto di vista la percezione della grande etichetta è da fuori, per noi è casa. Hanno gestito l’etichetta in maniera incredibile e professionale. Ci danno supporto sotto ogni punto di vista. Basta pensare al fatto che uno dei due soci è il nostro fonico, ciò vi fa capire.

Nel creare quest’album avete avuto libertà, come vi siete trovati nel farlo, cosa volete raccontare e cosa è cambiato?

Siamo assolutamente liberi. Pensa, noi registriamo in una casa di fronte al lago di Montepulciano, tra Chiusi e Castiglion del Lago e stiamo lì un mese. Uno cucina la pasta e l’altro intanto registra. Se non viene bene la voce, uno intanto va a correre e l’altro registra le maracas. La libertà espressiva è alla base. Oltretutto sei con una etichetta indipendente, allora perché sei con un indipendente se non sei libero di fare il ca**o che ti pare? Loro non pongono filtri di alcuna sorta.

In realtà noi componiamo sempre più o meno nello stesso modo. La musica per noi è terapeutica. Noi raccontiamo le nostre cosine del ca**o e le rielaboriamo. Quindi alla fine siamo molto istintivi. Se poi questa cosa è condivisa e condivisibile allora si crea il concertone, si crea la chiacchiera costruttiva, il confronto artistico. E devo ammettere che con questo disco e questo tour questa cosa si è ingigantita ancora di più. E questo tour sta andando super bene.

Vi fa piacere quindi che le persone si immedesimino in quello che scrivete?

Ma certo! Non per forza con la nostra visione, se qualcuno stravolge il nostro significato non siamo per niente gelosi. Ci sono persone che hanno capito l’esatto contrario di quello che volevamo comunicare e ci è piaciuta lo stesso! E’ ovvio che per noi, le canzoni che scriviamo hanno uno spazio, un tempo e un contesto ben definito ma per qualcuno questo spazio non esiste e ognuno le rielabora. Ed è questa la cosa più figa di tutte. Perché vuol dire che allora la musica ha qualcosa di universale. E quando questo accade è bellissimo.

Abbiamo parlato del vostro successo. Il mondo cosiddetto indipendente si sta fondendo con quello cosiddetto mainstream?

E’ tutto la stessa solfa, ragazzi. Bisogna reprimere questo discorso perché così si rischia di credere che esistano delle vie particolari per portare alla creazione musicale. Non produci musica indipendente o musica mainstream, produci musica. Comunica solo quello che hai in testa, quello che ti muove dentro. E’ questo l’unico filtro che ti interessa. Se la tua identità è forte, che tu sia major, indipentende, non conta nulla. Quello che conta è quello che ca**o sei te. Bisogna tornare alle origini, la musica e basta.

Nella prima parte dell’anno c’è un disco appena uscito che vi è piaciuto particolarmente?

Quello dei Culture Abuse, Peach, che è una figata.

Gazebo Penguins

Voi ormai fate musica da molto tempo. Ci chiedevamo se c’è un filo conduttore fra i vari album e se c’è un filo conduttore all’interno di questo album, Nebbia.

No, diciamo che ogni disco ha rappresentato per noi una storia a sé. Da quando abbiamo iniziato a cantare in italiano, con Legna, quello era un momento dove volevamo fare quella musica, cantarla in quel modo e soprattutto gridarla in quel modo. Poi è venuto Raudo che era legato ad altre tematiche. Legna era più legato al fuori, Raudo al dentro, alla familiarità della casa. Si parla tanto in quell’album di spostarsi, di tornare a casa. Quindi ha una sua atmosfera domestica e alienata per poi arrivare a Nebbia, che non è dentro e non è fuori. Come la Nebbia che è un po’ ovunque. Abbiamo voluto parlare nel disco della nebbia che è sia quella atmosferica, palpabile ed è anche quella che si prova quando non ci capisci un ca**o.

Voi vi sentite nella Nebbia?

E’ una ciclicità dalla quale non ti puoi staccare, torna tutti gli anni. Non riesci a staccarti dalla nebbia. Era molto nebbioso il periodo in cui abbiamo scritto questo disco ma in realtà ti accorgi che poi ne esci e ci ritorni dentro.

Tornando all’album, perché per voi Soffrire non è utile?

Quella canzone è nata da questa constatazione: ti può capitare la cosa più brutta, che per me è una cosa ma per te può essere un’altra e la vedi proprio nera. Poi magari ti ritrovi fra un anno, due, nella stessa situazione con la stessa incapacità di agire, con la stessa impotenza di fronte che non puoi regolare e allora tutto quello che ho vissuto, sofferto non è servito a niente.

Per quanto riguarda la parte tecnica, come lavorate agli album?

Per questo disco siamo partiti prima dalla composizione dei giri di batteria, poi alcuni accenni melodici e poi i testi arrivano sempre in seguito. Una volta buttata giù la melodia del cantato andiamo a riempirlo con i testi. Anche per la parte tecnica ogni disco ha la sua storia. L’ultimo l’abbiamo registrato tutti separati, tutto precisino.

Avete collaborato con altri artisti, ad esempio I Cani, vi hanno influenzato?

Questo disco è stato un percorso nostro. In futuro siamo sempre aperti alle collaborazioni, ma questo disco abbiamo voluto farlo solo noi. Con i FASK c’è una grande amicizia, vogliamo bene a tutti.

Pinguini Tattici Nucleari

Prima di tutto, Pinguini Tattici Nucleari. Perché?

E’ il nome di una birra, Tactical Nuclear Penguin, che alcuni nostri membri storici hanno trovato in un locale. E hanno pensato, non sarebbe un fantastico nome per una band?

In realtà all’inizio volevamo chiamarci gli Antonello Venditti, però era già preso e quindi abbiamo optato, dopo diverse discussioni che hanno portato quasi allo scioglimento della band a Pinguin Tattici Nucleari. Sì, in realtà volevamo chiamarci gli Antonelly Venditty, per bypassare il copyright però alla fine abbiamo optato per Pinguini Tattici Nucleari.

Voi con Antonello Venditti avete provato ad avere un trascorso, in teoria. Però cosa è successo?

Allora, non dimenticherò mai le sue parole quando gli abbiamo chiesto se voleva partecipare a una nostra canzone. Lui ha risposto con parole che ho tatuate dentro al cuore e che segnano la mia vita quotidiana sempre. Lui ha risposto “No.” Senza neanche grazie. In carattere 68, in mezzo al foglio. No.

Il vostro ultimo album, Gioventù Brucata, è nato grazie a un crowdfunding. Come vi siete trovati? Eravate anche disposti ad andare in giro per l’Italia. E’ una strada percorribile?

Ha funzionato, ci ha fatto conoscere tanti nuovi amici, tipo Giovanni dei Marta sui Tubi e i Selton che lavorano per Musicraiser e anche tanta nuova gente che si è appassionata al nostro progetto proprio grazie alla visibilità che ci ha dato Musicraiser. Poi, non funziona per tutti, nel senso che bisogna farlo nel modo corretto. Noi grazie al loro aiuto siamo riusciti a indirizzarla nel modo giusto. É una cosa che consiglio se alla band in questione piace la comunicazione con i fans, se piace avere un rapporto diretto altrimenti, se si è un po’ oscuri, si tende a non comunicare troppo e potrebbe non funzionare. Noi siamo estremamente aperti, ci piace avere un rapporto molto aperto, siamo molto rock n roll, non pensiamo a strategie di comunicazione, siamo così.

Musicalmente gli Elio e le Storie Tese sicuramente sono una componente importante della vostra musica.

A livello di influenze siamo abbastanza svariati. All’interno del nostro gruppo ci sono influenze diverse. Di sicuro gli Elio accomunano tutti quanti. Altrimenti litigheremmo sempre. E anche nell’ultimo album abbiamo provato a toccare diversi generi musicali, tutti è ovviamente impossibile.

Nel vostro album ponete una domanda, “Ci amereste anche se non fossimo perdenti?”, come vorreste vi rispondessero i fans?

Noi abbiamo fatto la domanda, la risposta sta a loro. Direi con un bacio con la lingua. Può voler dire sì, può voler dire no ma è sicuramente molto bello.

Secondo voi, come vedete cambiato il cosìddetto mondo dell’indie e se esiste ancora una effettiva differenza fra mondo dell’indie e mondo mainstream?

Molto complicato e scomodo rispondere. Di sicuro negli ultimi anni ci sono un sacco di soldi in più nell’indie e quindi le cose girano meglio. E quindi le cose girano un po’ più come nel mondo del mainstream. Ci sono un po’ di personaggi che hanno fatto il salto della quaglia e sono andati da una parte all’altra. La cosa che differenzia ancora, sono i posti come quello dove siamo oggi. Le persone che si mettono in prima persona tendenzialmente senza guadagnarci e si sbattono per far girare la musica che ci piace. E questa cosa nel mainstream non esiste. Nel panorama del cosìddetto indie esiste ancora ed è una cosa che mi piace assai. Siamo in un periodo di transizione.

Sta bene Rodger?

Sì, lui sta sempre bene. Anche se non lo vedo da un po’.

Nell’internet impazza questa cosa dei calendari di Elio. Riusciremo mai ad averli?

Ci stiamo pensando. Abbiamo contattato dei marketer e ci hanno detto che il calendario non si fa d’estate, si fa d’inverno per regalarlo a Natale alla zia.

Il vero problema non è Elio, lui non vede l’ora di fare il calendario, il problema sono io (Marco Ravelli, ndr) che devo fare le foto a Elio. Perchè dovremmo farne altre. Quindi dovrei andare di nuovo a casa di Elio e vivere un’esperienza che ho fatto molta fatica a dimenticare per fotografarlo semi nudo nel suo letto.

In realtà non c’è bisogno che Marco vada a casa sua perchè abbiamo già pensato a tutte le location (Riccardo, ndr).

C’è ad esempio Elio nello spazio, versione astronauta con il green screen, poi cavallerizzo e vigile del fuoco. Anche Elio – eschimese che pesca, tutto nudo. La nudità di Elio è molto importante per la nostra band, è un simbolo. Senza Elio nudo non saremmo qui, penso sia scontato. Un po’ come Kim Kardashian senza il sex tape che è uscito anni fa, non saremmo qui senza Elio nudo. Abbiamo pensato anche a un film un po’ hard, spinto, ma si vedrà. Stiamo ancora discutendo con il proprietario del cavallo.

Giulia Nicolini

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