Un’ occupazione pacifica: è questo lo slogan del mini ciclo d’incontri che i Baustelle hanno tenuto in alcuni atenei del centro Italia. La band di Francesco Bianconi, Rachele Bastreghi e Claudio Brasini, accompagnata per l’occasione dal chitarrista Andrea Faccioli, ha scelto proprio l’Università di Siena come ultima tappa di questo evento, che vedeva tra i collaboratori Robinson, la Repubblica, il Santa Chiara Lab e il Dipartimento di Scienze Sociali e Cognitive.
La risposta del pubblico, accorso numeroso nelle aule del Padiglione esterno del San Niccolò, è stata importante. Più volte lo stesso Bianconi ha tenuto a ricordarci che i veri protagonisti di questa giornata non fossero i Baustelle e le loro canzoni (definite “momento di puro intrattenimento“) ma noi, chiamati a riflettere e a confrontarci su un tema importante come quello del ’68.
A inizio incontro Bianconi, anche lui (ex) studente dell’Università di Siena, ha spiegato come oggi i giovani, grandi protagonisti di quegli anni ma anche oggetto di molte canzoni dei Baustelle, gli risultino muti, difficili da comprendere. Proprio da qui è nata l’esigenza di creare questi incontri, una sorta di grande assemblea collettiva allo scopo di favorire il dibattito e l’interazione.
A distanza di cinquant’anni cosa effettivamente ci rimane di quella stagione di grandi cambiamenti? Numerosi sono stati gli spunti di riflessione e gli interventi, sia a voce sia in forma anonima tramite WhatsApp e letti in diretta dal moderatore dell’incontro, lo scrittore Paolo di Paolo.
Tanti i temi toccati: dalla rivoluzione (ha senso parlarne ancora oggi? Come si fa una rivoluzione?), ai diritti sociali (la donna, il lavoro e la sessualità su tutti) fino ad arrivare ad argomenti più personali, riflettendo su come sia difficile ritagliarsi il proprio ruolo in questa società, che spesso tende metterci in conflitto gli uni contro gli altri, in uno scontro senza vincitori né vinti.
I vari interenti sono stati intervellati dalla musica dei Baustelle, che in sette pezzi, riarrangiati per l’occasione in chiave unplugged, hanno ripercorso la loro carriera, ormai quasi ventennale, con brani degli esordi come Gomma (Sussidiario illustrato della Giovinezza) e La moda del Lento (La moda del lento) , grandi classici, Le Rane (I Mistici dell’Occidente), La guerra è finita (La malavita) Il Liberismo ha i giorni contati (Amen), fino ad arrivare a pezzi più recenti come Il futuro (Fantasma) e Betty (L’ Amore e la Violenza).
Si è parlato, si è discusso, ci siamo confrontati e abbiamo cantato, ma in tutto questo, cosa ci dobbiamo portare dietro di questa giornata?
La memoria storica del ’68 è e deve essere un aspetto fondamentale della nostra società, nei suoi pregi e nei suoi difetti. Senza il passato non può esistere il futuro, nè, tantomeno, possiamo capire il presente. Comprendere questo passato, che di anno in anno si fa sempre più lontano e, di conseguenza, per noi sempre più nebuloso, deve servirci come lezione per le nostre azioni future, in modo da distaccarcene nella maniera più naturale e costruttiva possibile.
Anche perché, ce lo hanno detto pure gli stessi Baustelle
Che ciò che siamo stati non saremo più
Il passato adesso è piccolo
Ma so ricordarmelo
Leonardo Bindi.
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