Empatico equilibrio

Sul palco regna il silenzio. Lo scroscio di un telo di plastica legato ad un’impalcatura metallica è l’inizio della colonna sonora. Dietro si nascondono oggetti: una ruota di bicicletta, dei birilli, un’antenna di quelle che si vedono sopra i tetti, una postazione con strumenti musicali di ogni genere, perfino ciò che non ci si aspetterebbe. La scenografia dello spettacolo “Machine de cirque” rende immediatamente l’idea di un ambiente fuori dal normale, insolito e sconosciuto agli occhi degli spettatori. Noi di uRadio eravamo presenti alla conferenza stampa e allo spettacolo tenutosi al Teatro dei Rinnovati il 19 febbraio

Oltre l’evidenza

Un’ambiente che pare lontano, scevro di fronzoli superficiali, eppure risulta accattivante e richiama l’attenzione della platea. Uno ad uno poi entrano i protagonisti:

Guillame Larouche, giovane ragazzo dagli occhi chiari, imbellettato di camicia e bretelle quasi a voler simulare un’età che ancora non gli appartiene e che eppure indossa senza imbarazzo;

Samuel Hollis, texano di origine, alto e veloce, dalla mimica facciale talmente autentica da riconoscerlo anche dall’angolo più sperduto del teatro;

Laurent Racicot porta delle protezioni che gli coprono i polsi e parte delle mani, tasta così i tappeti del palcoscenico con cautela, quasi fossero cristalli;

Thibault Macé, francese di origine, il più estroverso della compagnia, sorridente e ironico, a lui appartiene la bicicletta dietro al lungo telo semi trasparente;

Philippe Dupuis, giovanissimo e incantevole, dalle braccia possenti capaci di far volteggiare nell’aria birilli e quant’altro.

Non parlano troppo, accennano di tanto in tanto qualche grido di incitamento per darsi forza, come a voler simulare una maratona che finirà e a cui tutti sperano di arrivare illesi.


E così, in mezzo ad un «les gars » e un «c’est parti », lo spettacolo ha inizio

Si animano gli ingranaggi, gira la ruota, i birilli salgono e scendono, loro si tendono le mani e salgono fino in cima al tetto dell’impalcatura, impugnando l’antenna e cercando invano di invocare un segnale che li metta in contatto con qualcuno. Vogliono fuggire da lì, sono in trappola, o meglio sono i superstiti in un mondo distopico, post-apocalittico e i loro tentativi di fuga oscillano tra il tragico e il comico, rendendo il ritmo ben scandito e mai scontato. Il tutto è patinato da un’aurea musicale scintillante, rintoccante nel dettaglio e nel movimento di spalle del giocoliere, i cui occhi girano insieme agli oggetti per aria.

La postazione con gli strumenti musicali è animata da un polistrumentista, la cui maestria e passione (per sua stessa ammissione non avrebbe potuto fare nient’altro che questo nella vita, “ho seguito me stesso”) si ripercuotono in una performance oltre che musicale, talora teatrale ed esasperata da smorfie di disappunto, genuino, per quei ragazzi che in fondo si stanno divertendo.


Come si pedala in 5

La prima parte dello spettacolo si focalizza sullo studio caratteriale dei protagonisti, presi “in disparte” e illuminati dall’occhio di bue sul lato del palco. Con gli occhi rivolti verso il punto di fuga della sala, ogni artista si spoglia di ilarità e gioia e da spazio a timori giovanili, più o meno comuni alla società odierna.

Chi cade vittima del proprio egocentrismo, e chi invece si richiude in un mondo tutto personale dal quale non riesce a svincolarsi; la musica tace, per poi intensificare i suoi toni drammatici e tagliare il respiro che riprende dopo l’arrivo degli altri compagni. In questo primo momento di riflessione, il “monologo” di Thibault, aiutato dalla sua amica a due ruote, svolge un ruolo cruciale ed essenziale per il coinvolgimento del pubblico. La sua costante ricerca di altro, di un aldilà in cui tornare e così per dimenticare e mettere un cerotto sugli errori del passato, risulta stancante, crepitante di angoscia.

Le pose che questo artista riesce a prendere sopra la bicicletta sono delle più disparate. L’inclinazione del veicolo non cede di scendere all’aumentare sonoro della batteria. L’arte, qui, prende forma dalle crepe del cuore, quegli anfratti luminosi che hanno smesso di splendere e bruciano anche di più ora che sono spenti. La condanna, però, non esiste in questo caso e se il teatro regala emozioni e un’ora e mezzo di svago dalla realtà, l’amicizia ne è la risposta. Piccoli aiutanti subentrano in scena e alzano il “malato” dal pavimento di legno per riportarlo al sole, curandolo prima che sia troppo tardi. Lo rimettono in forze perché torni a saper pedalare da solo, con le mani nelle mani dei suoi compagni.

È il ritorno all’essenziale, forse, la condanna che spetta agli uomini del domani: gli equilibristi del futuro.


NUDI

Il sorriso torna nella seconda parte dello show, in cui lo sketch degli asciugamani ballerini fa da padrone insieme a fondi schiena NUDI. Le bretelle e i pantaloni neri sono sostituiti da jeans e maglietta. I ragazzi iniziano a saltare su una panca, alternandosi in giravolte fluttuanti. Si parlano attraverso il loro linguaggio, dandosi segno di chi salirà nel cielo per primo. Lo fanno in modo che tutti capiscano, senza preoccuparsi di far entrare sconosciuti nel loro mondo. Alla fine, non può non essere che uno strascico entusiasta di applausi, visi soddisfatti e occhi ridenti.


Cos’è veramente machine

Machine de cirque si consacra come nuovo spettacolo frontiera del domani, in cui il tempo è donato senza fatica a giovani sani e simpatici. Comicità e maestria si stringono la mano sul palco dei Rinnovati… Che il sipario si alzi!


Sara Rocca

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