Di musica, di satira e di altre sciocchezze 

Il prossimo 3 giugno si concluderà la manifestazione musicale Rinnòvati Rinnovati, rassegna musicale che ha visto avvicendarsi sul palco artisti del calibro di Brunori Sas, Nada, Andrea Scanzi, Ginevra di Marco e Oscar De Summa. L’ultimo concerto in programma è affidato ai Tête de Bois che suoneranno dal vivo i brani del loro ultimo lavoro. In “Extra”, questo il titolo dell’album, i TdB tornano a lavorare sui testi del poeta e cantautore Léo Ferré. Per l’occasione, il gruppo romano sarà accompagnato da un ospite d’eccezione: il noto vignettista Sergio Staino, infatti, disegnerà durante il concerto degli acquerelli ispirati alle canzoni.

Raggiungiamo Staino per avere delle delucidazioni sullo spettacolo, ma inevitabilmente la conversazione devia verso l’attualità. In oltre trent’anni di carriera, Staino ha saputo interpretare la realtà che ci circonda e, con la punta della sua matita, ha mostrato i vizi e le contraddizioni del nostro Bel Paese. E noi di uRadio non potevamo non approfittarne per una lunga intervista.

Com’è nato il sodalizio artistico con i Tête de Bois?
Ho incontrato i Tête de Bois a Sanremo, durante il premio Tenco. Di fatto, un buon cinquanta percento degli artisti con cui ho collaborato, li ho incontrati proprio in questa bella rassegna. Ho avuto l’occasione di incontrare personalità di spicco come Michele Serra, Manara, Pazienza, solo per citarne alcuni. I Tête de Bois sono una band molto lontana dal mio pensiero politico, sono degli anarchici incorreggibili. Io, invece, mi definisco un anarchico riformista e appartengo, o almeno credo, ad un’area un po’ più responsabile (ride, ndr). Ad ogni modo, sul piano artistico ci siamo trovati molto bene e abbiamo iniziato questa collaborazione.

In cosa consiste lo spettacolo di mercoledì?
I Tête de Bois  presenteranno le canzoni di “Extra”, il loro nuovo album, mentre io cercherò di realizzare dei disegni. Nel loro ultimo lavoro, il gruppo romano ha deciso di lavorare sui testi del cantante e poeta Leo Ferré, un omaggio a quello che può essere definito il loro padre artistico.
Qualche tempo fa, avevamo realizzato uno spettacolo simile a Verona. I Tête de Bois  sono una band urbana, che si trova a proprio agio nelle piazze e nei luoghi dismessi. Per quell’occasione, mi avevano chiesto di accompagnarli con dei disegni e avevo realizzato delle vignette politiche.

In questo caso, la situazione è leggermente diversa. Ci troveremo all’interno di un teatro e sarà sicuramente uno spettacolo con una carica poetica fortissima, oltre a mantenere un grande livello musicale. Questa volta vorrei disegnare degli acquerelli, più difficili da realizzare rispetto a delle vignette, ma con una carica emozionale maggiore. Il disegno sarà proiettato da una telecamera in diretta durante il concerto. Mi piacerebbe realizzarne quattro o cinque tavole, anche se sarà piuttosto difficile a causa dei tempi ristretti.  Alla fine della serata, ci sarà una veloce asta che servirà per finanziare un festival dedicato alla fiaba, un interessante progetto promosso dai Tête de Bois.

Ferré ha passato gli ultimi anni della sua vita in Toscana. Lo ha mai incontrato?
No. E’ morto prima che potessi conoscerlo. Ho conosciuto la sua famiglia solo dopo la sua morte.

Lei ha sempre avuto un rapporto viscerale con la musica. Si riconosce nella musica di oggi? Ascolta ancora musica prodotta oggi?
Certo che ascolto la musica di oggi. La musica è carica di emozione, non si può rimanere senza. Ultimamente mi sta piacendo moltissimo Brunori Sas. Ritrovo in lui emozioni e sentimenti di altri tempi. Riesce a raccontare in modo semplice la realtà, descrivendone le sfumature. Inoltre, mi piacciono molto Paola Turci e Il Parto delle Nuvole Pesanti. Non è il caso di mettermi a fare un elenco, anche perché sarebbero troppi quelli da ricordare. Ad ogni modo, rimango sulla linea del cantautorato. Comprendo un po’ meno la musica pop commerciale, m’interessa meno. Preferisco le canzoni che cercano di mantenere una linea poetica forte: la parola deve sempre avere il suo peso.

Si riconosce nella politica di oggi?
In questo momento c’è una forte carenza di classe dirigente. E’ un problema che riguarda tutti i partiti e non solo la sinistra. Questa dittatura del capitale finanziario ci ha fatto perdere di vista i veri valori. La classe politica è il riflesso di questo sistema che ha prodotto dirigenti inadeguati, a parte qualche rara eccezione, e una classe politica affascinata dalla corruzione. Questa trasformazione si è estesa alla classe imprenditoriale che investe solo nel prodotto e non nel valore del lavoratore. La logica conseguenza è stata un grande appiattimento del mercato. Il problema reale è ricostruire i partiti, cioè creare una classe politica con un orizzonte preciso.  La sinistra deve avere il coraggio di fare delle scelte precise e chiare.

Lei era amico di Wolisky, vignettista ucciso durante gli attentati contro la sede di Charlie Hebdo. La satira, secondo lei, deve essere fatta su tutto?
La satira va fatta su tutto. Mettere dei limiti sulla satira equivarrebbe a mettere dei limiti alla poesia o al cinema. Si deve fare satira su tutto, ma bisogna tener conto dei modi. Bisogna, inoltre, non perdere mai di vista il pubblico a cui ci si rivolge: se fai satira su un giornale generalista devi sapere che le tue vignette potrebbero essere lette da vecchi e bambini, se fai il vignettista su Charlie Hebdo devi accontentare un pubblico che non si scandalizza e, anzi, vuole dei toni forti.

Gli attentati hanno cambiato il modo di fare satira? I vignettisti rischiano di autocensurarsi?
Gli attentati non miravano a colpire la satira, ma i valori dell’occidente e della rivoluzione francese. Hanno colpito loro solo perché speravano di avere una giustificazione per un gesto ignobile, ma sono stati smentiti dalla grande manifestazione di Parigi.

Ha dichiarato in una precedente intervista che esiste una “satira bella” e una “satira brutta”. Si spieghi meglio.
La “satira brutta” è quella fine a se stessa. Se propongo una vignetta con un insulto, aumento sono la rabbia e non ho dato nessuno spunto al mio lettore. La “satira bella”, invece, è quella nitida e pulita, che ti fa ridere o incazzare. La vera satira ti aiuta a una riflessione, mette l’accento su un punto che non avevi colto, distribuisce dubbi e stana gli opportunismi.

 

Beniamino Valeriano

 

 

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