Damon Albarn – “Everyday Robots”

Il nome di Damon Albarn si è nascosto dietro ad alcuni dei più importanti progetti musicali degli ultimi 15-20 anni. Blur, Gorillaz, The Good, The Bad & The Queen: questi sono i più noti, e da soli basterebbero a descrivere quanto grande sia stato l’apporto di Albarn alla musica più o meno leggera degli anni ’90 e dei 2000. Il musicista del Colchester non si è però fermato qui, e oltre ai progetti più disparati (tra cui la realizzazione dei libretti per due opere), ha intrapreso una carriera da solista di cui il qui presente Everyday Robots è l’ultimo parto discografico. Il nome Damon Albarn campeggia nudo in copertina, dettaglio questo importante perché rivela in parte quello che troveremo tra i solchi dell’album: probabilmente, il più intimo e personale dell’artista inglese.

L’angoscia della solitudine, aggravata dalla perdita di contatto umano causata dalle nuove tecnologie, è il tema generale di Everyday Robots così come di certa produzione dei Blur. La differenza è che oggi Albarn è un uomo di mezza età, e la prospettiva da cui mette a fuoco l’argomento è indubbiamente diversa, più matura e per certi versi più disillusa. Le sonorità del disco evidenziano proprio questa disillusione: abbiamo una intelligente ripresa di ciò che Damon ha fatto nel corso della sua carriera, venato di una certa malinconia generale, che solo in pochi episodi si attenua in favore di atmosfere più solari (Mr. Tembo). Ecco dunque che episodi come la title-track e Hostiles richiamano un certo trip pop, mentre nella appena citata Mr. Tembo troviamo richiami alla musica africana. Un brano come The Selfish Giant è invece una soffusa e delicata ballata pop, mentre la conclusiva Heavy Seas Of Love è un brano solare e dinamico, accompagnato addirittura da un coro gospel. Moltissime le influenze, dunque, che tuttavia risultano essere inserite coerentemente in un contesto in conclusione omogeneo; un po’ per la già citata malinconia di fondo, un po’ per la quasi onnipresente elettronica, Everyday Robots si rivela essere un ascolto piacevolissimo e scorrevole, nonostante le sonorità in apparenza molto distanti fra loro.

Damon Albarn, artista dalle innumerevoli sfaccettature, si presenta qui con il suo lavoro più personale e forse più sincero. Le sue moltissime esperienze musicali e la sua maturità sia artistica che umana convergono in Everyday Robots, e il risultato non può non convincere. Ci troviamo di fronte ad uno sguardo malinconico e disilluso sulla società contemporanea che, però, lascia spazio con l’ultimo brano ad un barlume di speranza: solo l’amore può salvarci. Ed, in fondo, questo disco non è che una grande dichiarazione d’amore di Albarn per la musica, la sua grande compagna di vita. Perché è questo che viene in mente ascoltando Everyday Robots. Un disco piacevolissimo che prende già al primo ascolto, in virtù di scelte sonore azzeccate che creano un’atmosfera personale e riconoscibile. Non sarà il miglior album scritto da Albarn, ma si merita di stare tra i primi posti della sua discografia, nonché tra quelli dei migliori album del 2014.

 

Giacomo Piciollo

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