Coldplay – A Head Full of Dreams

Ho ascoltato e riascoltato il nuovo album dei Coldplay, e dentro ci ho trovato un po’ tutto quello che mi aspettavo di trovarci: le grandi melodie, i cori da stadio, il piano, le chitarre, le collaborazioni, e così via. Tuttavia, un dubbio mi ronzava in testa: c’era qualcosa che mancava, anche se non riuscivo a capire cosa. E così, mi sono rimesso all’ascolto.

Prima, un po’ di storia. A Head Full of Dreams arriva ad appena un anno di distanza da Ghost Stories, quel disco molto notturno ed intimo, che esprimeva il dolore del frontman Chris Martin per la separazione da Gwyneth Paltrow. Il discorso artistico dell’ultimo nato in casa Coldplay, però, riparte direttamente dal discusso Mylo Xyloto, targato 2012. Le atmosfere, dunque, sono colorate e festose, e le sonorità ancora più pop.
Ciò appare evidente già dalla title track, posta in apertura. Cori da stadio e melodie allegre la fanno da padrone, per un brano che comunque si fa ascoltare e risulta tutto sommato sufficiente. La successiva Bird non è da meno, proponendo un andamento piuttosto gradevole, ma al contempo presentando linee melodiche tutt’altro che memorabili. Hymn For The Weekend è, probabilmente, uno dei brani più piatti e privi di verve della storia dei Coldplay: l’r’n’b non è evidentemente nelle corde di Martin e soci, e avere come ospite Beyoncé, per poi relegarla al ruolo di corista, e quantomeno insensato. Un po’ frastornColdplayati, si passa a Everglow che, quantomeno, riesce a difendersi con un andamento più vicino a quanto ascoltato in Ghost Stories, anche se la struttura complessiva del brano appare fin troppo ripetitiva. La sensazione è che un ritornello costruito su un diverso giro di accordi, avrebbe migliorato un brano che, comunque, risulta piacevole all’ascolto.

La mancanza di picchi emozionali si fa sentire anche nel primo singolo estratto, Adventure of a Lifetime: manca, qui, un momento memorabile, una variazione anche minima dell’andamento generale. Discorso valido anche per Fun, pezzo che dovrebbe essere una ballad costruita su atmosfere emozionanti ma che, viceversa, trasmette poco e nulla. Dopo il superfluo intermezzo di Kaleidoscope, arriva Army of One, pezzo tutt’altro che memorabile ma più gradevole dei precedenti due. Amazing Day dà il meglio di sé nelle parti strumentali, appiattendosi notevolmente quando la voce di Martin si prende la scena. L’altro intermezzo del disco, Colour Spectrum, introduce la conclusiva Up&Up: un brano dalla struttura e dalle atmosfere pop (ricorda, in certi passaggi, le sonorità dei One Republic), che convince e regala a questo album una conclusione più che sufficiente.

Dopo aver ascoltato per l’ennesima volta questo A Head Full Of Dreams, forse ho capito cos’è che gli manca: un motivo. Siamo di fronte a un album che ha un paio di buone canzoni (A Head Full Of Dreams, Up&Up), una manciata di brani sufficienti (Everglow, Army of One, Bird) e tanti, troppi passaggi a vuoto. Dispiace constatare come Ghost Stories, con le sue atmosfere notturne, abbia costituito solo una parentesi per i Coldplay: A Head Full Of Dreams è il perfetto successore di quel Mylo Xyloto che tanto fece discutere per la sua decisa virata pop. A confronto dell’ultimo uscito, quel disco sembra quasi rock, ma non è questo il problema. Pochi alti e un sacco di bassi caratterizzano l’ultimo nato in casa Coldplay, band che ha sempre fatto dell’emotività il suo punto forte (basti ricordare i loro capolavori), e che ha invece pubblicato un album assolutamente piatto, e non in grado di trasmettere niente, se non in pochissimi frangenti. Non è un problema di genere, affatto: qui mancano le canzoni. E un motivo.

Giacomo Piciollo

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