Il pugliese è colui che, pur abitando per anni fuori dalla propria regione, non perde mai la sua inimitabile cadenza. È impossibile che un pugliese non sappia parlare il proprio dialetto. È impossibile non saperlo distinguere. Così come è impossibile non avere almeno un pugliese nella propria comitiva. E se proprio nessuno dei tuoi amici è pugliese, uno di loro ha sicuramente la nonna di Barletta. Indagini Istat rivelano che, in ogni città universitaria del mondo, uno studente su tre è pugliese: è da questa inchiesta che è nato il celeberrimo verso “simu salentini dellu munnu cittadini”.
Ma cos’è veramente il pugliese? Addentriamoci in queste oscure materie informi e caotiche che sono i dialetti d’Italia per tentare di ricavarne un quadro leggermente più ordinato e nitido.
Il dialetto pugliese, così come tutti i dialetti d’Italia, non è una parlata compatta e uniforme. Anzi, anche più di altri dialetti, è composito e al suo interno vi è una netta bipartizione tra un dialetto propriamente meridionale che è il pugliese e un dialetto meridionale estremo che coincide col salentinu (che non è una variante del sardu). Mentre il pugliese in sé è molto simile a dialetti come il campano o l’abruzzese (“pare ca l sold se l’a da purta’ ‘nta lu chiavut”… tarantino o abruzzese?) il salentinu è assimilabile al siciliano e ad una parte del calabrese, per esempio nella pronuncia distinta delle vocali finali. Tant’è che persino gli spacciatori, generalmente prudenti e misurati nelle parole, al telefono non possono esimersi dall’utilizzo chiaro e forte delle vocali: “Ci ieni crai ti portu ‘na cosa” (“se vieni domani…”).
Se, quindi, il pugliese “del nord” tende ad annullare le vocali così da ricordare molto uno sproloquio in arabo, il salentinu le pronuncia, variandole però rispetto all’italiano. Per cui a Gallipoli sei nu pampasciune se non sai cosa vuol dire fare il giro di padella, a Taranto invece sei nu stuédc se non veneri la mitica Raffo e a Bari sei nu trmon se non sai arrzzà l pulp).
C n g’nama scì, sciamanin, c’nan g’nama scì, nan g’n scim scenn… turco? Yiddish? La mia coinquilina che si lava i denti? No, questo è barès!
Perché se il sardo è una lingua, il toscano un vernacolo e il romanesco una varietà a sé stante… “il barese è sicuramente uno stile di vita” (cit. un barese che ste a fà lu d chiù, cioè che se la crede). Inimitabile. Infatti, in uno stile fatalistico tutto loro da cui Murphy ha preso spunto, se ti dicono “Stai attento, ancora cadi” quasi sicuramente cadrai. Quell’ “ancora” sta per “c’è un alto rischio che tu possa…”.
Quindi anche in Puglia non mancano le varianti territoriali: vi sono il dialetto foggiano (che elimina le vocali), il barese (che ne ha qualcuna in più), il tarantino (che elimina molte vocali, ma ha anche varie affinità col salentino); ci sono, poi, anche minoranze linguistiche come l’arberesh e il griko, rispettivamente varianti albanesi e greche d’Italia. Chiù, moooc, mato’… ammazza, che bolgia.
Al solito, anche qui ci sono antagonismi ben evidenti. Difatti i leccesi riferiscono che basta prendere due cani (uno leccese e l’altro barese) per dimostrare la loro superiorità rispetto ai baresi. Mentre i due cani hanno l’osso in bocca si chiede loro da dove provengano: mentre quello barese risponderà “da Baaari” (da pronunciare con apertura di bocca livello ippopotamo) e quindi farà cadere l’osso, quello leccese rispondere “da Lécce” mantenendo l’osso. Non mancano, però, beffe anche tra piccoli paesi. Esemplare è l’ostilità tra coratini e ruvesi, per la quale i primi diranno “si propr nu ruves” (sei proprio un ruvese) se vogliono offendere qualcuno, proprio come fanno i livornesi con i pisani.
Quante volte i vostri coinquilini pugliesi vi hanno offerto i taralli? O i pasticciotti, sia classici che Obama? E le friselle? Se a un pugliese direte che non avete mai assaggiato le frise, loro ve ne metteranno un paio sotto al naso in men che non si dica (coi pomodori tagliati a dadini) giurandovi che quelle del suo paese sono le migliori della Puglia e neanche il paese vicino le fa così. Taralli, cozze e cime di rapa… questi sono gli alimenti con cui si identificano generalmente i pugliesi. Ma se pensi che in Puglia si mangi solo questo “si accam nu rizz vacant” (sei tutta apparenza e niente sostanza).
(Ringrazio Chiara, Federica de “Le Comari di Windsor”, Matteo e Nicola per la consulenza pugliese)
Ilaria Borrelli