Bevande coloniali e argenteria: un binomio secolare

A lungo sottovalutate, poi elevate a simbolo di mondanità, capaci di incarnare alla perfezione stili di vita, ideali, classi sociali. Quella delle bevande coloniali (Caffè, cioccolata e) è una storia emozionante, che trova nel Settecento europeo la sua affermazione nei salotti di tutti i borghi cittadini del Vecchio Continente.

Di questo e di altro ancora si è parlato ieri, martedì 16 giugno, al sesto appuntamento con il ciclo d’incontri Il nostro cibo, la nostra storia, il nostro futuro”, incentrate sul tema “Le bevande coloniali e l’argenteria italiana del ‘700”. Ospite dell’evento, tenutosi nel cortile del Rettorato dell’Università di Siena, è stato il professor Paolo Torriti, professore Aggregato di Storia dell’Arte Moderna e di Storia delle Arti Applicate e dell’Oreficeria presso Dipartimento di Scienze della Formazione, scienze umane e della Comunicazione Interculturale presso la sede distaccata di Arezzo, e Ilaria Pugi, del Master in Storia e Design del Gioiello.

Bevande coloniali, ma non solo: per l’evento è stata infatti presentata la Mostra dedicata all’argenteria italiana, che sarà possibile visitare fino al 31 ottobre presso la basilica di San Francesco, nel capoluogo aretino conosciuto come “città dell’oro e dell’argento”. Perché il ‘700? perché il rapporto tra bevande e argenteria? Sono queste le principali domande a cui il prof. Torrisi ha cercato di rispondere tra l’interesse generale dei presenti.

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La storia delle bevande coloniali inizia nel 1492, con la scoperta dell’America. Cristoforo Colombo approda nel Nuovo Continente e, fra le altre meraviglie, ha il piacere di scoprire ed assaggiare i frutti di una pianta sconosciuta. Si tratta del Theobroma cacao, pianta che suscita inizialmente tanto interesse quanto disgusto: Colombo e i suoi la trovano infatti decisamente troppo amara per risultare gradevole al gusto, e nei primi trecento anni dalla sua scoperta “europea”, viene indicata come semplice pianta medicinale, da ingerire in caso di bisogno.

È il Settecento che porta invece alla ribalta il cacao, così come il caffè e il tè (quest’ultimo con rilevante successo solo in Inghilterra e nel Nord Europa). Il Settecento è il secolo delle grandi rivoluzioni, della nascita di una nuova classe sociale che vuole la propria indipendenza dalle altre, quella borghesia capitalista che vorrà trovare i propri spazi, i propri simboli. Qui comincia la vera storia delle bevande coloniali.

Il cacao viene raffinato e zuccherato, si trasforma in cioccolata e diventa un must per la grande elité aristocratica europea, che si rilassa e si diverte. Il caffè, dalla sua, diventa l’emblema del lavoro, della carica necessaria a portare avanti l’economia capitalista: la bevanda ideale per la neonata borghesia cittadina. Discorso che arriva fino ai nostri giorni: “pensateci bene. Quando volete fare quattro chiacchiere con un amico, d’inverno, è più facile farlo davanti ad una bella tazza di cioccolata. Al contrario, se andate di fretta perché avete un colloquio di lavoro, non è più probabile che prendiate un caffè al volo?” le parole del prof. Torrisi in proposito.

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La moda divampa: nascono i primi caffè, locali mondani per chi cerca emozioni forti e dolci compagnie prima, luoghi di potere economico, politico e finanziario poi, in cui si discute e si prendono decisioni di ogni tipo. In cui si conversa amabilmente proprio davanti ad una tazza di dolce fumante.

Una bevanda così di moda, così costosa per l’epoca, necessita di un adeguato accompagnamento: ed ecco che arrivano le prime caffettiere, cioccolatiere e teiere in argento, come quelle esposte alla mostra a tema (40 esemplari totali provenienti dalle manifatture italiane più importanti dell’epoca -Stato Pontificio, Milano, Genova e Venezia-), che insieme alle bevande compongono un mix perfetto di classe e golosità. Un’importanza, quella data a caffé e cioccolata, sottolineata dai grandi pittori dell’epoca, che dipingono per il gusto di rappresentare il nuovo “nettare dei mortali”, con una bella “chicchera” (“tazzina”) di cioccolata o caffè in primo piano, davanti allo spettatore.

Un perfetto equilibrio di sapori e gusti, di storia e tradizione che ha avuto la scorza abbastanza dura da giungere integro fino ai giorni nostri, fino all’Esposizione Universale di Milano.

Andrea Coscetti

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