Arte e Cucina: quando l’appetito vien imparando


Nozioni d’arte e quattro salti in padella: mani fredde, stomaco caldo.


Annibale Carracci, Mangiafagioli (1584-85); olio su tela, 57×68 cm. Roma, Galleria Colonna.

Quanto è bella Siena con la neve? Un incanto.
Ma quanto freddo fa a Siena con la neve? Troppo.

Questi magici giorni hanno provocato in me due reazione completamente opposte. La prima di eccitazione pari a quella di una bimba di cinque anni che vede per la prima volta la neve. La seconda di “aiuto dov’é il mio piumone, voglio tornare a casa e sdraiarmi sul termosifone”.
In ogni caso i miei pranzi e le mie cene di questi giorni sono stati gli stessi che avrebbero servito in ospedale ad una nonnina morente. Brodini, zuppe, minestrine… Qualunque cosa mi scaldasse lo stomaco.

E allora visto che siamo in tema, o meglio visto che per altri giorni ancora non mangerò altro, ecco a voi un’opera e una ricetta perfettamente in tema.


La storia dell’opera

Stiamo parlando del “Mangiatore di fagioli” o “Mangiafagioli” di Annibale Carracci. Il dipinto realizzato intorno al 1584, fa giungere a noi sue notizie non prima del 1679 quando viene acquistato dal cardinale Lazzaro Pallavicini.

All’epoca, e fino a metà ‘900, non si era certi dell’appartenenza di tale dipinto al pittore. Essendo diverso dal suo stile principale, si era pensato fosse del Gobbo dei Carracci o di Bartolomeo Passarotti, che all’epoca realizzava dipinti dai soggetti vicini a quelli del Mangiafagioli. Ma tutta questione si è facilmente risolta con il ritrovamento del “quadrotto” preparatorio, firmato da Annibale, che ora si trova agli Uffizi.


L’opera

L’opera raffigura un popolano, in una taverna, mentre si sazia con cibi molto poveri. L’uomo è certamente un contadino, indossa abiti tipici del ceto, e un cappello di paglia per ripararsi dal sole. Davanti a lui, sul tavolo, troviamo pane, cipolle e una torta salata ai funghi. Ma ciò di cui si sta nutrendo, nell’esatto momento in cui facciamo irruzione davanti a lui, è una ciotola di minestra di fagioli.
È piena fino all’orlo di bianchi fagioli, cosa che ci fa capire che ha appena iniziato il suo pasto. Ma viene interrotto proprio da noi. Ci fermiamo davanti a lui e lo osserviamo. Lui, mentre è intento a imboccare il cucchiaio, ci vede. Ferma la mano a mezz’aria, così che il cucchiaio finisca con il far colare il liquido che contiene. E ci guarda con uno sguardo stupito, con la bocca ancora aperta.

Chi siamo noi? Chi è lui per noi? Siamo una visita gradita o spiacevole? Siamo entrati nella taverna apposta per lui o siamo seduti su un tavolino e lo stiamo guardando così intensamente da attirare la sua attenzione?

Sono tante domande alle quali non si può dare una risposta, ma se ci va, possiamo fantasticarci liberamente sopra.


L’origine

Torniamo ai nostri fagioli.

I fagioli sono uno degli alimenti più consumati al mondo e hanno un’origine molto antica. Per la loro proprietà di riacquistare freschezza con l’immersione nell’acqua essi, nell’Antico Egitto, erano considerati simbolo dell’immortalità e venivano consumati dai sacerdoti. Al contrario, tra i Romani, erano simbolo di povertà per via della loro abbondanza. Virgilio li chiamerà “vilem phaseulum”, poiché troppo comuni per essere consumati dalle famiglie illustri.
Cambierà del tutto la loro considerazione quando verranno importati, da Cristoforo Colombo, dall’America. Più grossi e succosi, diventeranno pietanza dei ceti più elevati. Ma la loro diffusione rapida li rifarà catalogare come “comuni”, e diventeranno un simbolo cristiano dell’umiltà nel Medioevo.
Sicuramente, se i nobili disprezzavano questo alimento e gli preferivano la selvaggina, i poveri ne attribuivano strepitose proprietà lenitive e afrodisiache. E di certo, si ammalavano molto meno dei primi.

In tema, vi propongo un piatto caldo e nutriente che vi farà sentire come il protagonista del nostro dipinto.


La ricetta

Zuppa del Contadino

Ingredienti per 4 persone:
500 g di mix di legumi (se comprati separatamente, 100 g per fave secche, fagioli borlotti e cannellini, ceci secchi, lenticchie secche);
50 g di farro;
Mix per soffritto (in alternativa, 1 carota, 1 sedano, 1 cipolla bianca, 1 spicchio d’aglio);
Brodo vegetale;
Olio etra vergine di oliva;
Sale e pepe q.b.


La realizzazione

Una notte prima (o 12 ore prima) mettiamo a bagno in un recipiente tutti i legumi e il farro. Trascorso il tempo, scoliamo i legumi e li risciacquiamo.

Prepariamo il brodo vegetale, con il dado o con le verdure lo lasciamo bollire.

Su una pentola procediamo con il soffritto aggiungendo all’olio caldo il nostro mix di verdure, sale e pepe.

Una volta giunti a doratura delle cipolle, aggiungiamo il nostro mix di legumi.

Mescoliamo bene e piano piano aggiungiamo il brodo vegetale.

Procediamo con la cottura finché i legumi non si saranno ammorbiditi. Ci vorrà circa un’ora e mezza, in pentola a pressione mezz’ora. Se vediamo che la zuppa si sta asciugando troppo aggiungiamo altro brodo.

 


Il risultato

Eccola pronta a scaldarvi lo stomaco.

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Buon appetito!


Chiara Bellemo.

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