Stanchi di opere già viste e lontane secoli da noi?
Oggi Arte e cucina vi propone qualcosa a passo con i tempi. Ma poi non lamentatevi se erano più “digeribili” le opere precedenti
Preparate lo stomaco e osservate.
Siamo di fronte ad una scultura di Anish Kapoor, che è probabilmente il più grande artista vivente al mondo.
Inglese ma di origine indiana, è nato a Bombay nel 1954 per poi trasferirsi, all’età di 19 anni, in Inghilterra per studiare arte. Nel corso della sua carriera artistica ha vinto più premi. Nel 1991 il Turner Prize, il più importante premio artistico, assegnatoli dalla Tate Gallery. Mentre, nel 2011 il premio Imperiale, che in Giappone viene considerato il “Nobel dell’arte”.
È famosissimo per le sue installazioni gigantesche nei cuori delle città, fatte di superfici riflettenti il paesaggio intorno, e per i suoi specchi che trasformano un lembo di terra in un angolo di cielo.
Ma oggi, ve lo presento con una delle sue opere un po’ meno…poetiche!
Questi tre “quadri” fanno parte di un’installazione temporanea che si è tenuta al Rijksmuseum di Amsterdam, e che ho avuto il “piacere” di vedere. Sono composti da stratificazioni di resina e silicone, e con le loro sfumature rosse e bianche evocano immagini di sangue e grumi di carne e muscoli.
Dico “piacere” perché sembra davvero di stare davanti a enormi animali scuoiati e smembrati. E a lungo andare questi quadri ti evocano anche una sensazione di rigetto dovuto alla puzza, che non c’è ma la senti perché il tuo cervello ti gioca contro, che evocano.
Ma perché si trovavano proprio in quel museo per una mostra temporanea? Perché volevano essere un legame con la tradizione pittorica dell’olandese Rembrandt. Come, vi chiederete? Eh, bella domanda.
Sono stati situati vicino ai dipinti di quest’ultimo, quali La sposa ebrea, I sindaci, Titus vestito da monaco e Autoritratto come l’apostolo Paolo. E vogliono essere una rievocazione dei temi come la violenza, il trauma e i disordini sociali e politici.
Sicuramente l’idea di violenza e di traumi queste membra squartate la definiscono bene. Ma per quanto riguarda l’affinità con i capolavori di Rembrandt resto un po’ scettica. Voi cosa ne pensate?
Trovo più coerente, invece, l’interpretazione mitologica di questa triade. Oltre ai dipinti dell’artista olandese, Kapoor ha fatto anche riferimento al mito di Apollo e Marsia. Quest’ultimo, un satiro, aveva sfidato il dio della musica con esiti nefasti. Fu così sacrificato per mano di Apollo che lo scuoiò vivo, a testa in giù.
L’episodio ci viene, dunque, evocato dall’artista attraverso la metafora della materia. La mano dell’artista non la guida per farle assumere forme armoniose, ma al fine di esprimere il suo lato più violento, caotico e primitivo. Il tutto lasciandoci un succedersi di cumuli sanguigni e di trasparenze nervose.
Ora, se dopo tutto questo scombussolamento di stomaco, avete ancora fame, passiamo ad uno spezzatino, questa volta reale!
Ingredienti per 6 persone:
– 1 kg di manzo a cubetti
– una cipolla
– una carota
– un sedano
– una scatola di pelati
– Rosmarino
– 1 bicchiere di vino rosso
– Olio
– Sale e pepe
Mettiamo a soffriggere in una pentola la cipolla, la carota e il sedano.
Aggiungiamo i cubetti di manzo, facciamoli rosolare e aggiungiamo il bicchiere di vino rosso e il rosmarino.
Aggiungiamo i pelati e lasciamo cucinare per 2 ore mescolando di tanto in tanto.
Serviamo ben caldo.
Buon appetito!
Chiara Bellemo.
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