A volte si ricevono cucuzze, ma fa parte del mestiere! – Intervista a Nicolò Carnesi

Incontro Nicolò Carnesi il primo sabato di Settembre: il caldo asfissiante e la quantità spropositata di zanzare che con una cattiveria inaudita infieriscono sulle gambe nude, su cui ormai non restano che misere tracce dell’abbronzatura dei mesi precedenti, sembrano volerti “regalare” qualche ultimo attimo di estate che rimpiangerai amaramente nei prossimi lunghi e interminabili mesi. Ci troviamo a Ponte a Cappiano, nel comune di Fucecchio (FI), in occasione del Mangiomusica Festival, durante il quale Nicolò si esibirà insieme a Cosmo. Il festival è una tre giorni musicale a cui hanno partecipato anche Paletti, Giuradei e i Diaframma. Dopo aver instaurato un rapporto di amore-odio con le zanzare che mi hanno tenuto compagnia durante il soundcheck, conosco Nicolò. Subito scopro che non si può proprio definire un estimatore degli aerei, anche se ne ha preso uno da poche ore per arrivare in Toscana da Cosenza, dove ha partecipato a Confusione – il Lucio Battisti degli anni ‘70, uno spettacolo a cui già da qualche mese prendono parte vari artisti, tra cui Alessandro Fiori, Appino, Colapesce, Dario Brunori, Dimartino, I Gatti Mèzzi, Roberto Angelini e molti altri.

Ciao Nicolò! Com’è andata la serata di ieri a Cosenza?

La serata è andata molto bene, sicuramente si è venuta a creare una bellissima situazione, anche perché prendervi parte in tanti ti fa andare sul palco più felice! Inoltre Battisti è per definizione nazionalpopolare, la gente canta e si diverte sempre durante questo tipo di manifestazioni! E in questo modo ti fa capire come sia bella la condivisione, lo stare insieme.

Un’altra serata a cui hanno preso parte moltissimi artisti della scena musicale alternativa italiana si è svolta pochi giorni fa a Milano (il Nuovissimo Canzoniere Italiano, che si è tenuto il primo settembre al Circolo Magnolia ), com’è stata?

Anche quella è stata una serata molto bella, per questo speriamo tutti di poterla riproporre anche in altre città.

Mi è piaciuta molto la volontà degli organizzatori del Nuovissimo Canzoniere Italiano di sottolineare che l’evento non si voleva presentare come “manifesto” della scena musicale italiana alternativa: tu cosa ne pensi?

Sono d’accordo. Non era neppure nei nostri propositi raggiungere uno scopo preciso, se non quello di far notare, di far vedere che le canzoni esistono ancora in Italia. Infatti queste sono state proposte nella maniera più classica: chitarra e voce o pianoforte e voce, in modo tale da dar spazio soltanto e proprio alla canzone e non al vestito che puoi dargli con un determinato arrangiamento. Forse sulla carta quattro ore di canzoni presentate in questo modo potevano risultare pesanti, ma in realtà il pubblico ha reagito bene, si è divertito. Se c’è qualcosa che può aver solo leggermente rovinato la serata è stata la pioggia alla fine. Ma posso affermare tranquillamente che è stato tutto veramente bello, sia per le persone presenti, che per noi che vi abbiamo preso parte.

Ci sono state delle collaborazioni?

No, tutti e trenta gli autori hanno presentato e fatto ascoltare tre proprie canzoni, sempre seguendo il proposito di rendere proprio le canzoni le protagoniste assolute della serata.

Cambiando argomento e parlando del tuo album (Gli eroi non escono il sabato, uscito l’anno scorso NdR), ascoltandolo mi sembra di aver individuato un filo conduttore che lo ripercorre tutto: sembra che le canzoni rappresentino una sorta di sguardo verso il mondo circostante, attraverso il quale scaturisce in proposito un tuo personale punto di vista, non tanto un giudizio ma un’osservazione, generalmente lucida ed obiettiva, relativa agli elementi sui quali si posa questo sguardo. E’ stata questa la tua idea di base? Ed è stato seguendo questo filo logico che hai scelto le canzoni da inserire nel disco?

Prima di far uscire il disco avevo pronte molte canzoni, ma ovviamente ho cercato di seguire un filo coerente nella scelta di quelle da inserire nell’album. Il risultato non è comunque un concept album, le canzoni non sono legate fra loro né armonicamente, né melodicamente, e neppure per quanto riguarda i contenuti; volendo in ogni pezzo possiamo trovare una storia diversa. Un filo conduttore c’è, ma c’è anche da dire che è venuto fuori in modo quasi automatico: quando scrivi canzoni in un determinato periodo della tua vita queste si collegano in un modo o nell’altro l’una con l’altra, e sicuramente uno degli elementi che le unisce è come dicevi tu l’osservazione della realtà in un certa maniera, senza giudizi né pregiudizi, ma fondamentalmente con leggerezza. In fin dei conti il dramma ha sempre una duplice faccia, e non puoi leggere la tragedia soltanto in una maniera. Io ho scelto una chiave di lettura diversa, quella dell’ironia, anche per raccontare cose che possono apparire drammatiche.

A questo proposito mi viene in mente il verso della tua canzone Forma Mentis, che dice “invece del petrolio non potrebbe finire la saliva”? …

Con un sorriso fai pensare. In passato molti grandi hanno comunicato in maniera diretta, e a volte anche abbastanza dura, ma a volte forse possiamo far capire qualcosa anche utilizzando toni più leggeri ed ironici. Per dire, se vuoi convincere un bambino a non comportarsi più in modo sbagliato, puoi utilizzare metodi che potremmo anche definire violenti, ma puoi anche proporgli lo stesso concetto in modo diverso ed alternativo, ottenendo lo stesso risultato. Credo che anche per quanto riguarda la canzone si possa fare lo stesso tipo di ragionamento, cioè render nota la tua opinione senza però permettersi di giudicare gli altri, e senza imporre il proprio pensiero.

Parlando ancora delle tue canzoni, in Levati canti “Levati di dosso quella noia quando è sabato sera, che il centro di Palermo non offre mai di meglio”: la scelta di citare questa città a cosa è dovuta?

Palermo è stata scelta soltanto perché è la mia città, perché sono cresciuto lì. Ma avrei potuto citare allo stesso modo Firenze o qualsiasi altra città. L’ho scelta perché io in prima persona ho vissuto quella precisa realtà, ma non c’è una critica nei suoi confronti. Palermo ha molti problemi che sono noti più o meno a tutti, ma in questo caso non hanno niente a che fare con la scelta di citare questa città all’interno della canzone.

Tirando in ballo però Palermo e la Sicilia in generale, mi sembra che attualmente stiano vivendo un periodo di particolare fermento, dimostrato anche dalla presenza di altri artisti e cantautori come te, Oratio, Colapesce o Dimartino, se vogliamo citarne alcuni. Potendo giudicare soltanto dall’esterno ho l’impressione che si stia sviluppando un ambiente particolarmente attivo per quanto riguarda la musica e gli artisti emergenti …

Probabilmente i lati negativi di una città, di un ambiente o di una realtà permettono la nascita e lo sviluppo di altrettanti lati positivi che spesso sono legati all’espressione. In Sicilia è sempre stato così, probabilmente da secoli. Anzi credo che più un posto è problematico, più riesce a tirar fuori qualcosa dalle persone. Queste si possono canalizzare nel male, ma anche, fortunatamente, nel bene.

Ciò di cui parli può quindi rappresentare una sorta di reazione?

Sì, è anche un modo per combattere, non è che puoi andare in strada a lanciare i pezzi di pane duro! Probabilmente il miglior modo di far sapere, di dire certe cose è utilizzare un mezzo per farle arrivare, e ognuno trova il suo. In Sicilia questo accade spesso: sicuramente c’è la voglia far capire che non è tutto come viene descritto e definito, ma che c’è anche molto altro.

Esiste quindi la volontà di andar contro ai luoghi comuni legati a determinate realtà, alla fine i problemi sono ovunque, no?

Infatti non a caso si lamentano un po’ tutti a loro modo, chi più chi meno. E questo a dimostrazione del fatto che evidentemente esiste un malessere più generalizzato, relativo al cuore della nazione e non soltanto a particolari aree d’Italia. Forse le regioni e le realtà più deboli ne accusano maggiormente le conseguenze, ma la matrice di insoddisfazione e di sofferenza è molto più ampia.

Ho un’ultima domanda per te, che è più una curiosità, per quanto riguarda la Sicilia: che cosa ne pensi della musica popolare tipica della tua regione?

Il termine “musica popolare” credo possa significare mille cose, e si può dire che anch’io, a mio modo e con un altro stile, faccio musica popolare. Se ti riferisci al folk, alla musica tipica della mia terra, ciò che conosco si lega ai ricordi delle canzoni che mi cantava mia nonna quando ero piccolo o ai concerti a cui assisto quando sono a casa. Ma sebbene non sia un “esperto”, secondo me anche nelle mie canzoni qualcosa che vi si riconduce c’è. E lo stesso vale per le canzoni di altri cantautori siciliani come Oratio, Dimartino, Colapesce: per quanto si tratti di un modo di esprimersi totalmente distante dal classico folk, se fai attenzione puoi avvertire una radice siciliana comune. Devi andare molto a fondo, ma io la sento. Molto spesso ad esempio la Sicilia è anche l’assurdo: se vai in Vucciria puoi vedere un tipo in motorino con un microonde dietro. Comunicando un’immagine del genere, chi non conosce quella realtà può pensare che l’autore del testo sia pazzo, o nel migliore dei casi che abbia una fantasia enorme. Ma in realtà sono cose che vedi per strada, e che quindi si ritrovano nei cantautori siciliani, non solo quelli di oggi, ma anche ad esempio in Battiato, nonostante lui poi si sia fatto contaminare da molte altre realtà e molti altri elementi. Perciò il folk e la musica popolare non possono essere rappresentati da … che ne so, la tarantella, ma possono a loro volta rappresentare anche un particolare modo di comunicare delle immagini.

Hai citato Battiato e mi è venuta in mente la cover di Bandiera Bianca che hai realizzato. Ti diletti spesso a cantare canzoni di altri: ce n’è qualcuna che non hai ancora fatto ma che speri di fare?

E’ vero, in generale mi è sempre piaciuto a riproporre le canzoni degli altri, quindi di solito se mi piace una canzone provo a rifarla a mio modo. Però è anche vero che non si finisce mai di scoprire canzoni, anche vecchie: ad esempio non conoscevo bene Battisti fino a un anno fa, quando ho iniziato ad approfondirlo. Ora è diventato uno dei miei cantanti preferiti e molto spesso nei miei concerti canto una sua canzone (Ancora Tu NdR). Magari domani ascolto una canzone nuova e potrei trovare una risposta precisa alla tua domanda, dicendoti “sì, questa è la canzone che vorrei fare”.

Il lungo tour che ti vede impegnato sta per finire. Hai già qualcosa di ben definito in programma per il futuro? Ci sono nuove idee per un nuovo disco?

Ci sto già lavorando, manca l’ufficialità della cosa, ma ho già in mente molto. Dopo le ultime date di settembre, in cui mi esibisco da solo,mi dedicherò soltanto al disco.

Qual è la differenza più grande che avverti quando ti esibisci da solo, rispetto a quando invece sei accompagnato da una band?

Suonare con la band è molto bello: innanzitutto perché hai l’arrangiamento per come l’hai pensato e per com’è nel disco, ma in particolar modo perché sul palco ci sono altri esseri umani con te, ti diverti di più perché comunque ti metti in relazione con le persone che suonano insieme a te. Dall’altro lato essere solo sul palco è altrettanto stimolante, ma può rappresentare anche un’arma a doppio taglio: puoi annoiare tutti oppure puoi creare un rapporto speciale ed intimo con il pubblico ed è bellissimo. In generale però in qualsiasi modo organizzi il concerto tutto dipende da come il pubblico si relaziona con te e da come tu ti relazioni con il pubblico e sarà sempre così. Il concerto è sempre un dare qualcosa al pubblico e sperare di ricevere altrettanto, a volte si ricevono pomodori, cucuzze, ma fa parte del mestiere, è una cosa che va messa in conto!

Abbiamo parlato di futuro, ma ampliando il raggio d’azione, qual è il sogno più grande che vorresti veder realizzato nel tuo futuro?

Al giorno d’oggi credo che ogni musicista sogni di fare il musicista, ovvero di vivere, di pagare l’affitto e fare la spesa, facendo musica. Non è la voglia di arricchirsi, non è la fama la meta da raggiungere. Forse questo può valere in altri ambienti, ma credo esistano altre strade per poter vivere di musica facendo cosa piace a te, senza in un certo senso snaturare ciò che sei e ciò che ti piace suonare e cantare. Per questo credo che l’aspirazione più grande per me sia quella di poter vivere di musica in tutti i sensi, anche quindi da un punto di vista economico, ma comunque poter vivere di musica in generale. Tra trent’anni mi piacerebbe vedermi ancora qui a suonare: questo vorrebbe dire che sono riuscito a fare quello che mi piace. Mi basterebbe!

Sembra un’aspirazione da poco ma in realtà …

E’ tantissimo! Trasformare la tua passione nella tua vita e quindi poter vivere di quella passione può apparire come un sogno o un’aspirazione quasi normale, ma non credo che sia scontata. Alla fine è un po’ il sogno di tutti, ma poterlo realizzare, specialmente al giorno d’oggi, non è cosa da poco.

 

A giudicare dall’atmosfera che si è creata al Mangiomusica Festival, Nicolò quella sera ha senza dubbio conquistato l’attenzione e il favore del suo pubblico, riuscendo a creare quel rapporto così intimo e speciale di cui più volte abbiamo parlato durante l’intervista. Certa che le cucuzze ricevute diminuiranno a vista d’occhio, non posso far altro che augurargli di prendere sempre più aerei e di poter realizzare il suo normalissimo ma al tempo stesso straordinario sogno.

Alice Masoni

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