#uReview: 48:13

Dei Kasabian si è fatto un gran parlare in questi ultimi anni. C’è chi li ha definiti una copia sbiadita di certi Oasis, c’è chi ha visto in loro la “new sensation” made in England, c’è chi li ritiene una band con del potenziale che però non ha ancora sferrato il colpo decisivo, il vero grande album.In effetti quest’ultima potrebbe essere la definizione più verosimile: nella discografia di Sergio Pizzorno & soci mancava un vero pezzo da 90. Usiamo il passato perché, se il tempo ci darà ragione, 48:13 potrebbe essere proprio questo.

Il disco si presenta in un modo che definire d’impatto è dire poco. La copertina, di un rosa davvero shocking, presenta la durata dei singoli brani e quella complessiva dell’album, che poi è anche il suo titolo: scelta singolare, senza dubbio caratteristica. Oltre alla veste grafica, 48:13 colpisce da subito per il fatto che è stato presentato dalla band come il proprio miglior disco. In verità, i Kasabian non sono nuovi a certi proclami, basti pensare a come fu presentato West Ryder Pauper Lunatic Asylum: il “disco perfetto”. Ma questa volta la realtà non sembra troppo lontana.

Si parte col botto, dopo l’intro (shiva), con bumblebeee, una clamorosa iniezione di energia rock. Già qui si rivela l’attitudine live del disco, con i cori che fin dall’inizio caratterizzano tutto il brano. Considerando che i Kasabian saranno gli headliners del Glastonbury Festival di quest’anno, la cosa non può che essere un fatto positivo. La quasi totalità della tracklist è composta di brani ballabili o comunque dotati di un ritmo trascinante, che in alcuni casi porterà la vostra testa a muoversi inconsciamente a tempo (citiamo come esempi il singolo eez-eh o explodes). I cali di tensione sono pochissimi, così come i brani meno riusciti. Si passa dall’esperimento stevie, che mescola archi e fiati con un andamento più tipicamente alternative, alle melodie trascinanti di treat, alla più lenta e comunque convincente glass. La parte finale di 48:13 risente dei ritmi forsennati del resto del disco, presentandosi un po’ più stanca e meno ispirata. È comunque una critica relativa al contesto, perché anche gli ultimi brani risultano decisamente validi: spicca, tra di loro, il già citato singolo eez-eh, vincente sotto ogni punto di vista. Si tratta di un brano decisamente dance, della dance anni ’90, che dura solo 3 minuti ma si stampa in testa dal primo ascolto. Forse l’highlight del disco, insieme a bumblebeee, stevie e treat.

La verità è che risulta davvero difficile scovare i brani migliori di questo album. Le prime 8 tracce più eez-eh sono efficacissime e trascinanti come poche. Le altre sono comunque ottimi brani. La sintesi di questo discorso è elementare: i Kasabian hanno tirato fuori un discone, poche storie. Senza troppi dubbi il loro migliore; solo il tempo ci potrà dire se rimarrà nell’olimpo dell’alternative degli anni ’10. Se serviva una prova per dimostrare il talento compositivo ed esecutivo della band inglese, ecco servito questo 48:13 su un piatto d’argento. È un disco che dimostra anche una personalità cresciuta rispetto agli altri lavori: certo, le influenze di Beatles e Oasis ci sono ancora, ma questa volta sono inserite in un contesto molto più originale, intriso di elettronica e ritmi travolgenti. Consigliatissimo.

Giacomo Piciollo

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