Un pomeriggio “anticonformista” da Wu Ming

Probabilmente la nostra generazione sarà poco avvezza a questo gruppo di scrittori. Per sicurezza, prima di iniziare, farò un breve sunto di quelli che erano prima (e sono tutt’ora) i Wu Ming.

Collettivo di collettivi

I signori Wu Ming (sei persone all’inizio, oggi cinque, tutte nascoste dal proprio numero identificativo, come quello di un’opera pop-art) erano prima facenti parte del collettivo bolognese del Luther Blissett Project (1994-1999), un gruppo di artisti/performer e scrittori underground figli della controcultura di quel decennio. Si professavano contro il sistema editoriale dominante, contro il divismo degli scrittori e contro il marketing stesso. Divennero poi Wu Ming grazia al distacco netto dal L.B.P con la prima opera del 1999, Q, un malloppone di quasi settecento pagine divenuto presso cult del decennio e bestseller stravenduto in Europa. I signori Wu Ming oggi sono proprietari di un blog/newsletter, Giap, di una fondazione, Wu Ming Foundation, e di un’officina di narrazioni, Wu Ming Lab. I signori Wu Ming sono diventati la controrivoluzione istituzionalizzata e mainstream. E questo già lo diceva nell’agosto del 2003 Massimiliano Parente sul Domenicale, il quale aveva deliziosamente preso in giro la loro stilistica e la loro provocazione rivoluzionaria“. Non a caso il Wu Ming 4 di oggi ha l’abito dell’imprenditore: camicia blu notte aperta sul collo, giacca nera ben azzimata, pantaloni a coste beige e spilla dorata.

Il vizio assurdo

E si può dire che come abbigliamento era forse tra i più eleganti della presentazione, tenutasi alla Corte dei Miracoli. Attorno a me la maggior parte era comodamente in vestiti casual, molto tranquilla, quasi annoiata. Sembrava un normale pomeriggio di cazzeggio, e in fondo lo era, anche se la presentazione cadeva il giorno del ventennale dalla loro prima opera. Prima della presentazione, a parte qualche interessato alla figura di Wu Ming 4 (all’anagrafe Federico Guglielmi) e alla New Italian Epic (roba da archeologia, insomma), la maggior parte della gente chiacchierava a gruppi o col proprio cellulare, o ciarlava del più e del meno su quello che, in gruppo o in chat, avrebbe fatto dopo la presentazione. E intanto cominciò il crepuscolo: il cielo era lindo; il clima non troppo fresco; gli alberi erano quasi in una culla di venticello, e respiravano. Perché a una certa l’ossigeno cominciò a mancare. Come un evento qualsiasi, in molti non si privavano di qualche birra presa al bar o di qualche sigaretta. Sigaretta che, essendo il vizio assurdo più apprezzato, aveva portato alla creazione di una cappa talmente irrespirabile che stavo vedendo la quercia del giardino un po’ in difficoltà.

Una cappa di socialismo utopico

Credetti di salvarmi dalla cappa di fumo entrando dentro la sala della presentazione, gremita fino all’assurdo. In realtà ero sempre in una cappa di fumo, ma al posto dell’esalazione della sigaretta mi toccò sorbirmi per due ore l’esalazione del comunismo russo, argomento principe del libro Proletkult (Einaudi, 2018), ultima opera del Collettivo. È la storia di uno scrittore-medico-filosofo-scienziato (e chi più ne ha, più ne metta), Aleksandr Bogdanov, il quale, davanti al fallimento della Rivoluzione d’Ottobre al suo decimo anniversario si lascia persuadere da un marziano a visitare Marte, la Stella Rossa, quella che un ventennio prima raccontò sotto forma di omonimo romanzo fantascientifico. Insomma, oltre a pubblicizzare l’opera di Bodganov (e a momenti sembra sia più interessante Stella Rossa che il loro Proletkult) per due ore la gente si dovette sorbire a livello cerebrale il continuo martellio di parole quasi “narrazione obliqua”, “letture naif”, “libertarismo”, “socialismo utopico”, “rivoluzione”. In pratica quasi tutti lasciarono il corpo in una posizione quasi meccanizzata, di pura ricezione auditiva senza reazione effettiva. Alcuni attorno a me stavano prendendo appunti, ma probabilmente erano redattori o studenti universitari col compitino da scrivere, quindi obbligati alla tortura. Inutilmente il presentatore del libro, anche lui provato dall’essere continuamente etichettato come “naif” dal signor Wu Ming 4, aveva tentato di irrobustire l’importanza del libro dando man forte all’idea di un “romanzo filosofico”. Non l’avesse mai fatto…

La sintesi dell’effetto “romanzo filosofico”

Verso la fine – Prima parte

In quell’istante vidi diverse persone sorridere incredule, mentre altre si erano lasciate andare un certo disappunto. Essendo praticamente una presentazione stile congresso del PCI, molti invece preferirono non farsi scorgere dall’autore. Forse temevano di metterlo in cattiva luce o di fare una figura pellegrina con i propri amici. Inutilmente alcune ragazze cercarono di vedere in quel romanzo qualcosa di complesso o di nuovo: la maggior parte delle domande ebbero risposte totalmente decentrate, o risposte che forse era meglio non dare a prescindere.

Verso la bir..la fine – Seconda parte

Verso le 19.30 non pochi si alzarono dalle sedie – forse per andare a prendere una boccata d’aria. Malgrado all’inizio della presentazione la sala era piena, con una ventina rimasti in piedi o appostate alle uscite, questi posti non vennero riempiti. Per finire il tutto (presentazione, propaganda del collettivo, elucubrazioni pseudo-filosofiche, domande “ad hoc”), il presentatore ci invitò a bere una birra e a passare a comprare il libro. Credo che molta gente abbia preferito il primo al secondo.


Niccolò Mencucci.

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