The War On Drugs – “Lost in The Dream” (recensione)

Nel 2011 i The War On Drugs davano alle stampe il loro secondo disco, quel Slave Ambient che, pur essendo ancora lontano dalla perfezione stilistica e peccando di una certa disomogeneità di fondo, conteneva elementi a loro modo innovativi e senza dubbio promettenti per il futuro della band americana. Il futuro oggi è qui, porta il nome di Lost in The Dream, ed è più roseo di quanto chiunque potesse immaginare.

Ascoltando le 10 tracce che compongono questo full lenght, si rimane inizialmente un po’ storditi. Addirittura, il primo ascolto può dare un’impressione, quella di una ripetitività generale, che è tuttavia destinato a scomparire. Già premendo una seconda volta il tasto “play”, il sound profondo e stratificato dei The War On Drugs inizia a dispiegarsi, in tutto il suo spettro diviso tra citazioni insospettabili e personalità luminosamente propria. La “base” dei brani è quella dei dischi precedenti: un roots rock che si manifesta soprattutto nelle linee vocali di Adam Granduciel, e che rimanda con la mente a immagini di strade interminabili che si perdono nelle distese americane. Ma, e sta qui la scelta che caratterizza tutto questo Lost in The Dream rispetto alle uscite di genere similare, il cantato è immerso in un contesto che nessuno si aspetterebbe: quello di uno space pop al limite della psichedelia, con tutti gli strumenti che, dotati di delay, producono una eco in apparenza infinita. Ed è così che certe linee melodiche alla Bob Dylan si perdono in atmosfere che talvolta richiamano i Dire Straits, talvolta i Killers, talvolta certi Pink Floyd (ascoltare per credere l’intro di Disappearing, in cui pare di sentire il buon David Gilmour alla chitarra), e in generale dimostrano una rara volontà, da parte della band, di osare accostamenti in apparenza stridenti, che vanno a dipingere un quadro assolutamente unico e personale.

Chi vorrà mettersi all’ascolto di questo LP, dunque, non abbia timore: qui non troverà un minestrone senza senso, ma l’esatto opposto, ovvero un disco in cui anime diverse della musica rock si fondono per dare il vita a canzoni epiche e ben scritte. Perché, e questo non va sottovalutato, di carne al fuoco in Lost in The Dream ce n’è parecchia. Tra gli episodi migliori, citiamo senza dubbio la ballad Suffering, in cui tutte le influenze citate concorrono a dar vita a un brano delicato, intimo ed emozionantissimo; oppure l’epica An Ocean Between The Waves, che riesce a mantenersi energica e coinvolgente per tutti i suoi 7 minuti di durata. Il pregio principale del disco è proprio qui, nelle canzoni. Non c’è trucco e non c’è inganno, tutti i 10 brani della tracklist (di cui la metà supera i 6 minuti di durata) sono dannatamente ben scritti. Ed è per questo che la noia, anche di fronte a soluzioni stilistiche tutto sommato molto simili, non sopraggiunge mai.

Cos’altro dire di questo Lost in The Dream? È un disco che ha al suo interno tutto ciò che un amante della musica, quella vera, dovrebbe cercare: coraggio di osare, citazioni (senza mai scadere nel plagio) dei grandi del rock e non solo, ma anche una proposta assolutamente personale e, dulcis in fundo, canzoni scritte, composte e suonate con ispirazione e competenza. Consigliato a tutti, anche a chi non è fan di certe sonorità, potrebbe ricredersi e in ogni caso apprezzare questo ultimo lavoro dei The War On Drugs: risulta difficile immaginare il contrario.

Giacomo Piciollo

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