Smashing Pumpkins – “Monuments To An Elegy” (recensione)

Una personalità come quella di Billy Corgan è in movimento perpetuo. Lo sanno bene i fan della sua creatura musicale, gli Smashing Pumkins, gruppo che ha cambiato forma innumerevoli volte nel corso degli ultimi anni. Da quel Mellon Collie And The Infinite Sadness, capolavoro riconosciuto della band, ne sono successe di cotte e di crude, con continui cambi di line-up e addirittura lo scioglimento nel 2000 (e la nuova nascita, 6 anni dopo). Insomma, Corgan quasi come Axl Rose: ma, ed è qui la differenza tra lui e il leader dei G’n’R, il suo gruppo non ha mai smesso di sfornare dischi. L’ultimo, in ordine di tempo, è proprio Monuments To An Elegy: un album che è un vero e proprio banco di prova, dopo che il predecessore, che risponde al nome di Oceania, aveva presentato alcuni spunti decisamente interessanti e che riportavano alla mente il glorioso passato della band americana. L’ennesimo stravolgimento nella formazione, con l’inserimento all’ultimo di Tommy Lee dei Mötley Crüe, non ha certo fermato Corgan: ma la sua ispirazione sarà ancora lì?

Ascoltando l’ultimo lavoro delle Zucche, ciò che salta subito all’orecchio è il pesante uso dell’elettronica, che relega un po’ in secondo piano le chitarre (comunque sempre ben presenti) e che però dona degli ottimi momenti, rendendo più moderno ed attuale il sound del gruppo. Provare per credere l’opener Tiberius, davvero trascinante nel suo incedere. L’elettronica sarà una costante dell’album, insieme ad una presenza davvero massiccia di melodie radio-friendly. Queste ultime non sono necessariamente un male: ad esempio, brani come Beige Beige risultano accattivanti e decisamente gradevoli. Il rovescio della medaglia è però rappresentato da alcuni passaggi a vuoto, come Run 2 Me, banale ed alquanto insipida. Il confronto con i vecchi brani in crescendo della band di Corgan (uno su tutti, il capolavoro Tonight, Tonight) è impietoso. Ma Run 2 Me è, probabilmente, l’unico vero scivolone di questo Monuments To An Elegy. Brani come Monuments o Dorian, seppur non memorabili, rappresentano due buoni esempi di cosa possono offrire gli Smashing Pumpkins degli anni ’10. Il primo è un pezzo che riporta in primo piano le chitarre, coadiuvate dagli onnipresenti sintetizzatori, per creare un’insolita atmosfera a cavallo tra anni ’80 e i primi lavori della band americana: con le dovute proporzioni, una sorta di Cherub Rock cotonata (passateci l’orribile immagine). La seconda è invece una canzone più melodica e leggera: qui le chitarre scompaiono quasi completamente, a favore della più volte citata elettronica: il risultato è comunque tutt’altro che spiacevole, e il brano si memorizza con una facilità impressionante.

Ed è proprio questo uno degli elementi caratterizzanti di Monuments To An Elegy: ci troviamo infatti di fronte ad un disco estremamente diretto, con alcune melodie ai confini del pop. Questo di per sé non è necessariamente un difetto, ma la grande semplicità di certe soluzioni potrebbe portare il disco ad annoiare dopo pochi ascolti. Il che sarebbe un peccato, perché la capacità di scrittura di Billy Corgan resta comunque sopra la media, e brani degni di nota sono presenti anche in questo disco: dalla già citata Tiberius, passando per Drum + Fife, fino ad arrivare alla conclusiva Anti-Hero. Melodie dirette ed elettronica, dunque, sono gli elementi portanti di Monuments To An Elegy. L’unica incognita che pesa sulla sua valutazione è quella della longevità, perché per il resto non si può negare la bontà della materia musicale qui contenuta. Corgan il testardo ha vinto ancora.

 

Giacomo Piciollo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *