Siete pronti per la rivoluzione?

Il 3 febbraio è uscito “Ho messo la sveglia per la rivoluzione” nuovo disco interamente di inediti de L’orso con una nuova formazione e un suono capace di spaziare dal rap a tonalità più elettroniche. Un disco che palesemente fa cogliere a chi lo ascolta la maturazione di chi ha scelto di non rimanere nel proprio ambito musicale, ma che ha voluto allargare il proprio concetto di musica arrivando a trovare in questo disco una propria identità sonora. Abbiamo intervistato Mattia Barro, la voce e prima ancora la penna capace di testi che proiettano in quell’ironia positivistica fatta di sentimenti e relazioni in cui l’agrodolce fa da padrone.
Parliamo della rivoluzione nel titolo del disco: di che tipo di rivoluzione stiamo parlando?
La rivoluzione di cui volevamo parlare ha tante sfumature in questo disco: partendo dal cambiamento della formazione a quella del suono. Quello che volevamo trasmettere al pubblico era che per fare una rivoluzione reale, c’è bisogno di una rivoluzione umana, personale, ripartire dalle cose semplici perché il cambiamento di se stessi incide non poco sulla società che hai intorno.

Nell’album riscontriamo sonorità che vanno dall’elettronica (Baader-Meihnof) a quelle di stampo più rap (Quello che manca, Festa di merda, Buoni propositi). Qual è stata la necessità che vi ha spinti a cambiare?
Dopo tante date, tanti anni di gavetta e tante ore in studio abbiamo acquisito la consapevolezza necessaria nella composizione a tutti i livelli e abbiamo trovato delle congruenze che prima magari faticavamo un po’ a trovare. Questa maturità ci ha portati a registrare in studio sapendo di poter arrivare a scrivere e comporre un pezzo in un certo modo. Il risultato alla fine era quello che inseguivamo da tempo.

In merito al tema dell’amore che in questo disco ha più piani di lettura, c’è una traccia veramente dedicata a qualcuno?

Il pezzo che ho scritto prima di tutti gli altri “Come uno shoegazer” è quello più autobiografico presente nel disco, un pezzo in cui c’è un “tu” ben focalizzato.

Passando al rap, dal quale tu proviene a cui in questo lavoro hai dedicato piuttosto spazio, qual è un rapper che negli ultimi tempi è riuscito a incuriosirti di più rispetto a tanti altri?
Sono un grande sostenitore di Mecna. L’ho conosciuto circa un anno fa e gli avevo chiesto di partecipare ad un nostro pezzo, poi lui ci ha chiamati a suonare con lui in una data e mi è piaciuto molto il lavoro meticoloso che siamo andati a fare per riarrangiare tutti i pezzi. È un rapper curioso dal punto di vista musicale in una scena, non solo quella rap, dove si è chiusi in un nazionalismo musicale senza mai uscire a vedere quello che c’è fuori. È un concetto con cui siamo andati a lavorare su questo disco: allargarci a più generi, ci sono quelli a cui è piaciuto il nuovo suono e quelli che invece sono stati più restii ad accettarlo, ma fortunatamente siamo cambiati, fossimo rimasti legati a quello che facevamo in passato sarebbe stato troppo facile, e a lungo andare ci saremmo annoiati. Abbiamo rischiato ed è andata bene, ma fosse andata male saremmo stati comunque soddisfatti perché non abbiamo fatto nessun compromesso, e questa è la prima cosa per me in un ambiente musicale indipendente.

Cosa si è andato ad aggiungere con i nuovi membri entrati nel gruppo? Cosa è cambiato nel vostro modo di intendere e di fare musica?

C’è stato un bel lavoro con i ragazzi nuovi e finalmente abbiamo una nostra identità musicale, ognuno ha portato la sua impronta: Omar ha un background molto americano, molte chitarre ed è un mago a fare i cori. Francesco ha portato una bella botta ai pezzi, è quello che dà spinta con la sua influenza punk anche se è cresciuto suonando il sassofono, Niccolò invece ascolta cose molto simili alle mie, è molto groove alla batteria. Tre mondi diversi che per L’orso hanno fatto molto bene. E la cosa positiva è mettersi lì e dare una forma ai pezzi che andremo a fare live, senza partire a testa bassa come poteva capitare in passato. Cambiando musicalità cambia anche l’approccio che devi avere quando vai a suonare di fronte ad un pubblico. È uno sbattimento ma è necessario, se hai delle ambizioni la musica diventa sacrificio.
Riguardo alla parte video, come ci avete lavorato e chi sono i ragazzoiche gli hanno girati?
Volevamo dare ai video una loro dignità online, dato che buona parte dei brani vengono ascoltati e vissuti lì rispetto a quanti comprano il disco. Era fondamentale mettere più cura su quello. I video di “festa di merda” e “quello che manca” sono stati realizzati dai Broga Doite, dei ragazzi pugliesi che stanno a Torino a cui abbiamo dato i pezzi chiedendo loro di raccontare e carpirne il significato in una sola situazione, e secondo me ci sono riusciti, è stato bello poter collaborare con loro. Gli altri due sono stati montati, scritti e diretti da me. In quel caso volevamo delle situazioni più che un gesto solo.

Nei live ci saranno elementi d’orchestra o sarete solo voi della band sul palco?
Abbiamo deciso, salvo qualche ospite, di essere solo noi della band dato che per la prima volta non dobbiamo ricorrere ad altri elementi per colmare quello che avevamo fatto in studio. Nell’attitudine saremo più rock, ma fedeli al disco, stiamo anche riarrangiando i pezzi vecchi in una nuova veste.

Grazie per essere stato nostro ospite Mattia.

Grazie a voi.

 

L’intervista sarà trasmessa nella puntata di questa sera de L’intonarumori.

Francesco Folletti

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