Pirati dei Caraibi: quando un film fa acqua da tutte le parti

La pellicola non è una cannonata, anzi:

più cannonate l’hanno fatta colare a picco.


Oramai è facile sparare a zero su Johnny Depp. S’è prestato a ogni tipo di critica da quando ha iniziato a girare con i denti in marcescenza che nemmeno il peggiore dei pirati e la panza di chi la fabbrica di cioccolato la frequenta parecchio. Da quando è uscito fuori che questa cosa che sembrava sempre brillo non era tanto una prova delle sue capacità attoriali quanto una prova di resistenza per il suo fegato, diciamo che ha perso credibilità, ecco.

Anche molti dei suoi ultimi film sono dimenticabili: The Tourist, tanto per direè l’anello di congiunzione tra la pubblicità di una crema antirughe e una puntata di Un posto al sole (e ha la stessa carica adrenalinica di un discorso di Piero Angela sulle monere). Bisogna dire che almeno lì ha un ruolo un po’ diverso dallo standard “bello e tenebroso con lo zigomo gonfio” cui si adatta nel resto delle altre produzioni, tanto che uno inizia a chiedersi il perché della trasformazione in Gabriel Garko.

Quando ho letto dell’uscita di un nuovo capitolo della saga Pirati dei Caraibi ho pensato che, siccome sta interpretando Jack Sparrow in tutti i film in cui mette il naso, questo non poteva che riuscirgli bene. E in parte questo è vero, va detto: ma questa cosa che si senta così compreso nel personaggio del violento e disgraziato ubriacone inizia ad essere inquietante.

Il film somiglia da vicinissimo ai precedenti quattro, il che potrebbe non essere un male, dato che La maledizione della prima luna è una bella pellicola. Il problema è che qui la maledizione ha colpito il girovita di Orlando Bloom e la luna ha preso in testa il regista, il quale ha riciclato un’eredità importante inserendola malamente in un quinto capitolo evitabile, prevedibile, banalotto. Ma andiamo con ordine.


Houston abbiamo un problema: la nave sta affondando

1) La trama: è sottile quanto un braccio di Angelina Jolie e ci viene spiattellata nella prima metà del film da una strega calva che ha tatuato sul cranio una specie di elettroencefalogramma – non piatto, a differenza del resto del lungometraggio. Per dare corpo a una narrazione che altrimenti sarebbe durata quanto lo spot dei bastoncini Findus, vengono aggiunti momenti che sembrano usciti dai cartoni Looney Tunes: tra le altre amenità, ricordo di una banca trascinata da una decina di cavalli (avete letto bene: amici senesi, non sapete cosa fare dei cavalli e dei fantini esclusi dal Palio? Portate MPS in Svizzera!), di Sparrow che ruota attorno a un misterioso perno insieme ad una ghigliottina, di combattimenti farseschi che non trovereste nemmeno tra le scene eliminate di Xena – principessa guerriera.

2) La povertà dei personaggi: Jack Sparrow è oramai la parodia di se stesso, tipo le barzellette di Pierino per cui sai già che combinerà qualcosa di madornale ma che gli andrà bene lo stesso, senza che si capisca perché. Non è la cosa peggiore: nel film compaiono un ragazzo coraggioso e una ragazza intelligente, che prima si cercano, poi si lasciano, e indovinate con quale colpo di genio finirà la storia. Non può mancare anche qualcuno alla ricerca di un padre misterioso – nel caso la ragazza – e qualcuno che cerca di salvare il proprio genitore – nel caso il ragazzo . Ho già detto che è molto originale? Il cattivo della storia è in realtà uno che ha visto di sfuggita una volta sola Jack Sparrow, tra l’altro quando questo aveva praticamente i denti da latte. Mah. Ricompaiono anche Orlando Bloom e Keira Knightley, il primo a ricordarci che la vita con Katy Perry è sfiancante, la seconda che le ossa nel corpo umano sono 206.

Oltre i confini del mare del cattivo gusto

3) I dialoghi: capisco l’esigenza di far ridere (in effetti il contesto fa abbastanza piangere) ma le battute becere giocate sulle parole “poppa” e “prua” sinceramente erano evitabili, e trascinano di peso dai Caraibi ai set dei cinepanettoni di Boldi.

4) Gli effetti speciali: leggo che la post-produzione è durata circa un annetto. Possibile che in tutto questo tempo non siano riusciti a realizzare dei trucchi digitali convincenti? Per dire, i capelli del cattivo di turno – uno sprecatissimo Javier Bardem – svolazzano qua e là dotati di moto proprio come quelli della Ferragni nella pubblicità della Pantene. Quando questo attraversa le superfici, fa rimpiangere per la qualità delle scene i telefilm fantasy anni ’90 come Buffy o Streghe (e ho detto tutto).

Quando la qualità va in vacanza (ma non ai Caraibi)

Insomma, non so se s’è capito, ma il film mi ha convinto molto poco. Sembra messo assieme alla bell’e meglio ma con un budget stellare, realizzato da peracottari con i milioni che hanno preso un progetto – anche affascinante – iniziato quasi 15 anni fa e l’hanno colpito e affondato.

In questo naufragio cinematografico, però, una cosa si salva ed è la colonna sonora, in particolare il tema musicale della saga. All’uscita, durante i titoli di coda, più o meno tutta la sala stava canticchiando imbarazzata tan-ta-tantattattara, che è già qualcosa per un film che barcolla quanto Johnny Depp al quarto mojito.


Mattia Barana 

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