Pane, amore e identità – Cibo e cultura di contrada

Stasera avete ospiti. Immaginate di dover organizzare una cena per alcuni amici. Correte a fare la spesa, scegliete con cura gli ingredienti. Preparate le pietanze: date calore a profumi che v’impregnano casa, facendovi venire l’acquolina in bocca. Ultimo assaggio, perfetto. È pronto.
Beh, ma quasi quasi stasera si cena in giardino; si sta così bene. Sistemate fuori, come deciso e attendete. Un po’ di frenesia c’è, inutile negarlo.
Magari non siete perfezionisti, ma ci tenete comunque a fare bella figura. Piccoli accorgimenti, un buon vino, il calice giusto. Luce soffusa.
Perfetto.
Ecco: il campanello.

 

Cos’è la cucina se non questi brevi attimi, impercettibili, che però rendono un pranzo o una cena qualcosa di magico?! La cucina non è solo l’arte di saper fare, ma anche quella di condividere un momento prezioso, quotidiano eppure fondamentale, del sentirsi complici e sereni a tavola.

Se n’è parlato ieri, 19 giugno, in quella che il Prof. di Storia Medievale presso il Dipartimento di Scienze storiche e dei beni culturali, Duccio Balestracci, ha voluto definire una “non-conferenza” sull’identità culinaria, con particolare attenzione alla cultura di Contrada. Settimo appuntamento, questo, con il ciclo “Il nostro cibo, la nostra storia, il nostro futuro”, sempre nel cortile del Rettorato dell’Università degli Studi di Siena.

Expo pane 3

Il Prorettore Prof. Francesco Frati ha parlato, come di consueto ormai, del cibo, ma sempre dal punto di vista di “chi fa ricerca”, andando, però, questa volta, a inserirlo in una cornice più caratteristica, come quella della tradizione senese.
Tradizione che è stata rappresentata egregiamente dalla presenza del Rettore del Magistrato delle Contrade, Andrea Viviani, che, sottolineando piacevolmente il recente riavvicinamento tra università e contrade, ha ribadito quanto sia determinante il ruolo delle stesse all’interno di una città come Siena, non solo per la vita godereccia e goliardica, ma anche e soprattutto come “volano dell’economia cittadina”.

 

Grazie alle contrade, c’è da dirlo, ribadisce il Prof. Balestracci, Siena sarebbe un “borgatello” qualsiasi, una città anonima.

Ma la convivialità è solo un modo per “far casino”? Questo, ma non solo. Mangiare insieme, condividere un pasto, un momento, un calice di vino, costruisce la nostra identità. Identità che in contrada si consolida, vivendo la comunità e evitando accuratamente di parlare al singolare, non esistono “io”, ma solo “noi”.

E solo insieme si dà respiro nuovo alla fantasia, alla creazione di qualcosa che rappresenta noi stessi, all’eccellenza come capacità di fare ed amare, ha spiegato il Prof. Pietro Meloni, antropologo. Perché il cibo non è solo nutrimento, ma anche una squisita combinazione di estetica ed arte. Inoltre, ognuno ha il diritto di essere presuntuoso; quante volte abbiamo pensato di una pietanza: “come lo cucino io… nessuno mai”?!

Expo pane 2

Il cibo si muove, si sposta, cambia. Si parla di globalizzazione; forse, però, andrebbe specificato “di ciò che ci piace”. Le identità gastronomiche autoctone, invece, restano: non possono essere eliminate o sostituite. Ed è il piacere di tramandarle nel tempo, di rendere il cibo inclusivo e non esclusivo, a definire ruoli e partecipazione all’interno di comunità come le contrade.

 

È proprio l’inclusività, peculiarità del cibo, a dare forma alla società. A parlarne, erano presenti anche i priori delle contrade Selva, Pantera e Giraffa, i quali hanno posto l’attenzione su aspetti differenti, ma non diversi, delle loro occasioni conviviali. La Pantera lamenta di non avere spazi verdi, ma vanta il “Pantechef”, una rivisitazione contradaiola del noto programma “Masterchef”; la Giraffa pone l’accento sui momenti di condivisione come costruzione; la Selva sottolinea l’aumento delle adesioni in queste occasioni, rispetto al passato. D’altronde, il piacere di mangiare, unisce anche i pareri più contrastanti.

 

Il Prof. Balestracci, nicchiaiolo, conclude, dimostrando grandi capacità d’oratore, con non poche lodi alla vita di contrada (“forse esagero, ma sono così felice d’esser senese”), il discorso intorno allo stare insieme che fa identità: rigore, misura e serietà. Ma anche e soprattutto passione.

 

Mariana Palladino

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