Noah Gundersen – “Carry The Ghost”

Al giorno d’oggi, grazie ad internet e alle moderne tecnologie, possiamo venire a conoscenza di una quantità di artisti che 20 anni fa sarebbe stata inimmaginabile: scoprire nuova musica è un’operazione ormai semplicissima. Forse, fin troppo semplice, visto che cantanti e band di valore rischiano di rimanere impantanati in questo mare magnum di nomi ed informazioni. Noah Gundersen potrebbe essere considerato esempio perfetto di questo stato di cose: il cantautore di Seattle non è certo famosissimo, eppure ha alle spalle una produzione discografica già consistente (6 fra EP ed LP, a soli 26 anni, senza considerare i lavori coi suoi The Courage), nonché di ottima qualitàNoah Gundersen 1. Carry The Ghost è l’ultimo di questa serie, e si presenta come il disco più completo e temerario di Noah, che non ha paura di sperimentare soluzioni per lui inedite.

Ma che genere di musica fa, questo ragazzo americano? Si può facilmente parlare di una riuscita commistione fra indie, folk e melodie pop: una formula che ha reso grandi artisti come Damien Rice. Ed in effetti i lavori di Gundersen (almeno, i primi tra loro) hanno un certo flavour che non può non ricordare il cantautore irlandese: tra tutti, citiamo l’EP Family, ad oggi senza dubbio il suo miglior prodotto.

Con questo Carry The Ghost, Noah cerca di cambiare le carte in tavola, mantenendo il suo stile, ma introducendo tutta una serie di novità, che contribuiscono a rendere l’ascolto davvero fluido e piacevole. A brani come Selfish Art e Topless Dancer, più simili alla precedente discografia grazie al binomio voce-chitarra e alle atmosfere acustiche e dimesse, si affiancano interessanti variazioni sul tema. Prendiamo, ad esempio, l’utilizzo di strumenti che per Gundersen non sono del tutto inediti, ma che non sono mai stati così al centro della scena: il pianoforte di Slow Dancer e Blossom, o la chitarra elettrica di Jealous Love e Halo (Disappear/Reappear). Il ragazzo di Seattle è decisamente più maturo, dal punto di vista compositivo, rispetto agli esordi: e dunque non ha paura di osare, presentando brani meno intimi e composti per un’intera band. È il caso di Heartbreaker, in cui compare anche un emozionante guitar solo, nonché un crescendo finale davvero trascinante.

Ciò nonostante, le atmosfere di Carry The Ghost sono, come ormai da tradizione per il Nostro, molto tristi e raccolte: Noah è perfettamente a suo agio con un linguaggio espressivo del genere, e riesce a comunicare sensazioni forti, vive, che non possono lasciare indifferenti.Noah Gundersen 3 Il suo ultimo disco prosegue su questa linea, grazie ad una serie di fattori: in primo luogo, i brani qui contenuti sono composti e suonati con trasporto e maestria, e sono ricchi di melodie a dir poco bellissime. Esse risultano essere vincenti anche grazie alla voce del singer americano, e alla sua grande capacità interpretativa. Last but not least, i testi: dalla penna di Gundersen escono racconti ricchi di immagini e metafore, storie sulla solitudine, sull’amore e sulla ricerca di una casa, davvero ben scritte.

In definitiva, Carry The Ghost è un disco difficile da non consigliare. Si tratta di un lavoro pieno di sincera ispirazione e di belle canzoni, in grado di emozionare davvero chiunque. Noah Gundersen è ormai un artista poliedrico e maturo, che riesce ad esprimersi in linguaggi molto più vari rispetto al passato: e la sua ultima fatica è qui per testimoniarlo. Dategli una chance: potreste scoprire un cantautore che, nel mare magnum che dicevamo prima, meriterebbe davvero di spiccare.

 

Giacomo Piciollo

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