LOST&FOUND: "It's Alright" – Yoko Ono

VICENDA: L’8 dicembre 1980, a New York, John Lennon venne raggiunto e ucciso da quattro colpi di pistola sparati dal venticinquenne Mark Chapman che pochi minuti prima aveva chiesto un autografo all’artista. Lennon aveva terminato da non molto l’album congiunto Double Fantasy in cui compariva, come ormai era abituato il pubblico, il contributo della sua storica compagna, Yoko Ono. La notizia dell’ex membro dei Beatles e prolifico artista fece in poche ore il giro del globo e i maggiori canali televisivi interruppero le programmazioni per dare notizia del luttuoso evento. Poco prima di morire, Lennon fece alcuni passi nella direzione del portone di casa sua esclamando “I was shot”; la sua morte si consumò proprio davanti agli occhi della sua inseparabile compagna. Yoko Ono, ritenuta da molti fan dei Beatles la causa dello scioglimento del gruppo pop più importante del XX secolo, aveva allacciato con l’artista inglese una solida e atipica relazione sentimentale e artistica. Esponente di spicco dell’avanguardia artistica, pittrice, poetessa, compositrice e cantante, la Ono divenne in poco tempo la musa ispiratrice di molte canzoni di Lennon (si veda la smielata Oh Yoko contenuta in Imagine). Il suo contributo nell’arte di John Lennon si misurò spesso nel tasso di sperimentazione sonora in cui i due si lanciavano molto volentieri, spesso in preda alle lisergiche visioni causate dall’uso di droghe; tra queste forse la più nota è Revolution 9, contenuta nel White Album; un pastiche di suoni, rumori, voci e melodie al contrario per la durata di 8 minuti. Un risultato degno di essere accostato a quelli dell’altro grande sperimentatore del XX secolo: John Cage. Yoko Ono  Insieme hanno dato vita a degli slogan immortali nel mondo dell’attivismo e canzoni come Working Class Hero, Give Peace A Chance, Power To The People o Happy Xmas  che sono tra le più famose nel campo del pacifismo. La loro attività mediatica fu spesso controversa (i beds-in di protesta contro la guerra nel Vietnam, la restituzione del titolo di Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico come atto di protesta e d’indipendenza) e la coppia di amanti finì spesso sotto i riflettori dell’opinione pubblica e sulle pagine dei maggiori giornali. Ma la vita artistica di Yoko si sviluppò spesso in maniera parallela a quella del più noto compagno, senza rinunciare ad una marca sonora distintiva. Una contraddizione solo apparente (sperimentare vs ribadire la propria presenza artistica); quella di Yoko Ono è stata una carriera musicale di tutto rispetto e merita di essere esplorata nella sua extravaganza sonora. Tuttavia la morte di John Lennon influenzerà inevitabilmente (e oseremmo dire, naturalmente) i suoi lavori post-1980, a cominciare dai primi due album dopo l’assassinio, Season Of Glass del 1981 e It’s Alright (I See Rainbows) del 1982.

ALBUM: It’s Alright (I see rainbows) è il miglior album della carriera di Yoko Ono, perché non Yoko Onotroppo sperimentale e suonato e prodotto egregiamente. I testi sono incoraggianti e affrontano senza timore il tema del grave lutto; come traspare dalla lettura dei testi, l’evento pare essere stato riacquisito nella sfera psicologica dell’artista e sfrondato dell’inevitabile dolore cieco per la perdita dell’amato compagno. I testi paiono essere stati asciugati al sole della speranza per un futuro sereno, in cui la voce di un bambino al mattino diventi una gioiosa sveglia dal letargo emotivo in cui si cade dopo un lutto (Wake Up). Ma i testi tutti conservano la traccia dell’amato perduto per sempre, in maniera tanto indelebile che quel sole di speranza, nonostante tutto, non la potrà sbiadire facilmente (My Man, Tomorrow May Never Come, Loneliness, Let The Tears Dry). In tutte le canzoni sembra regnare una ricercata aurea di pace e serenità interiore (Dream Love, Wake Up, It’s Alright, I See Rainbows) e il merito va anche alle nuove apparecchiature digitali di sintetizzatori in larga diffusione nello scenario pop dell’epoca. La produzione meticolosa fa di It’s Alright un album new-wave in piena regola; armonie leggere, vaghi sapori tropicali (Dream Love, I See Rainbows) e onirici (My Man). Dall’altro lato la voce, ai primi ascolti, potrebbe apparire poco intonata o inappropriata al canto (ma così appare essere in gran parte della sua discografia), tuttavia l’uso che ne viene fatto risale alla concezione filosofica-esistenziale giapponese secondo cui in ogni arte, dalla costruzione di una casa fino al canto, debbano essere presenti delle “stonature”, delle dismorfie, che ci ricordano che siamo umani e che la perfezione non può essere data in questo mondo. Come i cocci dei vasi rotti rincollati ed evidenziati o le porte storte e le pareti mal colorate delle case giapponesi, l’imperfezione è l’attestazione umana della propria esistenza; Yoko Ono ne pare ben consapevole e su di essa forgia un album che, nella sua umanità, merita di essere ascoltato e rivalutato.

Leonardo G. Stenta

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