Lost&Found: Anima Latina (Battisti)

“Nei linguaggi umani non c’è proposizione che non implichi l’universo” (1)

Complici una cultura nazional-popolare nostalgica e un successo commerciale iniziale ottenuto in poco tempo, Anima Latina di Lucio Battisti è, ai più, un album ancora poco conosciuto. Paradossalmente quel disco, pubblicato nel 1974, rimase per 65 settimane nella classifica italiana: un record mai più raggiunto per l’artista reatino. In quanti sarebbero disposti a dichiarare che i brani contenuti in Anima Latina siano i primi che vengono alla mente quando si nomina Lucio Battisti?

Lucio era reduce da un viaggio in America Latina e, con esso, da un’immersione nelle musiche dell’altro continente. Era iniziato il periodo di progressivo distacco dai mass media: Battisti rifiutava di farsi fotografare e di tornare in televisione (2) dopo aver firmato, insieme a Mina, uno dei momenti più alti della televisione italiana: lo storico duetto tra i due artisti andato in onda il 23 aprile del 1972 durante la trasmissione Teatro 10. Di contro, la folta schiera di critici musicali dell’epoca non impiegò molto tempo a sancire condanne e a scrivere parole al vetriolo sull’arte di Battisti, già messa alla berlina spesso negli anni passati da quella compagine che rifiutava di vedere in lui un innovatore del cantautorato italiano o che lo accusavano, sostanzialmente, un inetto al bel canto. Quel viaggio in America Latina fu per Battisti un vero e proprio battesimo nel fiume Giordano. Esso sancì la consacrazione del nuovo Lucio Battisti – che, a onor di cronaca, è già intuibile nelle sperimentazioni de Il Nostro Caro Angelo e in Amore e non amore -, quello che fece fatica ad imporsi nei gusti popolari – e probabilmente lo fece in maniera volontaria -, quello che iniziò ad esplorare suoni e a sperimentare con strumenti ben lontani dalla sua tradizione e da quella italiana, quello che, infine, dovrà necessariamente allontanarsi dal sodale Mogol, per ovvie ragioni e necessità artistiche che li dividevano ormai.

Anima latinaLucio Battisti aveva decretato così l’inizio del suo periodo dell’arte per l’arte; una stagione in cui, lontano da ogni rumore mediatico, si sarebbe potuto dedicare in toto alla composizione della musica. Per realizzare Anima Latina vengono assoldati un folto gruppo di musicisti; nomi importanti quali Ares Tavolazzi e Bob Callero al basso, Claudio Pascoli ai fiati, Karl Potter e Franco Lo Previte e Gianni Dell’Aglio alle percussioni, Claudio Maioli alle tastiere (e moog) e tra i coristi si segnala la presenza di Mario Lavezzi, Alberto Radius e la voce di Mara Cubeddu dei Flora Fauna Cemento per il duetto in Due Mondi. Le registrazioni tennero occupati i musicisti per almeno sei mesi. A scrivere i testi delle undici tracce che compongono Anima Latina c’è Mogol e, a suo giudizio (3) quelli di Anima Latina sono stati i migliori testi mai scritti nella sua carriera. Regnava un clima di profonda ispirazione e di voglia squisita per la sperimentazione dei suoni con cui Lucio era venuto a contatto nel suo precedente viaggio in Brasile e Argentina. Perciò i musicisti si rinchiusero a registrare per lungo tempo nel Mulino di Anzano del Parco. I tempi erano diventati maturi per allontanarsi da quelle canzoni che lo avevano reso uno dei cantautori italiani più ascoltati negli anni a seguire.

In Anima Latina c’è una particolarità di fondo che fa dell’album un vero ‘caso’ nella discografia di Battisti, nonché uno dei suoi vertici compositivi più alti. Ogni brano ha in sé un carattere talmente composito e variegato che si possono scorgere migliaia di echi e rimandi musicali e testuali; dal wall of sound di archi, tastiere e fiati di Abbracciala Abbracciali Abbracciati che si stende su una ritmica così immutabile da diventare magnetica all’inizio e che accelera dai tempi in 3/4 iniziali verso degli aggrovigliati ritmi in ottavi (e dispari anche) finali, alle prove ‘latine’ di Due Mondi (un brano che potrebbe ricordare il Battisti de Il Mio Canto Libero) e Gli Uomini Celesti in cui le trombe argentine vengono ricalibrate su un ritmo che tra il caleidoscopico panorama latino-americano, ricorda quello della cumbia (il termine kumb significa: suono, rumore, frastuono, ndr). Anonimo, invece, offre all’ascoltatore una ‘pausa di riflessione’ sonora: morbide rarefazioni di fiati e sintetizzatori mentre la voce filtrata nel microfono canta le strofe di un tema a dir poco scandaloso per la pruderie dell’epoca (Nascosti giù al fosso | complice il sesso |a misurarsi, a masturbarsi un po’ | L’impulso di uno scatto – la palla, io che batto – che rete ho fatto! | Sudore che diventa alloro). L’andamento poi inverte la rotta e Anonimo si stringe attorno ad un flamenco in cui c’è spazio per una geniale citazione de I Giardini di Marzo a rinsaldare il tema bucolico e arcadico della canzone, ma anche per un semplice divertissement. Il brano omonimo è un tripudio jazzistico in cui strumenti della tradizione cantautoriale e quelli nuovi risuonano senza invadersi, mescolandosi senza difficoltà. Il testo è la quintessenza del no-sense e del non-seguitur logico di Mogol; intrecci visivi di pungente ironia e compassione (La vita dentro agli occhi dei bambini denutriti | allegramente malvestiti | che nessun detersivo potente può aver | veramente sbiaditi) e sprazzi di visioni madrigali e nostalgiche , come il buon Giulio Rapetti ci ha abituato (E corre sulle spiagge atlantiche | seguendo il calcio di un pallone | per finire nel grembo di grosse mamme antiche | dalla pelle marrone). Ma in Anima Latina le forze di richiamo non si esauriscono quasi mai; molte canzoni presentano una ripresa (Due Mondi, Gli Uomini Celesti) o presentano nelle loro lunghe code prog delle interpolazioni di brani che compariranno solo più in là con l’ascolto. Ogni brano detiene una qualità universale di suono e di parola.Anima latina

La voce di Lucio Battisti, croce e delizia per i detrattori o gli estimatori del cantautore, questa volta gioca un tiro mancino all’ascoltatore: i numerosi filtri, i riverberi, i missaggi al limite dell’udibile hanno una funzione ben precisa (e dichiaratamente voluta), ovvero quella di far concentrare chi ascolta sulle parole e sul loro ascondito senso. E così si può intuire che la canzone Il Salame, ad esempio, allude alla prima scoperta sessuale non troppo soddisfacente dei due giovani protagonisti. Le rime di Mogol sono variegate e non sempre manifeste. Molte sono le rime interne e quelle inclusive, come ne La Macchina del tempo, (se tu confondi i mondi: amore e proprietà) o in Abbracciali.. , (Allontaniamoci verso/ il centro dell’universo), altre volte le parole si riducono a pochissimi versi, come in La Nuova America. I temi principali ruotato attorno alla sfera sessuale umana, al rapporto con l’ambiente circostante e poi ci sono veri e propri no-sense.

Anima Latina è e resta una delle migliori prove di un cantautore tanto bistrattato dalla critica a lui coeva quanto amato dai suoi fan generazionali; proprio per la sua ineffabilità e per la sua quantità e qualità sonora è un album che merita di essere riascoltato. Così come ciascun ascoltatore merita di perdersi e ritrovarsi tra i tanti suoni e i richiami all’ordine di un album che, a partire dalla storica copertina, non può non riattivare le vene emotive più profonde e primordiali della propria esistenza.

 

Leonardo G. Stenta


1. J.L. Borges, L’Aleph, La scrittura del Dio, Feltrinelli 1961

2. Roberta Treves, Lasciatemi in pace, voglio restare solo, in Sogno, 6 maggio 1972.

3. Renzo Stefanel, Anima latina, No Reply editore, marzo 2009, pag. 153

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