La Grande Scommessa – dietro le quinte della crisi

Immaginate di poter tornare nel 2008, l’anno della più grande crisi economica globale dopo quella del 1929. Immaginate di poter sbirciare negli uffici agli ultimi piani dei palazzi di Wall Street, là dove tutto è cominciato. La Grande Scommessa locandinaQuello che vedreste, probabilmente, è ciò che viene mostrato ne La Grande Scommessa (The Big Short), film diretto da Adam McKay e basato sull’omonimo libro di Micheal Lewis: un caos, un brodo primordiale finanziario in cui sguazzano broker e manager senza scrupoli, circondati da termini incomprensibili, e cifre in apparenza buttate là a caso. Questa immagine è molto vicina a ciò che vediamo a schermo nel film, molto più di quanto possiate pensare. Ma andiamo con ordine.

La trama prende il via qualche anno prima della grande crisi, più precisamente nel 2005: Micheal Burry (Christian Bale) si accorge di una ben celata instabilità del mercato immobiliare americano, e inizia a scommettere contro di esso. Secondo le sue previsioni, tale instabilità porterà a un crollo totale della borsa: quasi nessuno, però, sembra dargli retta. Da qui, prende il via la serie di avvenimenti del film: alcuni individui (broker, impiegati bancari, altri manager) arriveranno alle stesse conclusioni di Burry e cercheranno di trarne profitto.

Dovendo analizzare nel dettaglio La Grande Scommessa, bisogna preliminarmente chiedersi quale sia l’obiettivo di McKay: raccontare una storia appassionante, dipingere uno spaccato di una società avida e smaniosa di successo? Oppure far capire allo spettatore cosa effettivamente sia successo nel 2008? Qualunque sia la risposta, il modo in cui è stata messa in pratica nel film è riuscito solo fino a un certo punto.

La sceneggiatura, come già accennato, si basa sul libro di Lewis; in generale, l’impianto narrativo regge e la pellicola risulta godibile, soprattutto a livello di ritmo. Quella tratteggiata ne La Grande Scommessa è una società nevrotica, frettolosa e alla continua ricerca di guadagno. Se all’inizio ciò è presentato in maniera leggera e pregna di acido umorismo (la scena in cui Mark Baum, alias Steve Carell, si presenta dall’analista), col prosieguo della storia i toni drammatici prendono possesso della scena, fino al riuscito finale. Questo aspetto più cupo è reso anche grazie alla totale assenza della gente comune, dei risparmiatori che poi verranno rovinati dal crollo delle banche: assenza che, col senno di poi, aiuta ad identificare i “cattivi” con quei manager cinici e spietati.Christian Bale La grande Scommessa

Non è però di personaggi piatti che stiamo parlando: tutt’altro, alcuni fra loro risultano decisamente interessanti e niente affatto banali. È il caso di quelli interpretati (in maniera peraltro eccellente) da Carell e Bale: due individui con un passato non facile e con disturbi psichici evidenti. Due persone, nel vero senso della parola, tridimensionali e riusciti. Altri personaggi convincono meno (Brad Pitt e Ryan Gosling, ad esempio), ma nessuno di loro delude in toto.

La regia di McKay, poi, si regala alcune divagazioni sul tema a dir poco irriverenti: la macchina si muove in modo quasi amatoriale per gran parte del film, con zoom violenti e passaggi scattosi, forse per rendere l’idea dell’uomo comune che sbircia dove non potrebbe (come accennato all’inizio). Pura genialità sono i momenti in cui i personaggi rompono la quarta parete e si rivolgono direttamente al pubblico: è il caso della scena all’interno della J.P. Morgan, dove un apparente buco della sceneggiatura viene subito rivelato come tale (e dunque corretto) dall’intervento del giovane broker Jamie Shipley.

Ma non è tutto oro quello che luccica. Agli innegabili pregi fin qui elencati, La Grande Scommessa affianca un solo, pesante difetto: i troppi tecnicismi. A chi non è familiare col linguaggio bancario, molti dei dialoghi del film risulteranno a dir poco incomprensibili, vista la presenza costante di termini tecnici. Certo, le scene (volutamente) grottesche in cui personaggi del calibro di Margot Robbie e Selena Gomez tentano di spiegare le dinamiche borsistiche, divertono e in parte aiutano. Ma, senza dubbio, non risolvono il problema.

Gosling Carell La Grande ScomessaPer tornare ai quesiti di prima, qual è lo scopo de La Grande Scommessa? Di certo, lo spettatore medio, uscendo dal cinema, si renderà conto di aver imparato qualcosa in più su mutui subprime e obbligazioni; e molto probabilmente  si sarà anche divertito. Ma non si sarà divertito fino in fondo, e non avrà capito tutto ciò che viene detto: il film di McKay dà un colpo al cerchio ed uno alla botte, e lascia addosso la sensazione di essersi persi gran parte dei passaggi che hanno portato alla conclusione, semplicemente perché “spiegati” senza essere spiegati. La sensazione dunque è quella di cui parlavamo all’inizio: guardare La Grande Scommessa è come sbirciare in un ufficio di un palazzo di Wall Street, senza dizionario alla mano.

Giacomo Piciollo

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