L’Italia delle Mille contraddizioni: il Covid

La bella Italia e la sua politica delle mille contraddizioni covid
Coronavirus

Il nostro viaggio nella “Bella Italia e la sua politica delle Mille contraddizioni”, si è intensificato settimana dopo settimana e dopo esserci soffermati su alcune, tra le grandi difficoltà che questo paese affronta e ha affrontato, non possiamo non cercare di capire, come, la nostra difficile terra e le sue istituzioni, stanno affrontando la recente epidemia di Covid19.

CAPITOLO V

Le origini di questa emergenza sanitaria non sono sconosciute a nessuno, men che meno qui da noi (nonostante qualcuno se ne scordi o lo neghi), dove il tasso di mortalità ed infezione sono stati tra i più alti al mondo, con oltre 2,4 milioni di casi e quasi 90.000 morti.


Mentre all’inizio poteva riversarsi “solo” una “semplice” influenza con un livello di letalità leggermente più alto del solito, che colpiva anziani e persone in stadio terminale, il numero (aumentato mese dopo mese) di contagi e le difficoltà incombenti che spesso non abbiamo sopportato, ci hanno dimostrato una situazione ben diversa, dove tutti, “grandi e piccini”, si potevano infettare, spesso e volentieri anche, con brutte conseguenze.


Ma la nostra intenzione oggi, non è soffermarci tanto su “Cosa è il Covid19” quanto, al contrario, sugli effetti che ha avuto sulla nostra nazione.

La Bella Italia e la sua politica delle mille contraddizioni: il Covid

La Sanità

Le sofferenze alle quali siamo stati sottoposti in questi lunghi mesi, Covid o non Covid, hanno dato modo ai responsabili del dissesto della sanità (afflitta da decenni da malanni eternamente irrisolti) di continuare ad oziare, utilizzando la paura come disattenzione sociale.


Inutile nascondere, come le ragioni dell’inerzia costante del SSN (Sistema Sanitario Nazionale) ancora una volta emerse, derivino da una voglia profonda di rafforzare il sistema privato su quello pubblico, come?


Siamo nel campo delle convenienze economiche cari lettori, ossia la ricerca dei DRG (raggruppamenti omogenei di diagnosi, un sistema che permette di classificare tutti i pazienti in uscita da un ospedale, in gruppi omogenei, fuori) per l’assorbimento di risorse impegnate più costose e convenienti, remunerando quindi, indovinate un po’, ciascun episodio di ricovero.
Il fine è uno solo: “contenere la spesa sanitaria” (sulla carta).

Il SSN è stato quindi abilissimo nel virare sé stesso, verso il mercato, e nel trascurare l’assistenza territoriale.

Di conseguenza, la programmazione è letteralmente crollata, dando vita ad un’offerta ospedaliera che si faceva “garante” delle ricadute del “turismo sanitario”, un movimento che nel nostro paese genera ben 4,6 miliardi di euro totali.

Sanità pubblica o Business?


Questa corsa al denaro silenziosa e perenne è ovviamente, talmente tanto protetta dai grandi impresari, che parti del paese vengono lasciate nella condizione assistenziale di inesistenza totale; le regioni considerate, sono come da manuale, quelle del meridione, Calabria prima fra tutte, con un commissariato putrido e laido.

A corollare questo quadro, “idilliaco” direi, si somma una totale inefficienza decennale, che a livello proprio concreto, ci mostra una situazione ospedaliera dove le strutture sanitarie, sono talmente tanto inadatte al contenimento ed ai ricoveri, che la cura, qualora infetti, è chiudersi in casa o addirittura in hotel.

E le apposite strutture anti-Covid dove sono?
Le masse di vaccinati dove sono?
Ed invece le strumentazioni di ricovero dove sono?

Nulla è cambiato


Se qualcosa di buono c’è stato, è stato l’arrivo di fondi dal governo che hanno permesso l’assunzione di neo-laureati, che da anni vedevano il lavoro come un’utopia irraggiungibile, a causa anche lì, dei mille interessi burocratici che si nascondevano dietro le infinite liste di assunzione bloccate.

La nostra sanità, che fortunatamente spesso e volentieri è emancipata da illustri personaggi, si ramifica su sé stessa ad una velocità indescrivibilmente alta, sotto la scure di avidi interessi economici (ancora una volta) e dominata dall’ economia più fangosa che ci sia.

E indovinate un po’?
L’epidemia di Covid non ha cambiato nulla, solo, purtroppo continuato ad alimentare un processo di cui si parla troppo poco e che funziona troppo bene, per pochi, come sempre, ovvio.

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Scuola, dolce scuola

Parlare di inefficienza italiana senza parlare di scuola e istruzione, sarebbe inevitabile e se abbiamo già visto, i veri nuclei saldi della nostra politica ingorda anche nei luoghi dell’insegnamento nella “quotidianità”, oggi andiamo invece a vedere, quanto, tutto questo si sia aggravato da marzo in poi.

Se qualcuno ora, uscisse per strada e facesse un sondaggio a 10 studenti di qualsiasi grado di istruzione, proponendogli una scuola fisica o una scuola digitale come scelte, 2 di loro soltanto preferirebbero la scuola a distanza, e gli altri 8?


“Old school”, letteralmente.


La vera domanda che un pedagogista qualunque si farebbe non sarebbe tanto, quale sia la didattica più adatta, quanto, al contrario, partendo dalla radice, se la scuola rappresenta realmente un luogo sociale, prima che di insegnamento.


Immaginate bene come la visione sia fortemente dicotomica, ma per tradizione ne prevalga una, ma è quella giusta o il Covid riuscirà a ribaltare anche i nostri più profondi “campanilismi morali”?

Assenza di chiare linee guida


Siamo passati dai banchi con le ruote (delle sedie ruotanti a tutti gli effetti), agli esami di maturità senza scritti, ai “tutti promossi”, alle mille indicazioni segnaletiche attaccate a muri e pavimenti della scuola, alla didattica a distanza a percentuali, 75 percento per i più “sfortunati” e al 50 per chi aveva la “buona sorte” sulle loro spalle.


Il ministero non si è mosso proprio nelle maniere migliori, mostrando ancora una volta le sue mille sfumature di inefficienza e la sua incapacità organizzativa, con proposte vacue di ogni forma di risoluzione concreta.
Ad ora, nel concreto, non si sa bene cosa fare o pensare, si sa solamente che oggi siamo sui banchi e domani forse no, in base a come gira il calendario delle classi e dei contagiati.

Il buon senso e il rispetto delle misure tra i ragazzi è fondamentale, ma non ci rendiamo conto che una boccetta di disinfettante non basta a prevenire un contagio sempre più alto, neppure in una scuola e che se vogliamo risolvere la problematica realmente, bisogna rinunciare, sì, rinunciare totalmente, allo studio tra i banchi.

Il pericolo resta


Le migliaia di classi in presenza che ogni mese si contagiano, è la piena dimostrazione che l’infezione non si risolve girando la ruota dei giorni, né tantomeno ostinarsi a credere che la scuola debba essere un centro di aggregazione sociale, che ruota attorno ad una macchinetta per le merendine.


Ingiustificabili le idee di governo insulse avanzate in questi mesi, come ingiustificabili i pochi fondi che ancora una volta ci vengono destinati ed ingiustificabile, l’inefficienza costante; ma allo stesso tempo, l’istituzione è una forma amministrativa talmente tanto ampia, che la sua organizzazione non può provenire solo da un remoto banco del ministero, ma dalle singole cattedre delle presidenze locali, che in base alla propria situazione, strutturano piani adatti e specifici, ponendo al primo posto (anche fisicamente) la didattica e non la socialità.


O si impara o si fa amicizia, ora più che mai questa scelta deve essere presa, consapevolmente.

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L’Italia, un puzzle a colori

A marzo l’incertezza, ad aprile la paura, a maggio la timida riapertura, a giugno le prime vacanze, a luglio ed agosto le ferie sfrenate, a settembre i primi rimorsi, ad ottobre i primi colori semaforici, a novembre mezza Italia in casa, a Natale ognuno come voleva, l’importante era il “buon senso”, a Gennaio, si fa come meglio si crede.


Questa è un po’ la parabola del “sentire comune” in questi ultimi mesi e non è importante ricordare cosa c’è stato prima, ma cosa c’è oggi, a causa del prima.


Quale paese in estate non si mangia un gelato? Chiunque verrebbe da dire, unica prerogativa sarebbe la gelateria aperta, specialmente dopo un lockdown totale di due mesi.

Attenzione ai furbetti


Eppure, ciononostante, tra giugno ed agosto, gelaterie, pizzerie, locali e ristoranti (che per antonomasia dovevano essere le categorie più colpite dall’epidemia e dall’isolamento di marzo), si sono permesse di rimanere chiuse il lunedì e di fare le ferie a ferragosto, non tutte certo, ma quando vivi in una città di provincia ti accorgi della quantità, e vi assicuro, che non erano pochi.


La domanda quindi è, come è possibile che queste categorie (e generalizzo certo) si siano lamentate ed abbiano persino protestato in piazza (non rispettando le norme igienico-sanitarie peraltro), per la chiusura alle 18 ad ottobre, perché in difficoltà con gli arretrati dell’affitto e del mutuo di casa, quando 3 mesi prima erano in masse al mare o in montagna con i bonus del governo?


L’imprenditore con l’acqua alla gola c’è stato e rimarrà purtroppo, ed a quante aziende abbiamo visto tirare giù la saracinesca dopo maggio, ma come distinguerle (e come poi quindi aiutarle economicamente) dalla massa informe e vagabonda, di tutti coloro che con quei fondi governativi di aiuto e incentivo ci passano le vacanze d’estate?

Aver diviso il paese in zone è stato necessario per non rimettere in ginocchio la nostra economia, ma è importante che i provvedimenti vengano rispettati, perché se “zona rossa” equivale a un semi-lockdown, fa decisamente arrabbiare vedere persone che camminano liete per le strade senza incorrere in nessuna forma di sanzione.


Ma questa, è la dimostrazione, che le leggi in questo paese vengono fatte e poi non rispettate.


Non si parla di totalizzare un paese (come la Cina, che peraltro ha sconfitto l’epidemia ripartendo con forza nel mercato mondiale), semplicemente di scrivere provvedimenti seri ed efficaci, che contengano al massimo l’infezione ed il contagio.


I metodi sono molti e basta guardare la Corea, con il suo vero e serio tracciamento dei contagi (non un’app semi-ludica come Immuni), ma primo fra tutti, è necessario il solito e mancante “buon senso”, che come al solito, alla prima libertà, si trasla in un oziare di gregge tra le vetrine ed i ristoranti.

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E la “moda” Immuni?

Che l’app sia stata un flop totale, l’abbiamo visto tutti, ma perché?

Bassa diffusione, poca fiducia nelle nuove tecnologie, molte problematiche di sistema (dalla non compatibilità con alcuni dispositivi, alle notifiche che non arrivavano o arrivavano in massa, anche se stavi relegato in casa da settimane), numeri incoerenti…; il vero problema è stato, alla base, poca informazione, poca formazione da parte degli operatori sanitari che dovevano occuparsi del Contact Tracing “manuale” (da digitale che doveva essere), a come al solito, una mancanza di capacità previsionale, che come abbiamo visto sei mesi fa, è stata insieme alla mancanza di senso civico comune, la nostra vera arma a doppio taglio, che ci ha di nuovo gettato in questa eterna incertezza sanitaria.

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Mafiavirus

È nei proprio nei momenti di estremo singhiozzo della nostra società, che spunta la più infima forma di perdizione umana, la mafia.
Covid e Mafie vanno insieme, si abbracciano, si stringono fino a soffocare il sistema.


“Mafie e Covid: fatti l’uno per l’altro” parla Luigi Ciotti di LIBERA CONTRO LE MAFIE, un’associazione che da anni si dedica tra le tante cose al recupero degli ambienti e delle personalità strappate al crimine organizzato; si vede aumentato drasticamente il numero di estorsioni, violenze e soprusi a danno dei piccoli commercianti con l’acqua alla gola, da parte delle organizzazioni criminali, che promettono un aiuto economico (diretto ed immediato, “non come quello statale”) descrivendosi come grandi magnanimi, amanti della propria terra e dei suoi valori tradizionali, per poi richiedere indietro tutto, e pure di più, con l’inganno, la repressione e l’intimidazione, come da manuale.


Le mafie sono delle vere e proprie aziende, che come tutte, hanno risentito notevolmente gli effetti del lockdown: i traffici di droga e di esseri umani si sono bloccati, i ristoranti legati hanno dovuto chiudere o hanno perso i clienti.

Potere Pandemico


Ciononostante, come abbiamo detto prima, i vuoti dello stato vengono riempiti dalla loro criminalità, e po hanno visto qualcosa di ben più profumato del denaro, il controllo, il potere capillare, sibillino.


L’aiuto alle famiglie in difficoltà come detto prima è stato incisivo, molti clan hanno smesso la richiesta dei pizzi e si sono messi a distribuire pacchi di pasta tra le vie delle città, un gesto che rappresenta il livello più basso del welfare mafioso.


È su questo che si basano queste vere e proprie multinazionali, il consenso, la “fiducia”, il “sociale”.


La pandemia ha offerto la possibilità per queste famiglie di utilizzare anche la loro parte più “benigna” e non solo il bastone, apparendo come veri e propri “Angeli della resurrezione”, il costo?
Arriverà in fondo è saranno voti di fiducia, aiuti ad un traffico, richieste varie di natura simile.

Ma il problema allarmante che sta alla base di questa disumanità è la povertà sempre crescente (il 7,7 percento degli italiani vive in condizioni di totale povertà, il 15 di povertà relativa).


Molti lavoratori, con l’acqua alla gola saranno obbligati a chiedere il sostegno di usurai e strozzini, che lavoreranno un po’ come dei garanti, e in una situazione dove lo Stato è inefficace, questi grandi impresari, saranno proprio dei soggetti burattini di reti mafiose.


Il loro obiettivo non è solo monetario, ma proprio di potere appunto, l’attesa paga, e quando tutto sarà perso, l’azienda rimarrà nelle loro mani, letteralmente.


La lista di coloro che si sono rivolti nell’anonimato a queste “agenzie” è sconosciuta, ma è certo che sono molti, molti più di quanto ci si immagini. Allo stesso tempo, le opzioni sono due, o rimanere così come siamo, o concedere aiuti economici, in ritardo però, e con la consapevolezza che 9 finanziamenti su 10, finiranno nelle mani di una rete invisibile e la spesa pubblica aumenterà.

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Il Recovery Fund in mano alle mafie?


Tutto questo, proprio quando 209 miliardi stanno arrivando dall’Europa (e l’Italia è uno dei paesi con più debiti), che ricordiamoci, arriveranno nelle mani di vertici spesso e volentieri vicini a certe famiglie.
Il nostro paese ha un grande problema con queste mafie, che non sono più quelle cinematografiche esplicite e “con valori”, ma silenziose, ufficiose e talmente tanto invisibili, che non si vedono neanche alla lente d’ ingrandimento.

È certo come il nostro paese, come tutti, non fosse pronto per fronteggiare le problematiche legate ad un’epidemia, ma se riflettiamo bene, la polvere sotto al tappeto prima o poi esce fuori, e non risolvere le vere difficoltà pensando che qualche legislatura dopo lo faccia, è inutile, perché come abbiamo visto, “basta poco” per dimostrare alla nostra classe dirigente e non solo, che il nostro suolo è marcio, dei soliti problemi di decenni fa.


Noël De La Vega.

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