Iron Maiden – “The Book of Souls”

Alzi la mano chi credeva (davvero) ad un ritorno degli Iron Maiden.

In realtà, un nuovo album di Harris e soci era stato annunciato nell’estate del 2013, e già prima di allora il comeback era stato messo in discussione, per via delle ultime prove discografiche non certo brillanti. Poi è arrivato l’annuncio della malattia di Bruce Dickinson, un brutto colpo per i fan della Vergine. E i dubbi c’erano: questo album, uscirà? E se sì, come sarà? Fortunatamente, il cantante inglese è del tutto guarito, e The Book of Souls è arrivato nei negozi. Sì, gli Iron Maiden sono tornati: ma si può parlare di ritorno vero e proprio?Iron Maiden

92 minuti. Ecco quanto dura il sedicesimo album della Vergine di Ferro: una lunghezza considerevole, che ne ha determinato la divisione in due dischi. Al loro interno, troviamo rispettivamente 6 e 5 tracce, 3 delle quali superano i 10 minuti di durata. Un lavoro senza dubbio imponente, che richiede ben più di un ascolto per essere compreso, anche solo superficialmente.

Se però si avrà la pazienza di scoprirlo, The Book of Souls riserverà non poche sorprese, soprattutto a livello qualitativo. Il sound classico dei Maiden qui torna esattamente come ve lo ricordavate, con pochissime varianti. Ci sono le cavalcate guidate dal basso di Steve Harris, vero marchio di fabbrica del gruppo inglese (Speed of Light, When The River Runs Deep); ci sono anche i brani dalla struttura vagamente prog, che hanno caratterizzato i dischi da Brave New World in poi (If Eternity Should Fail, The Book of Souls); troviamo pure i cori da stadio, quelli da cantare a squarciagola durante i concerti (The Red and The Black). In sostanza, (quasi) niente di nuovo: eppure, questo The Book of Souls riesce a stupire in virtù di una qualità compositiva che da tempo non si trovava in un album dei Maiden. I brani sono trascinanti, certe soluzioni stilistiche “moderne” e coinvolgenti, The Book of Soulse in generale il tiro rimane alto per tutta la durata del platter; c’è spazio anche per brani più melodici, come Tears of A Clown (dedicato a Robin Williams). Certo, alcune sezioni strumentali potrebbero risultare troppo prolisse e tirate per le lunghe: uno “snellimento”, in certi casi, non avrebbe fatto male.

E poi c’è Empire of The Clouds, la canzone più lunga mai scritta dagli Iron Maiden. La curiosità per questo brano era alle stelle, tutti si chiedevano cosa avrebbe combinato Dickinson (autore di musica e testo) in 18 minuti buoni. Cosa ci troviamo di fronte? Una canzone dal respiro epico, che introduce pianoforte ed orchestrazioni (novità assoluta per la band) e che non annoia mai per tutta la sua durata. Un brano davvero intenso, con parti più melodiche e altre più tirate, e con inserti sinfonici piuttosto frequenti ma mai fuori luogo. Promossa su tutta la linea.

Come promosso, e non potrebbe essere altrimenti, è questo The Book of Souls. Il sedicesimo album dei guru dell’heavy metal è un lavoro insospettabilmente coraggioso, pur nel suo sound in sostanza conservativo. Una durata davvero consistente, tante canzoni, di cui molte dal minutaggio elevato; e un brano finale lunghissimo e con soluzioni inedite per la Vergine. Ma, soprattutto, è il ritorno della band ai livelli che le competono. Dunque, possiamo riformulare la frase d’apertura:

Alzi la mano chi credeva possibile un ritorno COSÌ da parte degli Iron Maiden.

Giacomo Piciollo

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