Intervista a Tricarico – La Musica ti prende per mano e ti fa innamorare

Cosa vi viene in mente se sentite dire Tricarico?! Probabilmente la prima cosa che vi verrà in mente sarà Io sono Francesco, il pezzo che ben quindici anni fa (eh sì, sono già passati ben quindici anni … come passa veloce il tempo, eh?!) contagiò e forse ossessionò veramente ognuno di noi. Se pensando a Tricarico non vi viene in mente altro, probabilmente vi siete persi un bel po’ di cose in questi quindici anni: sicuramente vi siete persi tante belle canzoni, che sebbene forse risultino un po’ difficili da scovare, meritano di essere ascoltate. Sono brani dai contenuti e dai significati un po’ criptici ed enigmatici, ma che se approfondite lasciano che la vita e il mondo si facciano osservare da punti di vista semplici ed originali, sorprendenti ed illuminanti allo stesso tempo.

Lunedì 26 Gennaio Tricarico si è esibito alla Birreria La Diana di Siena: Tommaso Gabbrielli e Beatrice Arena, speaker de L’Artiglio (in onda il mercoledì dalle 19.00 alle 20.30), lo hanno intervistato, ripercorrendo insieme a lui la sua carriera, e cercando di scoprire il mondo che si cela dietro alle sue canzoni.

Se vi siete persi la diretta della puntata, con questo articolo vi diamo l’occasione per rimediare ai vostri errori e gustarvi così l’intervista. Buona Lettura!

Come prima cosa vorremmo chiederti di farci un bilancio dell’anno appena trascorso e quali sono i tuoi buoni propositi per questo 2015.

Il 2014 per me è stato un anno brutto, quindi il 2015 non potrà che migliorare: sarà un anno splendido e l’Italia ritroverà la sua grande capacità di sognare e di reinventarsi.

Ascoltando il tuo ultimo disco, Invulnerabile, uscito nel 2013, si ha la sensazione che il tema principale sia rappresentato dalla capacità di superare i momenti di crisi. A nostro avviso, la canzone che maggiormente incarna questo spirito è Riattaccare i Bottoni.  Ci abbiamo preso? E che legame hai con questa canzone? Questo ottimismo si può ritrovare anche adesso nella tua vita?

L’ottimismo c’è sempre stato; nella vita succedono tante cose che a volte mettono in difficoltà, ma l’ottimismo rappresenta proprio la capacità di superare questi momenti, trovando la ragione e la  spiegazione a ciò che accade. A Riattaccare i bottoni sono molto affezionato, e nasce ripensando a una cosa che mi avevano detto e che mi aveva fatto riflettere: in passato nei momenti di crisi si ricorreva solitamente alle guerre, che distruggendo tutto permettevano di ricostruire tutto da capo. Anche adesso stiamo vivendo una sorta di guerra, che però è più subdola: è una guerra economica, è forse una guerra nuova che per questo spiazza e impaurisce tutti. Nella canzone ripenso a mia nonna durante la guerra, quando si ricuciva le calze e appunto riattaccava i bottoni. Mentre adesso che stiamo vivendo una guerra diversa, nessuno fa più questo tipo di cose. Forse però questa crisi ha comunque una sua importanza perché ci permette di rivalutare molte cose: non si può pensare di buttare via e pensare che tutto sia illimitato, ma è forse invece meglio provare a ricostruire e a ridare valore alle cose semplici: a un filo di cotone, alle carote … se ci pensi Facebook vale un’immensità, ma dove vuoi andare senza le carote?

Parlando invece del tour, puoi invece spiegarci com’è nata l’idea di esibirti con una formazione composta soltanto da chitarra, piano e voce?

In questo modo siamo più adattabili, e lo siamo sia per luoghi grandi che per luoghi più piccoli. Inoltre abbiamo a disposizione tempi più dilatati che la sessione ritmica non ci consentirebbe: tra noi c’è molta intesa che possiamo sfruttare durante i live, anche eventualmente per coinvolgere il pubblico. Infine ha giocato molto anche la voglia di riproporre in modo diverso alcune mie canzoni.

Qual è la dimensione del live ti piace di più? Preferisci una situazione più intima, come ad esempio quella di stasera, oppure quella di un grande concerto?

Mah … abbiamo una data al Madison Square Garden ….! No dai, probabilmente penso che i teatri siano i luoghi più adatti, l’Italia poi è piena di teatri, ogni paese ha il suo. Ma anche suonare in una birreria è molto bello: c’è tanta gente e si crea empatia con il pubblico.

Nell’album del 2013 hai inserito come ghost track il tuo primo successo che risale ormai a 15 anni fa, Io sono Francesco, in una versione più acustica. Come mai? Questa versione rappresenta in un certo senso una nuova versione di te? E com’è cambiato Tricarico in questi 15 anni?

Ho inserito questa canzone perché mi permetteva di chiudere in qualche modo un ciclo, utilizzando proprio ciò che l’aveva iniziato. Ho deciso di riproporla in acustico perché … perché sì, e poi non è tanto diversa! La cosa che più mi ha cambiato è sicuramente il fatto di aver avuto due figli: prima ero io ad essere un figlio, ma dal momento in cui diventi padre cambia tutto perché ti trovi per la prima volta a dover affrontare una responsabilità così grande.

Parlando proprio di differenti versioni delle canzoni, noi siamo grandi fan di Drago.  Volevamo chiederti il senso della canzone e una spiegazione sulle due versioni della canzone, Drago e Il Drago Verdolino.

Entrambe le versioni nascono dalla presa di coscienza che la mente può renderti complessa la vita:  puoi andare in un bar, vedere un barista e non vederlo per com’è ,ma interpretarlo invece a tuo modo, secondo i pensieri e i problemi che hai in quel momento. Ed è così per ogni cosa: almeno a me nella vita è capitato di dover affrontare delle situazioni che mi avevano un po’ chiuso in me stesso, e che dovevo affrontare prima di potermi aprire agli altri. Diciamo che il drago verdolino era una di queste cose da risolvere. Le due versioni perché … ma perché no? Facciamo anche la terza!

Un altro tuo grande classico è Musica.  Qual è la musica che all’epoca che ti ha salvato?

All’epoca era il fascino della musica in sé che mi aveva salvato. E’ stata lei ad avermi preso per mano e col tempo mi ha fatto innamorare, per cui mi ha salvato perché mi ha dato un linguaggio … e poi mi ha dato anche un lavoro e un modo di vivere che mi piace e mi permette di organizzare autonomamente il mio mondo, la mia vita. In più, grazie alla musica ho la possibilità confrontarmi con me stesso usando gli altri per conoscere me, le mie paure,le mie ansie che ho accumulato negli anni.

E la musica continua ad avere per te questa forza di salvare?

La musica non ha tanto la forza di salvare, quanto il potere di mettere a fuoco le cose: una volta che le ho messe a fuoco ho la sensazione di esserne padrone e di conoscerle, e ciò che conosco non può farmi più paura.

Invece la Vita Tranquilla tanto cercata alla fine l’hai trovata?

No ancora no, diventa anzi sempre più complesso. Ma mi auguro che verso i settant’anni ci riuscirò! E comunque io, più passa il tempo, più sto meglio. Non vivo nel ricordo del passato, e credo che le cose belle debbano ancora arrivare nella mia vita.

Qui il link per ascoltare il podcast.

 

Alice Masoni

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