Il nuovo tour dei Tre Allegri Ragazzi Morti: intervista a Enrico Molteni

Enrico Molteni è bassista dei Tre Allegri Ragazzi Morti e fondatore de LA TEMPESTA DISCHI, etichetta discografica indipendente distribuita dalla Universal e una delle più solide realtà nel panorama della musica italiana. I Tre Allegri suoneranno questo sabato 18 aprile al Sonar di Colle Val d’Elsa e abbiamo colto l’occasione per parlare del loro nuovo tour in formazione acustica.

 

Partiamo dal vostro ultimo disco, Unplugged, live registrato l8 agosto a Cagliari. Perché avete deciso di pubblicare proprio questo live?

Il disco è un live acustico, una sorta di episodio pilota che abbiamo voluto riproporre in questa nuova tournée. Abbiamo fatto il primo concerto, lo abbiamo registra e pubblicato. Avevamo voglia di sperimentare, provare qualcosa di diverso.

 

Avevate mai suonato in questa particolare formazione?

Avevamo già suonato in una formazione acustica, ma non avevamo mai strutturato un intero spettacolo in questo modo.

 

Nel vostro CD il pubblico è parte attiva e non un semplice sottofondo.  Un concerto dei TARM può essere considerato una sorta di rito di purificazione collettivo?

Da un certo punto di vista sì. Abbiamo un forte legame con il nostro pubblico e le maschere che portiamo ne sono un esempio: le maschere ci rendono unici, ma allo stesso tempo ci avvicinano alla collettività. Nel disco la dimensione collettiva è molto presente ed è uno degli elementi del disco.

 

Com’è cambiato il pubblico dei TARM?

La gente che ci segue è sempre molto giovane e, dunque, c’è stato un ricambio continuo di fan, anche se ci sono degli elementi che accomunano il nostro pubblico. Il principale, forse, è la curiosità: le persone giovani si avvicinano perché vedono in noi qualcosa di un po’ più particolare. È una piccola scelta d’indipendenza rispetto a quelli che possono essere gli ascolti imposti dal mercato.

 

Per promuovere il vostro nuovo disco, avete registrato una cover de Il Pan del Diavolo, Vivere fuggendo. La vostra versione non è poi così diversa dall’originale. 

La nostra intenzione era di suonarla identica. Poi, però, sono emerse le differenze tra i gruppi come, ad esempio, la presenza di basso e batteria che nella nostra versione hanno inevitabilmente un maggior rilievo.

 

Che cosa via ha spinto, dunque, a scegliere proprio questa canzone? 

Semplicemente perché la riteniamo una delle più belle canzoni scritte negli ultimi anni nella musica italiana.

 

Durante lo scorso anno, i TARM hanno accompagnato Jovanotti negli stadi italiani. Che cosa avete imparato da un artista di questo calibro e che cosa, invece, ha imparato lui da voi?

Sicuramente abbiamo capito il tipo di impegno fisico e mentale che Jovanotti impiega nel suo progetto. Mi ha colpito particolarmente il modo in cui riesce a gestire una struttura gigantesca; ci ha sicuramente insegnato molto, anche se credo che molte cose non le abbiamo capite fino in fondo (ride, ndr). Che cosa ha imparato lui da noi? Non saprei.  Sicuramente, però, credo che sia affascinato dal nostro tipo d’immaginario.

 

Sabato suonerete al Sonar di Colle Val d’Elsa. È più difficile suonare in uno stadio o in un club?

L’esperienza negli stadi è stata limitata al tour con Jovanotti. Il pubblico non era lì per noi, eravamo solo da supporto e, di conseguenza, tutti i concerti sono stati relativamente facili: la gente ci guardava incuriosita e noi cercavamo di trasmettere l’energia di sempre. Negli stadi non suonavamo per molto tempo, mentre un concerto intero in un club richiede sicuramente maggior energia e concentrazione.

 

LA TEMPESTA DISCHI, della quale sei uno dei fondatori, è una delle realtà più solide nel panorama musicale italiano. Come si riesce a gestire una realtà di questo tipo con successo?

È molto difficile. Ad ogni modo, siamo cresciuti con il minimo: non abbiamo né uffici né dipendenti. Il marchio può dare l’idea di essere molto grosso, ma noi ci nutriamo solo di buone idee.

 

 Beniamino Valeriano

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