Giornata della memoria – ‘Exit: Music’, tra musica e arte

Se si parla di Giornata della memoria, si parla – giustamente – dell’eredità delle esperienze del secolo scorso. Quando si parla di arte, al contempo, si parla spesso di quella che è riuscita a sopravvivere al tempo perché apprezzata e riconosciuta.

Sarebbe folle, e allo stesso tempo eroico, tentare di rintracciare tutte quelle composizioni, quei disegni, quelle pagine scritte che non hanno avuto la stessa fortuna. Opere, pur degne, perse nella foschia della lontananza, sia spaziale sia temporale.

Ed ecco che ai Rinnovati, la celebrazione della Giornata della memoria si intreccia con l’omaggio particolarissimo a quest’arte. Nel ricordo, dunque, degli uomini e delle donne che hanno goduto della stessa sorte di essere riconosciuti, questa volta, umani.

L’ARC Ensemble

LA MISSIONE DELL’ ARC ESEMBLE

L’ARC Ensemble, canadese, si compone di docenti del Glenn Gould School del Royal Conservatory, ed oltre ad essere interprete della musica che esegue, ne rappresenta idealmente il secondo compositore. Il suo impegno è infatti quello di scovare e portare alla luce la musica soppressa dai regimi totalitari del XX secolo.

Il progetto, intitolato “Exit: Music” ha riecheggiato nel titolo del concerto tenutosi al teatro dei Rinnovati ieri, domenica 26 Gennaio, “Exit: Music, musica e arte per la memoria”, in cui sono stati eseguiti e riscoperti tre pezzi di altrettanti compositori ebrei.

Non si tratta, come ha preceduto l’intervento del professor Iacoviello, di musica ebraica, né di opere composte nella deportazione nei campi di concentramento.

Piuttosto, di compositori ‘emarginati’, della cui produzione si sa poco, o ne è stata riconosciuta una parte. Dopotutto, «il Novecento, secolo a noi più vicino, è in realtà quello più ignoto in termini di composizioni musicali trascurate, o perse, o semplicemente dimenticate».


GIORNATA DELLA MEMORIA: MUSICA SALVATA

Il primo protagonista è il compositore Vittorio Rieti, italiano nato in Alessandria d’Egitto nel 1898, si trasferì a Milano diplomandosi sia in pianoforte che in composizione con il maestro Luigi Einaudi.

Trasferitosi nel 1925 a Parigi, collabora con il coreografo George Balanchine e l’impresario teatrale Sergej Djagilev nella rivoluzione del balletto attraverso la compagnia “Ballets russes”; strinse inoltre amicizia con Prokofiev e Stravinskij. Nel 1940 è costretto a emigrare a New York in seguito alle leggi razziali, dove continua la sua carriera musicale, sia come insegnante che come compositore.

L’opera presentata è il suo primo Quartetto d’archi, che come potete ben verificare, è introvabile non solo su Youtube, ma anche nel comunissimo motore di ricerca.

Segue Paul Ben-Haim, tedesco, anch’egli diplomato in composizione a Monaco, diviene assistente del grande direttore d’orchestra Bruno Walter all’Opera di Monaco. Fino al 1931, gli è affidato il ruolo di direttore d’orchestra del Teatro dell’Opera di Augusta, a cui dovette rinunciare con l’ascesa del nazionalsocialismo.

Si trasferisce dunque a Tel-Aviv, dove cambia il suo nome per evitare il rimpatrio da parte delle autorità britanniche. L’Ensemble porta alla luce il Quintetto per clarinetto ed archi Op.31, ricco di commistioni e rimandi alle radici europee quanto al folklore, per contaminarsi anche con l’avanguardia.

Infine, Erich Wolfgang Kornogold ha in parte un destino diverso dai compositori precedenti. È celebre infatti per le sue colonne sonore cinematografiche che gli valsero due Oscar, una volta trasferitosi a Los Angeles. Di contro, tutte le altre composizioni musicali, tra le quali spicca la musica da concerto, sono poco, se non per nulla, note.

Definito “un genio musicale” da Gustav Mahler, nasce nel 1897. La suite Op. 23 per pianoforte per la sola mano sinistra e archi, eseguita dal ARC Ensemble, fu commissionata da Paul Wittgenstein, fratello del grande filoso Ludwig, pianista che aveva perso il braccio destro nel fronte della prima guerra mondiale.

Il concerto, piacevolissimo, incanta e stupisce. L’impressione è quella di osservare un prezioso reperto archeologico, prima sommerso e poi ripulito, il cui più grande pregio sta tutto nell’essere sopravvissuto.


Elisa Agostinelli

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