Il Fiabisfero, tappa 7: Irlanda

Cari lettori del Fiabisfero, eccoci arrivati alla settima tappa del nostro viaggio nel mondo delle fiabe e dei racconti popolari da tutto il mondo.

Di solito non c’è una logica precisa a guidare il nostro cammino, ma ci abbandoniamo alla tipica curiosità del viaggiatore: stavolta però è diverso, perché, dato che sabato 18 marzo uRadio celebrerà come si conviene la festa di San Patrizio (qui tutti i dettagli dell’evento, a cui siete calorosamente invitati a partecipare), abbiamo scelto di fare tappa nella meravigliosa Irlanda, per scoprire una delle sue leggende divenute celebri grazie al lavoro dell’antiquario Thomas Crofton Croker (1798-1854), grande appassionato della tradizione folkloristica del suo paese.

Il racconto di oggi, che ricorda molto da vicino, per stile e materia trattata, alcuni passi di ispirazione tolkieniana, ci insegna che con i folletti è meglio non avere a che fare.

Bene, ascoltate…

* * *

Resti della prioria domenicana di Kilmallock, nella contea di Limmerick

La leggenda di Knockfierna [1]

È una buona cosa non avere alcuna paura degli esseri fatati, perché senza dubbio in questo modo essi hanno meno potere. Ma trattarli con poco rispetto, o non crederci del tutto, è la più pazza cosa che un uomo, una donna e un bambino possano fare.
Si è giustamente detto che “le buone maniere non sono un peso” e che “la cortesia non costa nulla”. Ma ci sono dei tipi abbastanza sciocchi da trascurare di fare una cortesia, la quale, checché ne pensino, non può far danno né a loro né a nessun altro; e che inoltre si lasciano andare ad abbandonar la retta via per compiere una mala azione che a loro non serve e non servirà mai. Ma presto o tardi dovranno ravvedersi, come sentirete dalla storia di Carroll O’Daly, un robusto giovanotto di Connacht [2], che nel suo paese usavano chiamare “Daly il diavolo”.
Carroll O’Daly usava vagabondare da un posto all’altro e nessuna paura lo fermava. Passava vicino a un vecchio cimitero, o a un posto frequentato notoriamente dai folletti, in qualsiasi ora della notte, entrava in una stanza senza neppure farsi il segno della croce o dire “La buona fortuna sia con voi, signori”.
Avvenne così che un giorno viaggiava nella contea di Limmerick [3], verso la “Baalbek d’Irlanda”, la venerabile città di Kilmallock [4], e proprio ai piedi di Knockfierna incontrò un uomo di rispettabile aspetto che procedeva lentamente in groppa a un pony bianco. Stava scendendo la notte e i due cavalcarono fianco a fianco per qualche tempo, senza molto conversare fra loro, salvo salutarsi cortesemente l’un l’altro. Infine Carroll O’Daly chiese al compagno dove andasse.
“Non tanto lontano” rispose il contadino, ché tale lo rivelava il suo aspetto. “Vado solo in cima a quella collina che vedete là.”
“E che cosa vi porta lassù” domandò O’Daly, a “quest’ora della notte?”
“Ebbene,” replicò il contadino “se volete saperlo, è il Buon Popolo.”
“Volete dire i folletti” disse O’Daly.
“St! St!” fece il suo compagno di viaggio “o ve ne verranno dei guai.”
E voltò il pony e si allontanò dalla strada che stavano percorrendo, avviandosi per un sentierino che saliva lungo il fianco della collina, e augurando a Carroll O’Daly buona notte e buon viaggio.
“Quel tipo là” pensava Carroll “non mi suona bene questa notte, e non esiterei a giurare sulla Bibbia che è qualcosa d’altro, oltre ai folletti o al Buon Popolo, come li chiama lui, che lo spinge su per la collina a quest’ora di notte. I folletti!” ripeteva. “Ma è giusto, per un uomo in gamba come lui, andar dietro a cose minuscole come sono i folletti? Certo qualcuno dice che esistono, e altri dicono di no. Ma io so bene che non avrei mai paura neanche di una dozzina di loro, ma sì!, neanche di due dozzine, se non sono più grossi di quanto si dice.”
Mentre queste idee gli passavano per la mente, Carroll O’Daly fissava fermamente gli occhi sulla collina, dietro la quale stava sorgendo la luna piena. Su un punto elevato, che si profilava nero contro l’argenteo disco lunare, colse la figura di un uomo che guidava un pony, e non ebbe dubbi che si trattasse proprio del contadino che aveva appena lasciato.
Un’improvvisa decisione di seguirlo passò come un fulmine nella mente di O’Daly. Il suo coraggio e la sua curiosità erano stati stimolati dalle sue precedenti riflessioni, e mormorando: “Ci siamo, vecchio mio!” smontò dal cavallo, lo legò a un tronco di biancospino e cominciò a salire vigorosamente per la ripida collina.
Seguendo come poteva la direzione presa dalle due figure del contadino e del pony, continuò il cammino, guidato ogni tanto da una loro occasionale apparizione, e dopo aver faticato quasi tre ore per un sentiero accidentato e talvolta acquitrinoso arrivò a una radura verde, in cima alla collina, dove vide il pony bianco che pascolava in libertà. O’Daly si guardò intorno cercando il contadino, ma non lo vide da nessuna parte; però, vicino al posto dove pascolava il pony scoprì ben presto un’apertura della montagna, simile alla bocca di un pozzo, e ricordò che da bambino aveva sentito molte storielle sul “Poul-duve”, o Buco Nero, di Knockfierna: dicevano che era l’entrata del castello dei folletti che stava nelle viscere della montagna; e che un uomo di nome Ahern, un ispettore dei terreni della contea, una volta aveva tentato di misurarne la profondità con un filo a piombo, ma era stato trascinato giù nel pozzo e nessuno ne aveva più saputo niente. E molti altri discorsi dello stesso tipo.
“Ba’,” pensò O’Daly “sono tutte storielle di vecchie. E dal momento che sono arrivato fin qui, voglio bussare alla porta del castello, e vedere se i folletti sono in casa.”
Detto fatto: prese una grossa pietra, grossa come le sue due mani, anzi più grossa, e la scagliò con tutte le sue forze giù nel Poul-duve di Knockfierna. La sentì saltare e battere giù da una parete di roccia all’altra con un terribile fracasso e si sporse con la testa dall’orlo del pozzo per sentire se il sasso raggiungeva il fondo. E cosa fece la pietra stessa che aveva scagliato? Tornò su con la stessa forza con cui era stata scagliata e gli diede un tale colpo in piena faccia che lo mandò a rotolare giù per il fianco di Knockfierna, a precipizio, sbalzato da una roccia all’altra, molto più velocemente di quanto era salito poco prima! E la mattina dopo trovarono Carroll O’Daly che giaceva svenuto accanto al suo cavallo: aveva il naso rotto, ciò che lo sfigurò per il resto dei suoi giorni; la testa era tutta contusa e ferita e gli occhi erano chiusi, neri come se li avesse pitturati Sir Daniel Donnelly [5].
Carroll O’Daly non ebbe mai più il coraggio di andarsene solo a cavallo dopo il tramonto per i luoghi che erano frequentati dai folletti. E non c’è da biasimarlo per questo. E se mai si trovava al calar della notte in un luogo solitario, si affrettava a por termine al suo viaggio, senza far domande e senza voltarsi né a destra né a sinistra per cercare il Buon Popolo dei folletti, o qualcuno che usasse frequentarli.
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Note: [1] Territorio situato nella contea di Limerick, nell’Irlanda sud-occidentale. V. nota 3. [2] Una delle quattro province, la più occidentale, dell’Irlanda. [3] Contea amministrativa nella provincia sud-occidentale di Munster. [4] Bellissima cittadina nella contea di Limerick, effettivamente conosciuta come la “Baalbek d’Irlanda”. Baalbek è il nome di uno dei più importanti siti archeologici del Vicino Oriente, situato a circa 65 km da Beirut, capoluogo del Libano. [5] Celebre pugile irlandese (1788-1820).

Ivan Bececco

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Bibliografia
Henry Glassie (a cura di), Fate e spiriti d’Irlanda, Padova 1987.

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