"E Johnny prese il fucile" – intervista a Sergio Ferrentino

Giovedì, 12 Febbraio, andrà in scena al Teatro Dante di Campi Bisenzio, il radiodramma prodotto dalla Fonderia Mercury, “E Johnny prese il fucile”, tratto dall’omonimo romanzo di Dalton Trumbo. Abbiamo intervistato il regista, Sergio Ferrentino.

 

Da conduttore di Radio Popolare a regista teatrale: com’è avvenuta questa evoluzione?

In realtà non si tratta di una vera e propria evoluzione, perché ho sempre fatto radiodrammi in radio e adesso ho deciso di portarli a teatro per esigenze tecniche. Facendo radiodrammi continuo ad utilizzare le tecniche stratificatesi in cento anni di storia della radiofonia, con la sola differenza che ho trasporto lo studio radiofonico su un palco teatrale. Il teatro è il luogo in cui poter reperire innanzitutto i mezzi tecnici; inoltre rende molto più interessante il rapporto con il pubblico. Un radiodramma prestato al teatro mostra allo spettatore ciò che non dovrebbe vedere.

 Cos’è un Radiodramma?

Per spiegarlo, devo giustificare il motivo del nome “Fonderia Mercury”, il centro di produzione radiofonica, teatrale e multimediale, che ho fondato nel 2011 a Milano. Nel 1938 Orson Wells trasmise lo sceneggiato radiofonico “La guerra dei mondi”. Fu un successo enorme. Per realizzarlo, selezionò degli attori teatrali che formò alla recitazione radiofonica. Chiamò la sua compagnia “Mercury Theatre”. E’ a questo che ci ispiriamo. In Italia non esiste ancora una tradizione importante in questo settore. Solo la Rai, Radio Popolare e poche altre radio minori, portano avanti questa educazione. La BBC ha una rete dedicata esclusivamente ai radiodrammi; a Londra esiste un corso di laurea dedicato alla drammaturgia radiofonica. All’estero c’è un atteggiamento nei confronti della narrazione radiofonica particolarmente attento.

A sette anni dalla prima esperienza “Ascolta! Parla Leningrado… Leningrado suona”, ancora una tematica importante con “E Johnny prese il fucile”. Crede ancora nella funzione sociale dell’arte?

Molti non annoverano neppure il Radiodramma nel canone dell’arte, quindi ti ringrazio, innanzitutto, per questa considerazione. Credo ancora e fortemente nella potenza dell’Arte. L’Arte che si presta, poi, a strumento di denuncia diventa ancora più importante. E Johnny prese il fucile è un’opera letteraria di Dalton Trumbo, finita nei registri neri di Hollywood ai tempi del Maccartismo. Quando la lessi per la prima volta, decisi di diventare un obiettore di coscienza, si badi bene, quando ancora non esisteva la legge che permetteva di esserlo. Per me, quest’opera è un manifesto di denuncia. Il filo narrativo ruota attorno al lungo monologo del protagonista, un soldato di trincea, i cui pensieri sono innescati dalla situazione che vive esternamente; non evoca la guerra, ma i suoi ricordi, che assumono tutto un altro aspetto appena si contaminano con l’universo esteriore. E’ la sua situazione interna che contempla, al punto da sentirsi un prigioniero dentro sé stesso. La forma del monologo teatrale con le suggestioni sonore evocate dalla tecnica radiofonica sono il centro di interesse di questo spettacolo. Gli spettatori saranno dotati di cuffie, e il palco si trasformerà in uno studio radiofonico.

Qual è lo stato attuale della Radio? Crede possa ancora reggere la competizione con la televisione ed il web?

Quello che constato ogni volta con dispiacere, è la totale mancanza di innovazione e idee all’interno dei programmi radiofonici. Basta collegarsi pochi minuti su diverse stazioni radio e ci si rende immediatamente conto di come il 90% dei programmi siano la copia esatta di sé stessi: due speaker che dialogano sul nulla, spesso lasciandosi andare ad un linguaggio basso che fa sempre simpatia. Per quel che riguarda, invece, la forma radiodramma, la falsa idea che si è creata intorno a questa forma di comunicazione è che sia destinata ad un pubblico adulto/anziano. Non è affatto così, dati in mano, si può benissimo smentire questa affermazione: se un radiodramma andasse in onda su Radio Tre alle 22, probabilmente otterrebbe cinquantamila spettatori, un numero inimmaginabile per una sala teatrale. La dimensione radiofonica è molto più importante, si pensi all’esperimento di “Alcatraz” (programma trasmesso da Radio 2 nel 2000 ndr). Quello che ostacola la diffusione sistematica di questa forma di comunicazione, sono certamente i costi. Il web però apre un sacco di possibilità, Teoricamente, chiunque voglia, può intraprendere e divulgare da casa sua l’esperienza radiofonica. Sono assolutamente sicuro che la radio non morirà, perché da sempre ha saputo mettersi sulla scia dei mezzi di comunicazione egemoni. Lo ha fatto con la televisione, sta iniziando a farlo con il web. Il suo futuro sta proprio qui. Ci stiamo dirigendo verso un intreccio sempre più inscindibile tra radio e internet.

Ringraziamo ancora Sergio Ferrentino per l’intervista concessaci. Qui potete trovare tutte le informazioni riguardanti l’appuntamento con “E Johnny prese il fucile” previsto per giovedì 12 febbraio.

 

Lyuba Centrone

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