David Bowie, l'omaggio di uRadio

Il mondo della musica è ancora scosso dopo la notizia della morte di uno dei suoi protagonisti più affermati, quel David Bowie scomparso nella giornata del 10 gennaio a 69 anni. Nel suo piccolo, anche uRadio si unisce al grande omaggio che in questi giorni la scena musicale sta tributando nei suoi confronti, e lo fa affidandosi ad alcuni dei suoi fidati collaboratori: Nicola Carmignani, conduttore del programma Karmacoma, percorsi in realtà sospesa e Leonardo Stenta, della rubrica Lost&Found.

“Il retaggio più grande che ci lascia Bowie è l’affermazione dell’unità dell’artista alla propria arte, del personaggio all’inno cantato a squarciagola, della popstar alla figura messianica, del bello a tutto lo scibile delle possibilità espressive. David Bowie sarà contemporaneo anche tra cento anni perché il suo bello non era in esclusiva funzione del piacere della creazione, ma soprattutto nello spostamento perenne dell’asticella del probabile: pochi artisti hanno vissuto la loro intera carriera con questo vibrante rigore, nessuno lo ha fatto incarnandosi così nella propria arte. Che la terra ti sia lieve.

Una proposta di cinque canzoni per ricordarlo.

1969, Space Oddity: Il classico più classico, una delle canzoni archetipo del pop per come lo conosciamo e la prima delle incarnazioni di Bowie, l’astronauta Major Tom alla deriva nello spazio, presagio iconico della sua connaturata alienità rispetto al mondo che conosciamo. Tanto per dire: David Bowie quando scrive Space Oddity ha ventidue anni. Ventidue.

1977, Warszawa: L’apice drammatico e radicale del periodo berlinese, una straziante visione della Varsavia bellica evocata, con l’aiuto di Brian Eno, tramite una tenebrosa coltre sonora infestata di nichilismo. Per chi scrive, il Bowie più alto.

1983, Let’s Dance: Messe da parte le sperimentazioni di pochi anni prima, Bowie veste di nuovo i panni della popstar e chiama alla produzione Nile Rodgers. Dall’incontro tra i due nasce Let’s Dance, album che si permette di sparare come title-track una cartuccia dall’irresistibile carica danzereccia.

1995, Hallo Spaceboy: Ancora Major Tom e tema spaziale, ancora Brian Eno a produrre e Bowie non si risparmia dal gettarsi a capofitto in un album storto e cupissimo, che qui deflagra in una bomba industrial. Roba da lasciare impallidita una generazione di aitanti rocker di fine millennio.

2016, Lazarus: Quello che fino a ieri era l’ennesimo bel video di Bowie diventa l’ultimo saluto, l’atto finale di un essere umano che ha vissuto un migliaio di vite e che nella malattia terminale non ha potuto che vedere l’estrema messinscena, il fragoroso e al contempo timido ritirarsi di questo istrione fatto uomo.”

Nicola Carmignani, Karmacoma, percorsi in realtà sospesa

David Bowie 2David Bowie è stato un artista che ho voluto conoscere personalmente e privatamente; prima dei miei 20 anni sapevo solo chi fosse, data la sua figura iconica, e conoscevo giusto due-tre canzoni, quelle più conosciute e passate dalle radio. I miei genitori, poi, non l’hanno mai ascoltato molto. Sapevo però che c’era molto da scoprire, tanto nella sua discografia, quanto nella sua personalità. Per farlo, però, prima mi sono occupato della persona-Bowie: ho letto qualcosa della sua biografia, a cominciare dalla famosa storia dell’occhio rosso (red orb).

Catturato dalle bizzarre vicende, mi sono rivolto alle maggiori riviste di musica per intraprendere un cammino musicale nel mondo di Bowie e, gran parte di queste testate mi indirizzavano alla trilogia berlinese (Low/Heroes/ Lodger). Ma c’era anche un album particolare, più anziano della famosa trilogia, che si presentava immancabilmente nelle prime posizioni delle classifiche: The Rise and The fall Of Ziggy Stardust. Decisi allora di partire da questo punto, con la speranza di apprezzare meglio il colosso triadico, e tutto funzionò al meglio. L’album fu una epifania, ne lessi i testi e mi appassionai alle vicende bizzarre di Ziggy Stardust.

Tra tutte Five Years è quella che, per me condensa, allude e impreziosisce l’intera storia dell’album di Ziggy: i suoi toni apocalittici (ispirati ad un sogno che fece in cui il padre lo ammoniva che gli sarebbero rimasti solo cinque anni di vita, dicendogli anche di non viaggiare in aereo) fanno il paio con uno sguardo suggestivo sul mondo contemporaneo che stava smaltendo ancora i postumi della rivoluzione dei costumi. Nulla di più bello, quando la prima canzone di un album che ascolti per la prima volta, si rivela essere anche uno delle più belle che tu abbia mai ascoltato.”

Leonardo G. Stenta, Lost&Found

 

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