Calano le tenebre su Siena: sette terribili storie horror.


Macabre vicende a Siena

Episodi e leggende della tradizione popolare


Siena è solo all’apparenza una placida cittadina toscana adagiata su tre colli.

In realtà, la sua storia antichissima avvolge tra le fitte tenebre del mistero una grande quantità di leggende, luoghi e storie. Una serie di aneddoti, macabri e orrorosi, coperti dalla polvere dei secoli e riposti negli angoli più bui della memoria. Racconti che si perdono all’incrocio tra realtà e mito, tra paura e segreto. Leggende tramandati oralmente, sulle quali ora cercheremo di fare luce.


1. La Diana.

La fondazione di Siena si perde nel mito e immerge da subito entrambi i piedi nelle paludi del mistero. La città, infatti, sorgerebbe sopra il corso della Diana, fiume indicato addirittura da Dante nel Purgatorio. Fin dal IV secolo, i senesi incominciarono a scavare dei pozzi, detti bottini, al fine di reperire dell’acqua. Questi scavi diedero presto vita ad una rete di cunicoli sotterranei, umidi e bui, che attraversano tutta la città. L’acqua fu trovata. Il fiume Diana no, nonostante in alcuni punti della città se ne sentisse il mormorio. Ancora negli anni ’70 del secolo scorso furono realizzati degli scavi nelle cantine, ma la lunga ricerca è stata infruttuosa. Inoltre, nel medioevo, gli operai adetti alla costruzione dei bottini  (i guerchi) affermavano di essere disturbati nei loro lavori da alcune creature. I guerchi giuravano di vedere sia dei folletti (omiccioli) intenti in danze oscure, sia dei bagliori improvvisi (fuggisoli) illuminare per un attimo le gallerie tenebrose. Molti operai non rividero più la luce del giorno, di molti non vennero mai trovati i corpi: il loro lavoro era molto pericoloso. Delle misteriose creature non s’è più saputo nulla: l’arcano è custodito dallo scorrere impetuoso e irraggiungibile della Diana.

Le gallerie si estendono per oltre 25 km nel sottosuolo.


2. Palazzo di San Galgano.

A pochi passi da Porta Romana, il palazzo venne eretto nel XV secolo come residenza cittadina dai monaci di San Galgano. A partire dalla fine del XVI secolo, l’edificio fu lasciato alla Congregazione delle Abbandonate (e poi delle Vergini del Soccorso). Nel 1980 venne adeguato a sede universitaria: fu poprio durante i lavori di ristrutturazione che emersero elementi inquietanti. Pare infatti che nelle celle siano stati rinvenuti piccoli scheletri di neonati, murati all’interno delle pareti …

I lavori di ristrutturazione del palazzo hanno rivelato oscuri segreti.


3. Orto dei Pecci.

Oggi ridente giardino profumato. Ieri ultima tappa del viaggio di ogni condannato a morte. L’Orto dei Pecci trascina con sé leggende di anime dannate e fantasmi, tanto che Siena crebbe verso porta Camollia, ma non verso porta Giustizia. Questa è rimasta una porta morta, aperta nel tempo ma al di là della quale per secoli nessuno ha osato costruire. Qui, infatti, condannati a morte venivano trasportati su un carro dal carcere e decapitati con la mannaia oppure impiccati. Si dice che i dannati ripercorrano il loro ultimo tragitto e vaghino lamentandosi in quegli orti, alla ricerca del cammino che li riporti sulla retta via …

Orto dei Pecci: colorato giardino o campo infestato da anime in pena?


4. Fonte del Casato.

A quattro passi dal Campo, seminascosta dagli altri edifici, questa fonte è così poco visibile da non essere registrata in diversi catasti. Si accede tramite una ripida scalinata, ma la discesa all’acqua è più difficile del previsto. Ad ogni gradino, infatti, la temperatura diminuisce. La sensazione è quella di calarsi in una dimensione diversa, una dimensione di paura, di sospiri, di brividi. Si dice che, per secoli, la fonte – quasi un burrone coperto da un parapetto – sia stata teatro di molti suicidi. La discesa alla fonte è una discesa nei meandri più reconditi dell’anima. Il gelo che cala è il gelo del dolore e dell’angoscia …

Una discesa che lascia il gelo nel cuore: il passato di Fonte del Casato.


5. Palazzo dei Diavoli.

L’edificio, fuori porta Camollia, porta con sé una serie di misteri, a partire dal nome. Alcuni sostengono che l’appellativo si riferisse alla famiglia che lo costruì, i Turchi. Altri, invece, credono che si riferisca ai riti satanici e orgiastici che qui pare avvenissero … Durante la seconda guerra mondiale, comunque, è piuttosto certo che qui venisse torturato chi si schierava contro i fascisti. Le efferate torture avvenivano nel piano inferiore, mentre al di sopra venivano indette delle feste da ballo. Gli schiamazzi, il vociare allegro, la musica e le risate coprivano con il loro rumore le grida disperate dei prigionieri torturati

Le stanze di Palazzo dei Diavoli celano raccapriccianti misteri.


6. Il Barone Ricasoli.

Le leggende riguardanti il terribile Bettino Ricasoli sono diffusissime. La patina dorata del risoluto uomo poitico, più volte ministro del Regno d’Italia, si sfalda pezzo per pezzo e lascia il posto ad una serie di inquietanti racconti … Pare infatti che il Barone sfruttasse senza pietà chi lavorava per lui presso le tenute annesse al suo antico maniero, il Castello di Brolio. Arrivava perfino a pretendere lo ius primae noctis e a bere il latte dalle contadine che stavano allattando i propri figli. Giunse all’ora estrema senza aver ricevuto l’unzione. Si dice che, per questo, la sua anima – macchiata di orrendi crimini – rese così pesante il feretro da richiedere un esorcismo. Pare che il suo spirito irrequieto abbia cercato di liberarsi in molte occassioni, rendendo necessario seppellirlo più volte. Ad ogni modo, il suo fantasma infesta ancora le campagne attorno al castello. Al suo passaggio, fiero su una cavalla e avvolto da un nero mantello, i cani abbaiano furiosamente …

Il castello di Brolio, teatro di orribili vicende e inquietanti apparizioni.


7. Il Lupo Mannaro.

Vicolo degli Orefici è un lungo cammino senza via d’uscita a metà di Via Pagliaresi. Buio, freddo e poco illuminato, si dice che il vicolo poté assistere ad un efferato omicidio con conseguenze non previste. Qui, all’inizio del XIX secolo un uomo, coperto di debiti, assassinò ferocemente il proprio strozzino, riuscendo poi a sottrarsi alla giustizia. Si abbatté su di lui però una terribile maledizione, forse scagliata dal losco aguzzino. Ogni notte di luna piena, l’uomo si sarebbe tramutato in licantropo e sarebbe stato costretto a recarsi presso la lugubre stradina. Ripercorrendo i passi di quella scellerata notte, l’uomo avrebbe così espiato la sua colpa …

Un delitto, una maledizione, una trasformazione. La storia del licantropo nel vicolo degli Orefici.


Mattia Barana.

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